Condono edilizio, abusi insanabili in zona vincolata

L'ampliamento di una costruzione rientra fra i cosiddetti “abusi maggiori”, per i quali non è possibile ottenere la sanatoria

di Redazione tecnica - 06/06/2022

Ampliamento volumetrico e di superficie in zona vincolata? Assolutamente no. A ribadirlo è il Consiglio di Stato con la sentenza n. 3858/2022 che richiama il disposto dell'art. 32, del D.L. n. 269/2003, convertito con legge n. 326/2003, con cui sono stati specificati i casi in cui un abuso è sanabile o meno.

Condono edilizio e ampliamento volumetrico: cosa si può fare in zona vincolata?

Andiamo con ordine: la causa in esame ha come oggetto il diniego di condono edilizio ex art. 32 co. 25 ss. del DL n. 269/2003, cd. “Terzo Condono Edilizio”, e la contestuale istanza di cambio di destinazione d’uso relativo alle opere realizzate in assenza di titolo edilizio e paesistico.

In particolare, l’abuso riguardava l’ampliamento del fabbricato con l'aggiunzione di un primo piano di circa 196 mq, chiedendo contestualmente anche il cambio di destinazione d’uso, da agricolo a commerciale.

L'amministrazione comunale aveva negato il condono, tra gli altri motivi:

  • per la ritenuta operatività del vincolo per la tutela del patrimonio paesaggistico ex legge n. 1497/1939 e giusto il decreto ministeriale del 26.10.1961;
  • per la ritenuta applicabilità alla fattispecie del comma 27, lettera d, dell’art. 32 del D.L. n. 269/2003, convertito con L. 326/2003;
  • per la mancata ultimazione delle opere e per l’insussistenza dei requisiti (superiori al 30% della volumetria e superiori a 750 mc);
  • per la ritenuta operatività del divieto di edificazione di strutture residenziali previsto nei territori ricadenti nella c.d. zona rossa - alto rischio vulcanico.

Condono edilizio: casi di applicazione e non

Come ha ricordato il Consiglio di stato, l'art. 32 comma 26, lettera a) del D.L. 269/2003 dispone che “Sono suscettibili di sanatoria edilizia le tipologie di illecito di cui all'allegato 1: a) numeri da 1 a 3, nell'ambito dell’intero territorio nazionale, fermo restando quanto previsto alla lettera e) del comma 27 del presente articolo, nonché 4, 5 e 6 nell'ambito degli immobili soggetti a vincolo di cui all'articolo 32 della legge 28 febbraio 1985 n. 47”.

Il successivo comma 27 prevede che: “Fermo restando quanto previsto dagli articoli 32 e 33 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, le opere abusive non sono comunque suscettibili di sanatoria, qualora (…) siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici”.

Non sono quindi in alcun modo suscettibili di sanatoria le opere abusive di cui ai numeri 1, 2 e 3 dell’allegato 1 alla citata legge (cd. abusi maggiori), realizzate su immobili soggetti a vincoli paesaggistici, a prescindere dal fatto che si tratti di interventi conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici e al fatto che il vincolo non comporti l’inedificabilità assoluta dell’area.

Sono invece sanabili, se conformi a detti strumenti urbanistici, solo gli interventi cd. minori di cui ai numeri 4, 5 e 6, dell’allegato 1 al d.l. n. 326, cit. (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria), previo parere della autorità preposta alla tutela del vincolo. La giurisprudenza amministrativa ha costantemente affermato che, ai sensi dell’art. 32, comma 27, lett. d) del decreto legge n. 269 del 30 settembre 2003, convertito nella legge n. 326 del 24 novembre 2003 (cd. terzo condono), le opere abusivamente realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli, fra cui quello ambientale e paesistico, sono sanabili solo se, oltre al ricorrere delle ulteriori condizioni – e cioè che le opere siano realizzate prima della imposizione del vincolo, che siano conformi alle prescrizioni urbanistiche e che vi sia il previo parere dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo – siano opere minori senza aumento di superficie (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria).

Ne deriva che un abuso, come quello del giudizio in esame, comportante la realizzazione di nuove superfici e nuova volumetria in area assoggettata a vincolo paesaggistico, non può essere sanato, indipendentemente da ogni ulteriore rilievo sollevato con l’appello. Come affermato dal Consiglio stesso, “in materia di abusi edilizi non possono esser sanate le opere che hanno comportato la realizzazione di nuove superfici e nuova volumetria in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, sia esso di natura relativa o assoluta, o comunque d'inedificabilità”.

Condizioni di ammissibilità del condono

Ai sensi dell'art. 32, comma 27, lett. d), del D.L. n. 269/2003, le opere abusivamente realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli, tra cui quello ambientale e paesistico, sono sanabili se ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni:

  • le opere siano state realizzate prima dell'imposizione del vincolo, seppure realizzate in assenza o in difformità del titolo edilizio, siano conformi alle prescrizioni urbanistiche;
  • devono essere opere minori senza aumento di superficie (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria);
  • vi deve essere il previo parere dell'Autorità preposta alla tutela del vincolo violato;
  • le opere non devono comportare la realizzazione di nuove superfici e nuova volumetria in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, sia esso di natura relativa o assoluta.

Sostituzione della sanzione demolitoria con sanzione pecuniaria

Infine, il Consiglio ha ricordato che in materia di abusi edilizi, se la demolizione costituisce la ordinaria misura di reazione dell'ordinamento all'abuso edilizio, l'applicazione della sanzione pecuniaria sostitutiva rappresenta solo un'ipotesi subordinata alla quale si può fare ricorso quando emergono difficoltà tecniche in sede di esecuzione della demolizione. Le disposizioni di cui all'art. 34 del D.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) devono essere infatti interpretate nel senso che la possibilità di sostituire la sanzione demolitoria con quella pecuniaria va valutata dall'amministrazione competente nella fase esecutiva del procedimento, successiva ed autonoma rispetto all'ordine di demolizione.

Il ricorso è stato quindi respinto, confermando l'insanabilità di un cd “abuso maggiore” commesso in zona sottoposta a vincolo paesaggistico.

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