Crediti fiscali, l’allarme del CNI: senza, efficientamento energetico a rischio

L’audizione in Senato del Presidente del Consiglio Nazionale degli Ingegneri: non gettare via l’esperienza del Superecobonus

di Redazione tecnica - 25/01/2023

“Senza l’effetto leva generato dall’intervento pubblico attraverso lo strumento del credito d’imposta è molto improbabile che nel prossimo futuro si riusciranno a centrare gli obiettivi di efficientamento energetico”. A dichiararlo è stato Angelo Domenico Perrini, Presidente del Consiglio Nazionale Ingegneri, nel corso dell’audizione svolta presso la Commissione Finanze e Tesoro del Senato.

Cessione del credito e Superbonus: i temi dell'audizione CNI in Senato

L’intervento è stata l’occasione per ricordare le rilevazioni del Centro Studi CNI, che confermano che dal 2014 al 2021 l’utilizzo del credito d’imposta relativo all’Ecobonus abbia garantito un risparmio energetico superiore a 10.000 Gwh/anno. Con l’introduzione a partire dal 2020, dei cosiddetti Superbonus 110%, sia per interventi per il risparmio energetico che per interventi di contrasto al rischio sismico, c'è stato un rapido cambiamento di scenario.

Sul punto, Perrini ricorda che dall’introduzione delle norme sul Superbonus dall’agosto 2020 fino a dicembre 2022 gli investimenti in Superecobonus 110% si sono attestati a ben 62,4 miliardi di euro, generando un risparmio energetico vicino ai 900 milioni di metri cubi standard di gas, pari al 32% del risparmio energetico pianificato per fare fronte alla crisi in atto, per la stagione invernale 2022-2023.

Su questi numeri intervenuto anche Francesco Estrafallaces, autore delle elaborazioni dei dati del Centro Studi CNI: “Nel valutare questi strumenti ci si sofferma troppo sull’ammontare degli investimenti, sottovalutando le ricadute positive per la collettività. Sempre secondo le nostre stime, infatti, la spesa di 62,4 miliardi di euro attivata nel periodo 2020-2022 dal Superecobonus 110%, ha generato un valore aggiunto nel comparto delle costruzioni e dei servizi tecnici connessi pari all’1% del Pil e coinvolto oltre 1 milione di occupati. Nel solo 2022 il contributo, in termini di valore aggiunto, alla formazione del Pil è stato dell’1,4%.

Secondo Estrafallaces, non si è dato sufficiente peso alle cifre relative al gettito fiscale derivante da opere di ristrutturazione edalla capacità di questi incentivi di rifondere una quota rilevante di spesa sostenuta dallo Stato. “Il Centro Studi CNI calcola che nel periodo 2020-2022 il gettito sia stato pari a 25,9 miliardi di euro, portando il costo effettivo a carico dello Stato da 68,7 miliardi a 42,7 miliardi di euro da ripartire in cinque anni”, conclude.

Perrini (CNI): il credito di imposta è strumento efficace e imprescindibile

Confortato da questi dati, Perrini ha ribadito che è necessario trovare un punto di equilibrio tra la quota di finanziamento pubblico e quella dei privati. “Se è vero che le detrazioni fiscali al 110% non potevano funzionare a lungo, è altrettanto vero che occorre trovare una quota di detrazione che preveda la compartecipazione del singolo proprietario di immobile per una quota minima indispensabile”. E ricorda l’imminente discussione sulla Direttiva UE: “tenendo conto dei nuovi obblighi che l’Unione Europea imporrà con la Direttiva sul risparmio energetico degli edifici, l’Italia deve sin da ora pensare ad incentivi, ad esempio al 90%, duraturi nel tempo, validi per almeno 15 o 20 anni che consentano ad una platea estremamente ampia e difforme di proprietari di immobili di programmare la fattibilità soprattutto finanziaria dei singoli interventi”.

Per Perrini, il credito di imposta rappresenta uno strumento efficace perché consente di raggiungere degli obiettivi di rilevanza sociale, quali il risparmio energetico ed il risanamento delle strutture più energivore, innescando effetti espansivi della domanda aggregata, dell’occupazione, oltre ad un circolo virtuoso che consente di abbattere una parte del disavanzo generato dalla spesa sostenuta dallo Stato, stando naturalmente attenti ad evitare fenomeni inflattivi sui prezzi dei materiali da costruzione, sulle opere e sui servizi connessi.

Proprio a questo serve un piano di intervento di lungo periodo che, facendo leva sulle detrazioni fiscali, consenta di diluire nel tempo gli interventi. Valutazioni che secondo il CNI portano a ritenere che al momento non esistano reali alternative alle detrazioni fiscali sul reddito, motivo per cui occorrerà insistere su di esse.

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