Condono edilizio e frazionamento artificioso: occhio ai limiti volumetrici

Insanabili gli abusi commessi su un unico edificio e "divisi" per rientrare nei limiti di cubatura previsti dalla normativa, tanto più se in area vincolata

di Redazione tecnica - 19/03/2024

La presentazione di più istanze di condono riconducibili di fatto a un unico immobile configura un frazionamento artificioso, volto a eludere i limiti volumetrici previsti dalla normativa per ottenere la sanatoria.

Condono edilizio: no al frazionamento artificioso delle istanze

Un tentativo che non è sfuggito a un’Amministrazione comunale, che aveva rigettato quattro istanze di condono per altrettante unità immobiliari facenti parte dello stesso edificio, totalmente abusivo, e che sviluppava una volumetria complessiva di oltre 1900 mc, in violazione delle previsioni della legge n. 326/2003 (Terzo Condono Edilizio) e della L.R. Lazio n. 12/2004.

Su uno dei provvedimenti è stato presentato ricorso che il TAR Lazio, con la sentenza del 12 marzo 2024, n. 4983 ha respinto, confermando la piena legittimità della decisione presa dal Comune.

Nel dettaglio, sul caso specifico della ricorrente, l’Amministrazione aveva fatto presente che:

  • ai sensi dell’art. 2 comma1 lett. b) nn 1 e 2) della l. Reg. n. 12/04 possono conseguire la concessione o l’autorizzazione in sanatoria le opere di nuova costruzione a destinazione esclusivamente residenziale realizzate in assenza del o in difformità dal titolo abilitativo che non abbiano comportato un volume complessivo superiore a 900 mc se prima casa e 600 mc se non adibita a prima casa, con un ulteriore limite rispettivamente di 450 mc o 300 mc per singola unità immobiliare;
  • ai sensi dell’art. 32 comma 27 lett. d) della Legge n 326/2003, fermo restando quanto previsto dagli articoli 32 e 33 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, le opere abusive non sono comunque suscettibili di sanatoria qualora siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici.

Nel valutare il caso, il TAR ha appunto evidenziato come l’unità immobiliare abusiva facesse parte di un immobile più ampio anch’esso abusivo e con riferimento al quale erano state presentate quattro diverse domande di condono. Sebbene presentate distintamente, le domande di sanatoria facevano chiaramente riferimento ad un unico edificio, del tutto abusivo, con una volumetria totale di 1920 mc e ricadente in area di parziale inedificabilità.

Terzo condono edilizio: i limiti di cubatura

In riferimento alla natura unitaria dell’immobile nel suo complesso, la giurisprudenza è pacifica nel ritenere che “Uno stesso soggetto legittimato non può utilizzare separate domande di sanatoria per aggirare il limite massimo di volumetria previsto dall' art. 39, comma 1 della Legge n. 724/1994 , dovendosi, in tal caso, necessariamente unificare le richieste quando si tratti della medesima costruzione da considerarsi in senso unitario”.

Uno dei requisiti oggettivi richiesti dalla legge sul condono edilizio del 2003, è che la volumetria complessiva realizzata non sia superiore a 750 mc, ridotto a 600 mc dalla normativa regionale del Lazio; tale limite è da ritenersi non derogabile né eludibile, ai fini della fruizione dei benefici del condono, per il tramite di un calcolo parcellizzato che guardi alle singole unità abitative in cui l'edificio abusivo può suddividersi.

Nel caso in esame, correttamente, l’Ufficio ha ritenuto ostativo all’accoglimento delle istanze il superamento del limite volumetrico di 600 mc (di cui all’art. 3 della L.R. n. 12/2004) sulla base della sommatoria delle dimensioni volumetriche delle diverse unità abitative, essendo queste riconducibili a una costruzione unitaria.

Abusi edilizi: condono impossibile in area vincolata

In riferimento al vincolo, ricorda il TAR che la L.R Lazio, prevedendo una disciplina più restrittiva di quella dettata dalla L. n. 326/2003, dispone l’assoluta non sanabilità dell’abuso in area vincolata anche laddove il vincolo sia stato apposto successivamente alla realizzazione dell’intervento. La sussistenza di vincoli imposti a tutela di particolari interessi, legislativamente qualificati come ostativi alla sanabilità delle opere “a tutela dei parchi, aree naturali protette ...” è, quindi, un presupposto di per sé sufficiente per l’adozione di provvedimenti di diniego di condono e come tale non richiede l’acquisizione del parere della Autorità tutoria.

La realizzazione di nuovi volumi e superfici in aree vincolate, indipendentemente dalla natura di vincolo assoluto o relativo alla edificabilità, è difatti estranea all’ambito di applicazione della disciplina dettata sul terzo condono, come recata dalla legge n. 326 del 2003 e dalla legge Regione Lazio n. 12 del 2004 e come costantemente applicata dalla giurisprudenza amministrativa.

Nel caso in esame dunque emerge l’estraneità alla condonabilità dell’abuso oggetto di istanza di sanatoria che, in quanto comportante aumento di superficie e di volume in area sottoposta a vincoli, risulta ex lege non sanabile.

Di conseguenza, se l’abuso non è condonabile, non è necessario procedere all’accertamento di compatibilità paesaggistica all’acquisizione del parere, trattandosi di attività superflua in quanto in alcun modo idonea ad incidere sul regime di non condonabilità.

Sanatoria in area vincolata solo per le opere minori

Sul punto, conclude il TAR, va ricordato l’orientamento costante, secondo cui ai sensi dell'art. 32 comma 27 lett. d) del decreto legge sul terzo condono, sono sanabili le opere abusivamente realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli, fra cui quello ambientale e paesistico, solo se si tratta di opere minori senza aumento di superficie (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria), non essendo necessaria quindi, laddove l’abuso ricada in zona vincolata e non rientri tra gli abusi minori, l’acquisizione del parere dell’Autorità preposta al vincolo, in linea con l’esigenza di economicità dell'azione amministrativa, essendo superflua, in acclarata mancanza dei presupposti di legge per la condonabilità delle opere, la effettuazione di un inutile vaglio di compatibilità paesaggistica.

In questo caso, invece il diniego di condono risulta congruamente motivato sull’esistenza di "diversi e strutturati vincoli paesaggistici, ostativi alla richiesta sanatoria".

 

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