Demolizione e ricostruzione: il Consiglio di Stato sulla definizione dell'intervento

Il Consiglio di Stato chiarisce alcuni aspetti importanti relativi alla necessità di autorizzazione paesaggistica in caso di intervento di demolizione e ricostruzione

di Redazione tecnica - 12/01/2022

Parlare di edilizia non è mai semplice. Soprattutto quando non si tratta di realizzare nuove costruzioni ma di intervenire su un'immobile esistente, magari risalente nel tempo, trasformato senza titoli e sul quale occorre sanare eventuali abusi.

Il Testo Unico Edilizia e il testo vigente

Quando si guarda un'immobile occorre sempre considerare:

  • l'anno e il titolo che ha legittimato la costruzione;
  • gli interventi che lo hanno modificato, la loro data di realizzazione e gli eventuali titoli, segnalazioni o comunicazioni presenti.

A questo punto occorre incrociare i dati con le tante norme che riguardano il mondo dell'edilizia. E questo è l'aspetto più complicato perché, sebbene oggi abbiamo il d.P.R. n. 380/2001 (il testo unico edilizia), questo nel tempo è stato più volte modificato ed esistono parecchi altri provvedimenti normativi che nel corso del tempo sono stati a loro volta modificati e/o abrogati.

L'importanza di questi aspetti risiede fondamentalmente nelle possibilità di sanatoria edilizia offerte oggi dal d.P.R. n. 380/2001. Sanatorie che sono limitate nel concetto di "doppia conformità": se l'intervento risulta conforme alla normativa vigente nel momento in cui è stato realizzato e a quella vigente nel momento di richiesta, allora è possibile presentare istanza di accertamento di conformità e ottenere la sanatoria edilizia.

Demolizione, ricostruzione e accertamento di conformità: nuova sentenza del Consiglio di Stato

Su questo argomento dal 2003 (anno di entrata in vigore del Testo Unico Edilizia) abbiamo registrato migliaia di interventi dei Tribunali di ogni ordine e grado che hanno, in parte, chiarito alcune sfumature della normativa. È il caso della sentenza 7 gennaio 2022, n. 61 del Consiglio di Stato che ci consente di approfondire l'argomento e ci fornisce nuovi interessanti spunti su un intervento molto interessante: la demolizione e ricostruzione di un edificio esistente in presenza di vincoli.

La sentenza tratta il caso di demolizione e ricostruzione di un magazzino agricolo sul quale era stata presentata:

  • istanza di preventiva autorizzazione paesaggistica;
  • istanza di sanatoria edilizia.

L'anno è il 1998 e secondo l'appellante, benché avesse presentato istanza, le opere sarebbero rientrate tra quelle che l’art. 82, comma 12 del D.P.R. 24.7.1977, n. 616, esclude dal rilascio dell’autorizzazione paesaggistica. Il comma 12 citato (oggi abrogato) prevedeva "Non è richiesta l'autorizzazione di cui all'articolo 7 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, per gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici".

Demolizione e ricostruzione: la qualificazione dell'intervento

Dal tenore delle premesse, è indubbio che siamo in un'area sottoposta a vincolo. Il Consiglio di Stato ha confermato che l’intervento in questione non rientra certamente tra quelli di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo.

L'intervento, però, ai sensi della vigente definizione contenuta all'art. 3, comma 1, lettera d) del Testo Unico Edilizia potrebbe rientrare tra quelli di ristrutturazione, qualora la ricostruzione sia conferme all’originale.

A questo punto il Consiglio di Stato ha messo in fila i seguenti fatti inoppugnabili:

  • il 16 giugno 1994 viene presentato un progetto per ottenere la concessione edilizia per la ristrutturazione con demolizione e ricostruzione del magazzino per attrezzi agricoli (poi rigettata) in quanto il fabbricato si trovava in pessime condizioni;
  • durante l’attesa dell’approvazione del progetto (non intervenuta) è sopravvenuto il crollo di maggior parte della muratura;
  • l'appellante ha ricostruito il manufatto secondo il progetto presentato e non autorizzato;
  • l'appellante ha infine chiesto la sanatoria edilizia.

Nel diniego del rilascio della concessione edilizia presentata il 16 giugno 1994, l’opera è stata indicata come intervento di nuova costruzione, perché non esisterebbero le "giuridiche condizioni per assimilare l’intervento in parola alla categoria delle ristrutturazione edilizia".

La prova della consistenza dell'intervento

Secondo giurisprudenza granitica, in caso di istanza di sanatoria ricade sull'istante l'onere della prova dell'esistenza dei presupposti per il rilascio del provvedimento di sanatoria. La prova circa la consistenza delle opere è nella disponibilità dell'interessato e non della P.A., dato che solo l'interessato può fornire gli inconfutabili atti, documenti o gli elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell'addotta sanabilità del manufatto, dovendosi in ogni caso fare applicazione del principio in base al quale la ripartizione dell'onere della prova va effettuata secondo il principio della vicinanza della prova. Onere che non è stato assolto dall’appellante.

La fiscalizzazione dell'abuso

Interessanti le considerazioni del Consiglio di Stato sulla fiscalizzazione dell'abuso. L'impossibilità tecnica di demolire il manufatto non incide sulla legittimità del provvedimento sanzionatorio, per cui la possibilità di non procedere alla rimozione delle parti abusive (quando ciò sia pregiudizievole per quelle legittime) costituisce solo un'eventualità della fase esecutiva, subordinato alla circostanza dell'impossibilità del ripristino dello stato dei luoghi.

La valutazione della possibilità o meno del ripristino deve essere compiuta, ad opera dell’ufficio tecnico comunale, in sede di esecuzione dell’ingiunzione di demolizione e pertanto la sua assenza (come pure l’eventuale presenza del presupposto dell’impossibilità di demolire) non può costituire vizio dell’ordine di riduzione in pristino.

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