Fiscalizzazione dell'abuso: senza permesso di costruire niente sanzione alternativa

Impossibile applicare le previsioni di cui all'art. 34 del Testo Unico Edilizia in presenza di interventi eseguiti in totale difformità o in assenza di titolo abilitativo

di Redazione tecnica - 13/10/2023

Il ricorso alla c.d. fiscalizzazione dell’abuso prevista dagli artt. 33 e 34 del Testo Unico Edilizia (rispettivamente per interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire o in totale difformità, e interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire) è una “scappatoia” che in tanti cercano di percorrere, ma molto spesso ritrovandosi in un vicolo cieco. E, al pari del muro che si para davanti in una strada senza uscita, l’unica soluzione che rimane è quella imposta dall’Amministrazione: demolire.

Fiscalizzazione dell'abuso: il no del Consiglio di Stato sulle nuove costruzioni

Una nuova conferma arriva in questo senso dal Consiglio di Stato, con la sentenza del 9 ottobre 2023, n. 8823, con cui ha confermato l’ordine di demolizione impartito su alcune opere abusive, realizzate all’interno di un ommobile in area sottoposta a vincolo paesaggistico e che avevano tra gli altri detetrminato:

  • un aumento volumetrico complessivo di oltre 100 mc;
  • l’innalazamento della falda del etto di 30 cm circa;
  • il cambio della disposizione interna dei locali, con la creazione anche di un vano cucina e di un bagno.

Già in primo grado il TAR aveva respinto il ricorso, a cominciare dalla ricostruzione atomistica degli abusi, evidenziando piuttosto il collegamento funzionale tra gli interventi e respingendo di conseguenza le censure volte ad eccepire la loro natura pertinenziale.

Non solo: il giudice ha ritenuto infondate le osservazioni del ricorrente sull’impossibilità di demolizione senza pregiudizio per il fabbricato principale e quindi dell’applicazione dell’art. 34 del Testo Unico Edilizia. In particolare, si è evidenziato come la sanzione pecuniaria sia ammessa solo per le opere realizzate in parziale difformità dal permesso di costruire e non anche per le fattispecie in cui manchi un titolo abilitante. Non esisteva oltretutto prova dell’impossibilità di demolire, da valutarsi ad ogni modo in sede esecutiva.

Sanzione pecuniaria: ok solo in caso di parziale difformità

Da qui il ricorso in appello, che ha confermato su tutta la linea quanto stabilito già dal giudice di prime cure. Innanzitutto Palazzo Spada ha osservato che il provvedimento di demolizione del Comune, sebbene non abbia citato esplicitamente l’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, ha chiaramente espresso che gli interventi, comportanti l’aumento delle superfici e dei volumi utili, erano qualificabili quali “interventi di nuova costruzione” ai sensi delle lettere e) ed e.1) dell’articolo 3 del d.P.R. 380/2001 e quindi soggetti a permesso di costruire.

Spiegano i giudici del Consiglio che non è possibile adottare i provvedimenti di cui all’articolo 34 del d.P.R. 380/2001, relativo alle ipotesi di interventi di ristrutturazione edilizia realizzati in assenza di permesso di costruire o in totale difformità o di cui all’articolo 33, relativo alle ipotesi di interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire.

Quelli realizzati sono infatti di interventi riconducibili alla categoria delle ‘nuove costruzioni’, secondo le previsioni di cui all’articolo 3, comma 1, lettere e) ed e.1) del d.P.R. 380/2001, non caratterizzati da una “modesta entità”, avendo portato alla creazione di una nuova e maggiore volumetria di oltre 100 mc complessivi. Non possono essere qui invocate le previsioni di cui all’articolo 34 del d.P.R. 380, cit., non venendo in rilievo interventi realizzati “in parziale difformità”, bensì in totale assenza del permesso di costruire. Ma nemmeno quelle di cui all’articolo 33 del d.P.R. 380, cit., non trattandosi di interventi di ristrutturazione edilizia, dei quali difettano i presupposti qualificanti.

Di conseguenza, il ricorso è stato repsinto, confermando la piena legittimità dell'ordine di demolizione.

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