Direttiva Case Green: l’ingiustificata paura del futuro

Gli obiettivi della nuova Direttiva Case Green, la nuova classificazione energetica degli edifici, le ipotesi per il nuovo APE e le ingiustificate paure del futuro

di Cesare Caramazza - 18/04/2024

Si sono di recente lette varie dichiarazioni della politica e di varie associazioni che hanno stimato un enorme coinvolgimento del parco edilizio italiano a seguito dell’emanazione della cosiddetta Direttiva Case Green. La Direttiva ha per molte ragioni contenuti assolutamente rivoluzionari e davvero interessanti, che non devono essere offuscati da timori, a parere dello scrivente infondati, sugli obblighi che da essa derivano.

Direttiva Case Green: gli obiettivi per gli immobili residenziali esistenti

La gran parte delle dichiarazioni allarmistiche non appaiono ragionevoli, e non è chiaro nemmeno su quali basi si siano individuati il numero dei possibili immobili che saranno coinvolti dagli interventi, mancando alcuni dati e definizioni fondamentali per poter affermare quale possa essere la portata del provvedimento.

Forse tutti i soggetti che si sono affrettati a commentare i contenuti della Direttiva avrebbero potuto consultare preliminarmente tutti quei soggetti che con i calcoli energetici fanno i conti quotidianamente, quali Enea, Fire, Assoege e i gruppi di lavoro efficienza energetica degli ordini professionali.

Gli obiettivi della Direttiva Case Green per immobili residenziali esistenti possono così riassumersi (art. 9):

  • obiettivo ultimo è un parco immobiliare ad emissioni zero entro il 2050;
  • entro il 2030 si deve conseguire una riduzione dei consumi del 16% rispetto ai consumi medi del parco immobiliare risultanti al 1 gennaio 2020;
  • entro il 2035 si deve conseguire una riduzione dei consumi del 20-22% rispetto ai consumi risultanti al 1 gennaio 2020;
  • entro il 2040 e poi ogni 5 anni si deve individuare un percorso di riduzione progressiva per giungere ad edifici ad emissioni zero;
  • il 55% della riduzione di consumi di cui ai precedenti punti deve provenire dalla ristrutturazione del 43% degli edifici dalle prestazioni peggiori.

Sono esentati, tra gli altri, tutti gli immobili ad uso stagionale (usati meno di 4 mesi l’anno), quindi un vastissimo numero di edifici del parco immobiliare italiano. Tale previsione appare di difficile applicazione e verifica, potrebbe essere ragionevole porre un limite annuo di consumi di energia elettrica e gas al di sotto dei quali si ottiene la deroga.

Come cambia la classificazione energetica degli edifici

Fatta questa premessa sugli obiettivi della Direttiva appare utile comprendere come varierà la classificazione energetica degli edifici rispetto all’attuale situazione italiana.

La normativa italiana è in generale abbastanza allineata ai contenuti della Direttiva con riferimento ai consumi da considerare nel calcolo della prestazione energetica degli edifici (si veda l’allegato I alla Direttiva), dovranno essere apportate alcune piccole modifiche ed integrazioni che non stravolgeranno le modalità attuali di calcolo a cui siamo abituati.

Una sensibile differenza sarà introdotta dall’art. 19, che modifica le modalità di costruzione della scala energetica. Ad oggi in Italia abbiamo una scala energetica costituita da 10 gradini, secondo le nuove previsioni i gradini dovranno ridursi a 7 (da A a G) entro 2 anni dalla entrata in vigore della Direttiva.

Gli immobili “con le prestazioni peggiori”

Nella classe G ricadranno tutti gli immobili definiti “con le prestazioni peggiori” alla data di introduzione della scala, nella classe A gli edifici ad energia zero.

Ma quale sarebbe la definizione di edificio con le prestazioni peggiori? Nella vecchia formulazione della Direttiva Case Green del marzo 2023 veniva chiarito cosa fosse nella definizione 3.bis, ora cancellata. Non risulta quindi definito in modo rigoroso cosa ricada nell’ambito “prestazioni peggiori” e quindi nella futura classe G. Resta quindi dubbia la base su cui verrà costruita la nuova classificazione energetica.

