Crollo Superbonus: cosa ne sarà del PNRR?

La fine del Superbonus libera “spazio” per gli interventi del PNRR ma mina alla base le possibilità di partecipazione delle imprese e dei professionisti

di Gianluca Oreto - 12/05/2023

Immaginate un treno composto da tanti vagoni. Un treno sempre abituato a viaggiare molto lentamente. Di colpo questo treno viene portato a 300 km/h ed in corso (incredibilmente, con tante difficoltà ed errori) si procede a renderlo compatibile alla nuova velocità. Ad un certo punto il macchinista decide di tirare il freno. Cosa pensate possa accadere?

Il Superbonus: tirato il freno a mano

È la medesima situazione il cui si è trovato il comparto delle costruzioni che, a seguito della nascita e messa a regime del Superbonus e del meccanismo di cessione del credito, ha investito pesantemente in una misura a tempo ma con alcune certezze che nel corso dei mesi sono state completamente stravolte.

Da ottobre 2020 a dicembre 2021, contribuenti, professionisti e imprese hanno vissuto una congiuntura economica particolarmente favorevole in cui si è riusciti a migliorare il patrimonio edilizio utilizzando al meglio gli articoli 119 e 121 del Decreto Legge n. 34/2020 (Decreto Rilancio). Il binomio superbonus-cessione del credito, unito ad un mercato disponibile all’acquisto dei crediti fiscali (a prezzi ragionevoli e che premiassero in primis chi realizza l’intervento), ha contribuito ad una crescita del comparto senza precedenti. Lo dimostrano i tanti report relativi alla produzione del mercato delle costruzioni che, com’è noto, ha trainato l’intera economia Italiana creando un volano economico cui tutti hanno beneficiato fino alla fine del 2021.

A partire da gennaio 2022 è accaduto l’imprevedibile. Le regole del gioco sono state modificate in corsa con due Governi (Draghi e Meloni) che hanno deciso di avviare un percorso di involuzione normativa sul meccanismo di cessione del credito. Un percorso lento ma implacabile che agendo sul numero delle cessioni è arrivato a minarne ogni credibilità portando il mercato a scegliere di non acquistare più un “prodotto” ritenuto troppo poco affidabile. Venuto a mancare l’ultimo ingranaggio, il sistema si è irrimediabilmente inceppato.

I tempi dell’edilizia non sono, infatti, quelli dei tanti correttivi intervenuti (25 tra decreti legge, leggi di conversione e leggi di bilancio) e le conseguenze sono al momento disastrose per chi è rimasto con il più classico dei cerini i mano: contribuenti, imprese e professionisti. Soggetti che avevano stretto accordi e avviato lavorazioni basandosi su uno strumento visto fino a quel momento come una certezza, che lentamente si è trasformato in possibilità ed infine “impossibilità”.

Benché il Decreto Legge n. 11/2023 (Decreto cessioni) e la sua legge di conversione siano nati per provare a risolvere il problema dei “crediti incagliati”, la giungla in cui si è trasformato il mercato dei crediti edilizi ha finito per devastare chi aveva creduto in questa misura investendo nella migliore delle ipotesi i risparmi di una vita o nella peggiore denaro in prestito.

Cosa ne sarà del PNRR dopo il Superbonus?

Alla luce di quanto accaduto negli ultimi 3 anni è lecito porsi almeno 2 domande:

  • considerato che il comparto delle costruzioni è notoriamente formato da micro, piccole e medie imprese, quante ne saranno rimaste per lavorare dopo lo tsunami superbonus?
  • quale fiducia può avere un imprenditore ad investire in uno Stato che è stato il principale responsabile del disastro avvenuto?

Due domande a cui si dovrà necessariamente dare una risposta prima di cominciare a pensare a chi addossare le cause del fallimento ormai annunciato di un Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che ha messo a disposizione tante risorse economiche in un Paese sempre più indietro dal punto di vista normativo, formativo e qualificativo. Un Paese in cui si premiano sempre meno lavoro e competenza, preferendo strategie di welfare poco espansive.

Ma se il PNRR (come si prevede) non si riuscirà a concretizzare, sappiamo già che non sarà colpa di nessuno perché se in Italia siamo bravi come nessun altro, è proprio a trovare scuse ad una incompetenza sempre più diffusa a tutti livelli.

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