Annullamento sanatoria edilizia: interviene il Consiglio di Stato

Il Consiglio di stato sulla legittimità dell’annullamento di un permesso di costruire in sanatoria per la realizzazione di un terrazzino sul tetto di un edificio

di Giorgio Vaiana - 21/06/2021

Un terrazzino finisce nel mirino dei vicini "impiccioni". Che fanno ricorso al Tar contro quell'opera realizzata, a detta loro, in maniera abusiva. Sembra l'inizio di un racconto, ma è il contenuto della sentenza del Consiglio di Stato n. 4469/2021. Analizziamola insieme

Il terrazzino della discordia

Sul tavolo del giudici del consiglio di Stato, il ricorso presentato da una donna che contesta la realizzazione di un terrazzino scoperto al piano sottotetto del vicino. Il terrazzino è stato ricavato, si legge nel ricorso "dalla riduzione di una falda del tetto e dalla elevazione di un muro di tompagno per inserimento di infisso". L'amministrazione comunale aveva emesso ordinanza di ripristino dello stato dei luoghi, ma poi veniva accolta l'istanza di sanatoria. Per la donna, però, la sanatoria è stata emessa in maniera tardiva, ossia dopo che il comune aveva acquisito il bene al patrimonio comunale. Il Tar dà ragione alla donna. I giudici spulciano le date dei vari documenti.

Speciale Testo Unico Edilizia

L'acquisizione al patrimonio comunale delle opere abusive

Più volte la giurisprudenza è intervenuta in casi simili. E ha chiarito che l’acquisizione al patrimonio comunale delle opere abusive è "un atto dovuto senza alcun contenuto discrezionale ed è subordinato esclusivamente all’accertamento dell’inottemperanza e al decorso del termine di legge (90 giorni) fissato per la demolizione ed il ripristino dello stato dei luoghi". E per precisare meglio la cosa, viene specificato che "l’accertamento dell’inottemperanza ad un’ingiunzione di demolizione è normativamente configurato come atto ad efficacia meramente dichiarativa, il quale si limita a formalizzare l’effetto già verificatosi alla scadenza del termine assegnato con l’ingiunzione di demolizione, ossia l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle opere edilizie abusivamente realizzate. Tale acquisizione costituisce una misura di carattere sanzionatorio che consegue automaticamente all’inottemperanza dell’ordine di demolizione: posta la natura dichiarativa dell’accertamento dell’inottemperanza, dunque, la mancata indicazione dell’area nel provvedimento di demolizione può comunque essere colmata con l’indicazione della stessa nel successivo procedimento di acquisizione".

Sanzione acquisitoria su parte dell'abuso

Il proprietario dell'edificio su cui è stato commesso l'abuso, aveva evidenziato che il comune non avrebbe potuto utilizzare la sanzione acquisitoria per parte dell'edificio perché si trattava di una ristrutturazione edilizia. Ma non è così, dicono i giudici. Infatti l'amministrazione comunale per l'attuazione dell'ordine di ripristino, individua l'ambito dell'acquisizione che, dicono i giudici, "tenendo conto delle caratteristiche dell’opera abusiva, non può evidentemente riguardare l’intero edifico e l’area di sedime". Inoltre, aggiungono i giudici, citando il DPR 380/2001 (il c.d. Testo Unico Edilizia), in particolare l'art. n.32, gli interventi realizzati in difformità dal permesso di costruire su edifici che ricadono in area vincolata, "sono considerati variazioni essenziali". L'art.38 del Testo Unico Edilizia, poi, stabilisce che il permesso di costruire in sanatoria si possa ottenere "entro la scadenza dei novanta giorni dal ricevimento dell'ingiunzione (data ampiamente superata nel caso analizzato) e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative che, in caso di inottemperanza all’ordine di ripristino, non può che essere la stessa acquisizione al patrimonio comunale". Il ricorso, dunque, è stato respinto.

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