Ammettendo che si considerino immobili con le prestazioni peggiori quelli attualmente in classe E, F e G (come nella precedente formulazione della Direttiva), ci troveremo una classificazione energetica che parte da A, edificio a zero emissioni, e terminerà a G, con un edificio corrispondente ad un fabbisogno pari all’attuale fabbisogno che separa le classi D ed E. Si ricorda come la nostra scala energetica è costruita confrontando l’immobile oggetto di calcolo con un immobile di riferimento, caratterizzato da prestazioni dell’involucro e degli impianti non particolarmente elevate.

Per l’Italia la separazione tra classe D ed E avveniva in corrispondenza di un indice di prestazione energetica non rinnovabile doppio (tab. 2 par. 5 allegato 1 DM Linee guida sulla certificazione energetica degli edifici) rispetto a quello dell’edificio di riferimento (EPgl,nren,rif) del DM requisiti minimi del giugno 2015.

Il salto di classe energetica: ipotesi

Distribuendo in modo ragionevolmente uniforme (come imposto dalla Direttiva) i limiti di salto di classe, se il fattore 2 è il salto dalla nuova categoria F a quella G, il resto della scala potrebbe essere la seguente:

  • 1,5 volte EPgl,nren,rif tra E ed F
  • 1,0 volte EPgl,nren,rif tra D ed E
  • 0,5 volte EPgl,nren,rif tra C ed D
  • 0,25 volte EPgl,nren,rif tra B ed C
  • Energia zero per classe A

In definitiva, confrontando l’attuale scala energetica con quella che potrebbe essere quella a valle del recepimento della Direttiva, avremo uno slittamento delle classi D nella nuova E, delle classi B e C nella nuova D, delle classi A1, A2 e A3 in B, della classe A4 in B, la classe A sarà caratterizzata solo da edifici con zero emissioni.

La qualità media degli APE

Proviamo ora ad affrontare la realtà della qualità media degli APE emessi nel nostro Paese.

Le “approssimazioni” tipiche che vengono adottate per ridurre al massimo il tempo di esecuzione di un APE sono le seguenti, con le riduzioni di prestazione che vengono descritte:

  • caldaie dichiarate non funzionanti per aggirare il problema di assenza di verifiche periodiche: in questo caso il calcolo considererà come impianto simulato una caldaia 3 stelle, che quindi ha un rendimento più basso di una caldaia a condensazione, ormai diffusissima, con influenze negative sia sulle prestazioni per il riscaldamento che per la produzione di acqua calda sanitaria;
  • impianti di raffrescamento non dichiarati come presenti: in questo caso la classe energetica peggiora in quanto la quasi totalità di impianti di climatizzazione ha delle prestazioni tali che il calcolo termico considererà il 50% del loro consumo come consumo derivante da fonte rinnovabile, quindi non contribuente al peggioramento della classe energetica;
  • impianto di illuminazione non rilevato: ad oggi tale aspetto coinvolge solo gli immobili non residenziali, nelle indicazioni della Direttiva dovrebbe includere anche i residenziali. Affidandosi al calcolo automatico dei software di calcolo della potenza installata per illuminazione possono commettersi grossolani errori in eccesso di calcolo dei consumi.

Conseguentemente un APE ben eseguito, con calcoli rigorosi, con delle minime accortezze e minimi investimenti da proporre ai titolari delle unità immobiliari (verifiche periodiche caldaie, sostituzione scaldacqua elettrici con scaldacqua a pompa di calore, ecc.), potranno fornire dei notevolissimi miglioramenti del dato generale della prestazione energetica degli immobili in Italia.

SIAPE: le statistiche sugli APE

Tornando agli obiettivi della Direttiva esposti al principio dell’articolo, l’Italia deve conseguire entro il 2030 per immobili residenziali un risparmio di fabbisogno di energia del 16% rispetto al gennaio 2020.

Le statistiche disponibili attraverso il portale Enea Siape mostrano come gli APE emessi dal 2015 al 2019 (periodo di statistiche disponibili) espongano un indice di prestazione energetica globale non rinnovabile pari a 221,8 kWh/mq anno, per un campione di 1.927.500 APE analizzati. Questo dato costituirebbe il valore di baseline su cui applicare la riduzione del 16% per conseguire gli obiettivi della Direttiva, essendo gli APE emessi nel 2015 ancora in corso di validità al 1 gennaio 2020, quindi concorrenti alla costituzione della base di partenza.

