Demolizione e fiscalizzazione dell'abuso: interviene la Corte di Cassazione

Cassazione: "La possibilità di non eseguire la demolizione qualora possa derivarne pregiudizio per la porzione di fabbricato non abusiva riguarda le sole ipotesi di parziale difformità fra quanto oggetto del permesso a costruire e quanto invece realizzato"

di Giorgio Vaiana - 15/04/2021

Revoca o sospensione dell'ordine di demolizione, prescrizione, condono edilizio e fiscalizzazione dell'abuso. La Corte di Cassazione mette ordine su questi argomenti con la sentenza n. 11638/2021 con cui affronta il caso proposto da tre proprietari di un immobile su cui pendeva l'ordinanza di demolizione emessa da un Comune. Ma per i tre proprietari ci sono motivi significativi affinché l'ordinanza venga sospesa. Tra questi, il fatto che l'esecuzione dell'ordinanza determinerebbe un grave e irreparabile danno alla parte dell'edificio legittimamente realizzata.

La domanda di condono

Nel corso degli anni, il Comune aveva rigettato la richiesta di sanatoria edilizia proposta dai tre proprietari più e più volte. Oltre che con due sentenze del Tar. Una cosa che non è stata contestata in sede di analisi della documentazione. C'è, adesso, un passaggio-chiave della sentenza della Cassazione. L'ordine di demolizione della struttura abusiva, impartito con sentenza irrevocabile, non può essere revocato o sospeso sulla base della mera pendenza di un ricorso in sede giurisdizionale "avverso il rigetto della domanda di condono edilizio". Infatti, spiegano i giudici, la revoca o la sospensione dell'ordine di demolizione delle opere abusive (ne parla il DPR n.380/2001, il c.d. Testo Unico Edilizia) in conseguenza della presentazione di una istanza di condono o sanatoria successivamente al passaggio in giudicato della sentenza di condanna, "presuppone l'accertamento da parte del giudice dell'esecuzione della sussistenza di elementi che facciano ritenere plausibilmente prossima la adozione da parte dell'autorità amministrativa competente del provvedimento di accoglimento".

Il giudice dell'esecuzione

È il giudice dell'esecuzione, conferma la Corte di Cassazione, ad esaminare i possibili esiti e i tempi di conclusione del procedimento amministrativo e in particolare, il prevedibile risultato dell'istanza e le eventuali cause ostative all'accoglimento; la durata necessaria per la definizione della procedura, che può determinare la sospensione dell'esecuzione solo nel caso di un suo rapido esaurimento.

La revoca di un ordine di demolizione

L'ordine di demolizione impartito dal giudice con la sentenza di condanna, si legge nella sentenza, "è suscettibile di revoca quando risulti assolutamente incompatibile con atti amministrativi della competente autorità, che abbiano conferito all'immobile una diversa destinazione o ne abbiano sanato l'abusività, fermo restando il potere-dovere del giudice dell'esecuzione di verificare la legittimità dell'atto concessorio sotto il duplice profilo della sussistenza dei presupposti per la sua emanazione e dei requisiti di forma e sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio". Nel caso analizzato, dicono i giudici, il processo è stato correttamente eseguito, visto che il comune aveva più volte respinto la domanda di condono edilizio. E i ricorsi non avevano avuto esito positivo per i proprietari.

Speciale Testo Unico Edilizia

La fiscalizzazione dell'abuso

Viene contestato il fatto che una demolizione creerebbe danni alla porzione del fabbricato non abusiva. Ma dicono i giudici, questa cosa va ampiamente dimostrata. E nel caso analizzato non è avvenuto. Sempre il Testo Unico Edilizia, parla di questa opzione, cioè di non procedere con la demolizione nel caso in cui si dovesse compromettere la struttura non abusiva. Si parla di "fiscalizzazione" e riguarda le sole ipotesi di parziale difformità fra quanto oggetto del permesso a costruire e quanto invece realizzato, rimanendo invece esclusa nel caso in cui le opere eseguite siano del tutto sprovviste del necessario assenso amministrativo. L'ordine di demolizione, aggiungono i giudici, "riguarda l'edificio nel suo complesso" e si configura "come un dovere di ripristino dello stato dei luoghi e non può non avere ad oggetto sia il manufatto abusivo originariamente contestato, sia le opere accessorie e complementari nonché le superfetazioni successive, sulle quali si riversa il carattere abusivo dell'originaria costruzione".

Ordine di demolizione e prescrizione

È ormai risaputo che l'ordine di demolizione di un manufatto abusivo non è sottoposto alla disciplina della prescrizione stabilita dal codice penale, "avendo natura di sanzione amministrativa e carattere ripristinatorio, priva di finalità punitive e con effetti che ricadono sul soggetto che è in rapporto con il bene, indipendentemente dal fatto che questi sia l'autore dell'abuso". Si è parlato di legittimità costituzionale di questa situazione, ma i giudici precisano: "Le caratteristiche di questa sanzione amministrativa non consentono di ritenerla "pena" e pertanto è da escludere sia la irragionevolezza della disciplina che la riguarda rispetto a quella delle sanzioni penali soggette a prescrizione". In ogni caso vale un principio chiaro: in materia di reati sulle violazioni edilizie, l'imposizione dell'ordine di demolizione di un manufatto abusivo, anche se disposta dal giudice penale, ha natura di sanzione amministrativa che assolve ad un'autonoma funzione ripristinatoria del bene giuridico leso e non ha finalità punitive, producendo effetti sul soggetto che è in rapporto con il bene, indipendentemente dall'essere o meno quest'ultimo l'autore dell'abuso. Il ricorso è stato interamente respinto.

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