Abusi edilizi: quali giustificazioni per la demolizione?

Il Consiglio di Stato chiarisce la natura dell'ordine di demolizione emesso dalla pubblica amministrazione a distanza di anni dall'abuso edilizio

di Redazione tecnica - 04/07/2023

Esiste un termine temporale per la repressione degli abusi edilizi? E quali sono i doveri della Pubblica Amministrazione nella comunicazione di un procedimento, affinché un ordine di demolizione sia legittimo? Si tratta di domande abbastanza frequenti in ambito edilizio, e su cui la giurisprudenza ha fornito più volte delle puntuali indicazioni, ribadite ancora una volta dal Consiglio di Stato.

Ordine di demolizione: come va motivato?

Ne è stata infatti occasione il giudizio che ha portato alla sentenza n. 6404/2023, con cui i giudici di Palazzo Spada hanno respinto l’appello contro un ordine di demolizione relativo a due strutture in muratura di dimensioni consistenti, costruite senza alcun titolo edilizio.

Secondo i ricorrenti, la contestazione da parte del Comune sarebbe giunta dopo molto tempo dalla realizzazione delle opere, senza che la permanenza e prevalenza dell'interesse pubblico alla repressione dell'abuso fossero state adeguatamente motivate, a fronte dell'affidamento ingeneratosi in capo ai privati e del consolidamento dello stato di fatto.

Inoltre non non sarebbero stati applicati in maniera corretta gli artt. 31, 36 e 37 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), dato che i ricorrenti erano in procinto di presentare istanza di accertamento di conformità per ottenere il permesso di costruire in sanatoria delle opere.

Il TAR aveva già respinto il ricorso di primo grado, richiamando il costante orientamento della giurisprudenza amministrativa, secondo il quale il provvedimento di repressione degli abusi edilizi costituisce atto dovuto della p.a., riconducibile ad esercizio di potere vincolato, in mera dipendenza dall’accertamento dell’abuso e della riconducibilità del medesimo ad una delle fattispecie di illecito previste dalla legge.

Non solo: la presentazione della domanda di sanatoria era stata solo prospettata nel ricorso, e in ogni caso non comportava la sopravvenuta inefficacia dell’ordinanza di demolizione.

La sentenza del Consiglio di Stato

Tutte tesi confermate anche in appello, quando il Consiglio di Stato, ha ribadito che:

  • l’ordine di demolizione costituisce un provvedimento vincolato, che non richiede alcun bilanciamento fra l’interesse pubblico e quello privato;
  • per giustificare l’ordine di demolizione è sufficiente la constatazione che le opere siano state eseguite in assenza o in totale difformità dal permesso di costruire;
  • l’ordinanza di demolizione costituisce un atto dovuto e vincolato e non necessita di alcuna motivazione aggiuntiva rispetto all'indicazione dei presupposti di fatto e all'individuazione e qualificazione degli abusi.

Applicando questi principi al caso in esame, Palazzo Spada ha ritenuto l’ordinanza di demolizione sufficientemente motivata, in quanto contenente una descrizione delle opere e l’individuazione delle norme violate; non si rende necessaria l’individuazione di un ulteriore interesse pubblico idoneo a giustificare l’applicazione della misura ripristinatoria, neanche nel caso in cui sia intercorso un considerevole lasso di tempo fra la realizzazione dell’abuso e l’ingiunzione di demolizione.

I doveri della PA in caso di procedimento vincolato

Di conseguenza, evidenzia il Collegio, in presenza di un procedimento vincolato, l’assenza di comunicazione di avvio del procedimento non determina l’annullamento dell’atto, ai sensi del primo periodo del secondo comma dell’art 21-octies, secondo il quale «Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato». Ciò è confermato dalla costante giurisprudenza dello stesso Consiglio di Stato, secondo la quale il principio di partecipazione procedimentale ex legge n. 241/1990 non va interpretato in senso formalistico, bensì considerando l’oggettivo pregiudizio che la sua inosservanza possa causare alle ragioni del soggetto privato nello specifico rapporto con la Pubblica Amministrazione.

Solo qualora il provvedimento abbia natura discrezionale, può trovare applicazione il secondo periodo della norma, ai sensi della quale l’Amministrazione può comunque evitare l’annullamento se dimostra che il provvedimento non avrebbe potuto avere un contenuto diverso da quello in concreto adottato. Pertanto, la natura vincolata del procedimento rende superfluo tale accertamento, essendo evidente che un provvedimento sostanzialmente legittimo e dal contenuto vincolato non potrebbe avere un contenuto diverso rispetto a quello prescritto dalla legge.

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