Direttiva Green: il Governo ci ripensi sul Superbonus

L’appello di Federcepicostruzioni dopo l’approvazione della Direttiva in Commissione: necessario incentivare la riqualificazione energetica

di Redazione tecnica - 12/02/2023

L’approvazione del testo revisionato della Direttiva Green da parte della Commissione UE non ha lasciato indifferente la classe politica, ma soprattutto gli addetti ai lavori. E il commento al riguardo si potrebbe riassumere con un  “Ve lo avevamo detto”. Esempio ne sono le dichiarazioni del presidente di Federcepicostruzioni, Antonio Lombardi: “Era nelle previsioni e lo avevamo ampiamente preannunciato: la Commissione per l'industria, la ricerca e l'energia del Parlamento europeo ha dato il via libera alla proposta di revisione della direttiva sulle performance energetiche degli edifici”.

Direttiva Green: sostenere gli incentivi fiscali per la riqualificazione energetica

Con la revisione del testo, si recepisce pienamente l'obiettivo delle nuove norme europee che puntano alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e il consumo finale di energia nel settore edile dell'UE entro il 2030 e alla neutralità climatica entro il 2050.

Lombardi sottolinea come l’ostruzionismo opposto dall’Italia, tra i paesi con un patrimonio immobiliare particolarmente vetusto ed energivoro, non abbia sortito alcun effetto. Di conseguenza, gli edifici residenziali dovranno raggiungere una classe di prestazione energetica minima di tipo E entro il 2030 e di tipo D entro il 2033.

Come già espresso da più parti, il richiamo è alla creazione di un programma ben strutturato di interventi e di incentivi: “L’efficientamento energetico e l’adeguamento sismico devono essere tra le priorità del programma di rilancio economico del nostro Paese. Serve un piano del Governo per l’efficientamento delle strutture pubbliche e degli uffici della P.A.”, spiega Lombardi.

Valorizzare di nuovo il Superbonus

E come già fatto altre volte, e alla stregua di altre associazioni di professionisti e di imprese, lo stop al Superbonus 110%, strumento che ha consentito begli ultimi due anni e mezzo di contenere sensibilmente il consumo energetico degli edifici, rischia ora di rivelarsi un boomerang a causa del blocco dei crediti, con ricadute pesanti su imprese, proprietari e professionisti.

“È stato un errore gravissimo ridimensionarlo in prospettiva di una sua cancellazione - commenta ancora il presidente Lombardi – creando situazioni di estrema difficoltà a imprese e lavoratori”. La richiesta è quindi di predisporre un nuovo Recovery Fund a livello comunitario, che spinga i Paesi Europei a predisporre investimenti proprio in questa direzione.

“La direttiva votata ieri in Commissione a Bruxelles sull'efficientamento energetico degli edifici ha una portata storica e l'Italia, con il Superbonus 110%, ha dato un importante spunto per avviare questo percorso su scala continentale. Oggi avremmo potuto essere il Paese capofila e d’esempio per l’intera comunità europea”.

A conferma di quanto ribadito, Lombardi ricorda i risultati raggiunti dal Superbonus in questi anni per gli interventi di efficientamento energetico degli edifici: stando agli ultimi dati ENEA, si parla di investimenti per 65,2 miliardi di euro, pari a 71,7 miliardi di detrazioni fiscali. A gennaio l’incremento dei lavori è pari a 3 miliardi di euro rispetto a dicembre 2022, quando a sua volta gli investimenti erano cresciuti di 4 miliardi rispetto a novembre.

Attenzione però: se gli investimenti e il numero di interventi continuano a crescere, bisogna fare i conti con le risorse, che ammontano complessivamente a 33,3 miliardi di euro.

Il problema delle risorse e del blocco dei crediti

L'esaurimento delle risorse e le difficoltà nella cessione del credito continuano a disincentivare gli interventi di efficientamento energetico. Spiega Lombardi: “Di fronte alla prospettiva di non smaltire il credito fiscale, le imprese hanno sempre maggiori difficoltà a praticare lo sconto in fattura con la conseguenza che tutto ciò potrebbe tradursi in un rincaro dei lavori per il privato. Anche perché è bene ricordarlo, diversi soggetti, anche istituti di credito, che oggi si dichiarano disponibili a rilevare i crediti, lo fanno a condizioni quasi usuraie, trattenendo circa il 30% dell’importo del credito a cassetto, per la monetizzazione dello stesso”.

Non manca una nota positiva sulle iniziative intraprese da diverse Regioni e Province di comprare i crediti fiscali bloccati nelle banche, utilizzandoli in compensazione, occasione per lanciare un appello a tutte le Regioni “affinché seguano l’esempio di Sardegna e Piemonte, acquisendo i crediti fiscali oggi incagliati nei rispettivi territori” è la conclusione di Lombardi.

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