Acquisizione edifici al patrimonio comunale: occhio a cosa dice il provvedimento

Consiglio di Stato: non è ammissibile la genericità del provvedimento di acquisizione dell'immobile e dell'area di sedime ai sensi dell'art. 3, comma 3, del Testo Unico Edilizia

di Redazione tecnica - 20/09/2022

Se un ordine di demolizione emesso nei confronti di diversi abusi edilizi è legittimo perché i singoli interventi non si possono considerare in maniera atomistica, lo stesso non accade per l’eventuale successivo provvedimento di acquisizione al patrimonio comunale, che invece deve specificare in maniera puntuale gli immobili o le parti interessate, oltre l’area di riferimento.

Acquisizione immobile al patrimonio comunale: quando il provvedimento è illegittimo

Con questi presupposti, il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 7622/2022, ha parzialmente accolto l’appello presentato dai responsabili di diversi abusi edilizi sui quali l’amministrazione comunale aveva emesso un provvedimento di demolizione, seguito da quello di acquizisione gratutria al patrimonio comunale ai sensi dell’art. 31 comma 3 del D.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia).

La questione riguarda la realizzazione di lavori consistenti nell’ampliamento di fabbricati agricoli con mutamento di destinazione d’uso in residenziale e nella costruzione di due nuovi edifici. Il tutto fatto senza il rilascio di alcun permesso di costruire, né di autorizzazione della Soprintendenza, considerato il vincolo esistente sulla zona. Per altro era stata presentata un’istanza di sanatoria solo per uno dei manufatti.

In riferimento all’ordine di demolizione, Palazzo Spada ha confermato quanto già assentito dal TAR:

  • i manufatti agricoli preesistenti, per effetto degli interventi edilizi effettuati senza alcun titolo autorizzativo, hanno mutato l’originaria destinazione agricola dei manufatti assumendo quella residenziale;
  • gli immobili sono stati ampliati, con la creazione di maggiore volumetria occupata a scopo abitativo;
  • sono state aggiunte superfetazioni edilizie quali tettoie, locali accessori, ed opere pertinenziali che, complessivamente considerate, integrano un unico complesso edilizio abusivo, passibile, ai sensi dell’art. 31 d.P.R. 380/2001, della sanzione ripristinatoria.

L’ordine di demolizione è legittimo perché la valutazione dell'abuso edilizio presuppone una visione complessiva e non atomistica delle opere realizzate: non è dato scomporne una parte per negare l'assoggettabilità ad una determinata sanzione demolitoria, in quanto il pregiudizio arrecato al regolare assetto del territorio deriva non da ciascun intervento a sé stante bensì dall'insieme delle opere nel loro contestuale impatto edilizio e nelle reciproche interazioni.

Conseguentemente, la sanzione ripristinatoria ha ad oggetto tutte le opere che incidono abusivamente sull’ordine urbanistico preesistente. In questo caso oltretutto l’assetto urbanistico è stato compromesso in quanto le opere ricadono in zona a tutela agricola e ambientale, nella quale sono consentiti interventi di sola manutenzione ordinaria, straordinaria e restauro conservativo.

Pertanto la presentazione della domanda di condono per uno solo dei manufatti abusivi non poteva sospendere il procedimento sanzionatorio deputato nell’insieme alla rimessione in pristino dell’assetto urbanistico alterato.

Provvedimento di acquisizione: cosa dispone il Testo Unico Edilizia

Ricordiamo che l'art. 31 del Testo Unico Edilizia (Interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali), al comma 3 dispone che se il responsabile dell'abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall'ingiunzione, il bene e l'area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. L'area acquisita non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita.

Sulla questione in esame, Palazzo Spada ha anche aggiunto che il provvedimento con cui si definisce l'acquisizione non può essere generico e che come da orientamento consolidato, la sanzione dell’acquisizione va adottata nel rispetto dei principi enunciati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, in relazione, in particolare, ai profili soggettivi di colpa e buona fede.

Ciò significa che la sanzione della perdita della proprietà per inottemperanza all'ordine di remissione in pristino deve essere adottata con atto che definisca l'oggetto dell'acquisizione al patrimonio comunale, attraverso la quantificazione e la perimetrazione dell'area sottratta al privato. In questo caso invece il provvedimento era generico, specificando solo che “si procederà all’acquisizione al patrimonio delle opere abusive, nonché dell’area di sedime non superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita”. Non solo: l’indeterminatezza dell’oggetto dell’acquisizione si è cumulata con l’assenza di riscontro dell’elemento soggettivo – ossia del dolo o della colpa – imputabile al proprietario del compendio immobiliare che non abbia ottemperato l’ordinanza di demolizione

Di conseguenza, l'appello è stato accolto in parte: mentre l’ordine di demolizione è stato confermato, il provvedimento di acquisizione è stato annullato.

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