Il primo obiettivo da raggiungere al 2030 sarà quindi un indice di prestazione energetica globale non rinnovabile pari a 186,3 kWh/mq anno (-16% del valore precedente), ed al 2035 pari a 173,0 kWh/mq anno (-22% del valore di baseline, ipotizzando di applicare il valore più rigido della forbice indicata dalla Direttiva).

Direttiva Case Green: già rispettato l’obiettivo al 2030

Tuttavia come facilmente può osservarsi dal medesimo portale, le statistiche relative agli APE emessi per gli anni dal 2023 al 2024 indicano un indice di prestazione energetica globale non rinnovabile, relativo ad 1,3 milioni di APE emessi, pari a 181,6 kWh/mq anno, l’Italia quindi già rispetta il primo obiettivo del 2030 e non risulta distante dal target 2035 considerando gli APE emessi nel solo anno 2024 (per i quali si ha un indice di prestazione energetica pari a 174,3 kWh/mq anno per 226.350 APE analizzati).

Si torna a sottolineare il fatto che la scarsa qualità media degli APE emessi, forniti solo come “carta” necessaria per la stipula degli atti di compravendita o per le locazioni, si ritiene renda la baseline di valore molto più alto rispetto all’effettiva prestazione energetica degli immobili.

Nella tabella seguente si mostra la classe energetica che con l’attuale classificazione energetica avrebbe uno stesso appartamento tipo, usato, di modesta qualità costruttiva (muratura in mattoni pieni 30 cm, struttura in cemento armato, infissi in alluminio senza taglio termico, cassonetti non isolati, caldaia non a condensazione, senza valvole termostatiche, clima con EER pari a 3) in diverse città corrispondenti a zone climatiche B, C, D, E ed F.

 

Palermo
[zona B]

Napoli
[zona C]

Genova
[zona D]

Venezia
[zona E]

Trento
[zona F]

Immobile 75 mq netti in condominio ad un piano intermedio
rapporto S/V 0,34, riscaldamento autonomo

C

D

D

E

E

A fronte di un immobile di modeste caratteristiche prestazionali otteniamo una classificazione che non raggiungerebbe mai l’attuale livello G, eppure il report annuale di Enea del 2021 espone i seguenti grafici per gli APE emessi negli anni 2019 e 2020, con 1/3 degli APE emessi relativi ad immobili in classe G.

Distribuzione APE emessi nel 2019

L’attuale classificazione del parco edilizio nazionale

Appare evidente quindi come l’attuale classificazione del parco edilizio nazionale (difficile trovare un annuncio immobiliare che non dichiari in classe G il bene venduto o posto in locazione) sia frutto di un non accurato calcolo della prestazione energetica degli immobili che ne procuri una grande sottostima.

In conclusione si ritiene che l’attuale normativa italiana e il lavoro svolto dall’Italia negli ultimi 10-15 anni consenta già di rispettare gli obiettivi proposti dalla Direttiva per i prossimi 10 anni.

Conseguentemente l’Italia potrà pianificare con tempestività direttamente l’avvio del rispetto dei requisiti relativi al 2050, che impongono una riconversione sostanziale degli impianti degli immobili, non potendo raggiungere l’obiettivo di energia zero semplicemente attraverso impianti fotovoltaici singoli e comunità energetiche.

Infatti l’attuale meccanismo di calcolo della prestazione energetica di un immobile non prevede una “compensazione” tra vettori energetici diversi, pertanto ad esempio un eventuale consumo di energia primaria conseguente al vettore energetico gas metano non potrà essere compensato da una sovraproduzione di energia elettrica rispetto al fabbisogno elettrico dell’immobile da parte di un impianto fotovoltaico, a meno dell’introduzione di una sommabilità tra vettori diversi, oggi non prevista.

Appare improbabile che si possa verificare tale circostanza di compensazione tra vettori energetici diversi, essendo tutto l’attuale corpo normativo volto a favorire (anche in modo tecnicamente poco giustificabile) il consumo per la climatizzazione degli immobili di energia da fonte elettrica, probabilmente nel tentativo di ridurre il livello di inquinamento delle città e della dipendenza da paesi detentori di fonti fossili.

A cura di Ing. Cesare Caramazza
Esperto in gestione dell'energia
Tecnico attivo da oltre 20 anni nel settore dell'efficienza energetica

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