Frana Ischia, dissesto del territorio e condono edilizio: tutti i numeri dell’emergenza

L’allarme di Federcepicostruzioni: in Italia quasi 2 milioni di edifici a rischio frana, mentre mancano 20 miliardi almeno per la messa in sicurezza

di Redazione tecnica - 30/11/2022

Nell’ennesima tragedia legata a un’alluvione, a salire oggi sul banco degli imputati è l’inefficienza delle pubbliche amministrazioni, nell’utilizzo delle risorse destinate al territorio. Ma non solo: sicuramente i fondi disponibili sono troppo pochi, a fronte del numero impressionante di edifici a rischio.

Dissesto idrogeologico, edifici a rischio e inefficienza delle PA: l'allarme di Federcepicostruzioni

A parlarne è il presidente nazionale di Federcepicostruzioni, Antonio Lombardi, che stigmatizza la mancanza di risorse destinate alla messa in sicurezza del territorio; l’inefficienza delle pubbliche amministrazioni nell’utilizzo delle opportunità esistenti; la burocrazia, fatta anche di vincoli di varia natura, che ancora si frappone all’attivazione degli interventi.

Senza comunque effettuare alcuno sconto a condoni e abusi edilizi: “Non vogliamo in alcun modo giustificare o assolvere i pur esistenti e gravi fenomeni di abusivismo, come pure i condoni che hanno comunque inficiato, in molti casi, i piani di messa in sicurezza. Ma il dato più evidente ed eclatante è che non si investe nella prevenzione, nonostante i maggiori rischi legati al cambiamento climatico: le risorse sono scarse, insufficienti e utilizzate malamente".

Rischio idrogeologico: i dati del rapporto Ispra

Ad avallare la propria tesi, i dati contenuti nel Rapporto sulle condizioni di pericolosità da alluvione in Italia, pubblicato da Ispra nell’autunno scorso e che identifica :

  • ad elevato rischio alluvione il 5,4% del territorio nazionale. Si tratta di una porzione di Paese in cui risiede più del 4% della popolazione (quasi 2 milioni e mezzo di persone) e dove è collocato circa l'8% del patrimonio artistico;
  • a medio rischio di allagamento si trova invece il 10% del territorio: qui risiedono l’11,5% degli italiani (quasi 6,78 milioni) e sono ubicati il 16,5% dei beni culturali.

Guardando ai fenomeni franosi, il contesto di pericolosità diviene ancor più allarmante:

  • il 3,1% del territorio nazionale è a rischio “molto elevato”;
  • il 5,6% “elevato”.

Complessivamente il 20% del territorio nazionale – diversamente collocato nei cinque livelli di rischio dell’Ispra - può considerarsi in pericolo per frane e smottamenti. Gli edifici a rischio frana sono quasi due milioni (1.867.094, il 12,9% del totale in Italia) dei quali solo 333.044 (pari al 17% del totale) in Campania.

Secondo Lombardi si tratta di "dati molto preoccupanti, ancora più allarmanti se rapportati ai pericoli per le persone: in totale sono quasi 6 milioni le persone che oggi vivono in territori a rischio frana e di questi quasi 500 mila in territori che presentano un rischio molto elevato. Il 13% di questi sono giovani al di sotto dei 15 anni e il 23% anziani".

La mancanza di risorse

Un quadro di pericolosità grave e diffuso per il quale "occorre una seria assunzione di responsabilità delle istituzioni, ad ogni livello – commenta il presidente Lombardi. È necessario un programma di investimenti continuo nel tempo, anche per tutelare una delle nostre risorse più importanti: un ambiente apprezzato e invidiato in tutto il mondo in termini di biodiversità e di bellezza paesaggistica".

Ispra ha anche censito oltre 6000 opere in corso sulla piattaforma Rendis (Repertorio nazionale degli interventi per la difesa del suolo), per un totale di poco superiore a 6 miliardi di euro impegnati. Questo a fronte di quasi 8.000 proposte progettuali attive, per un importo complessivo pari a 26,58 miliardi.

La differenza è quindi di ben 20 miliardi,una somma enorme, anche frutto delle politiche di austerità degli anni scorsi che hanno appunto falcidiato gli investimenti pubblici destinati alla prevenzione del dissesto e alla sicurezza, nel corso degli ultimi anni: erano 60 miliardi nel 2010, sono scesi a 40 nel 2014 per rimanere in linea di massima costanti fino ad oggi", spiega Lombardi.

La delusione del PNRR

E a poco, servirà il PNRR secondo il presidente di Federcepicostruzioni. Nonostante lo si presenti come possibile panacea di tutti i mali, nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza i capitoli di spesa legati, direttamente o indirettamente, al dissesto idrogeologico ammontano a 8,49 miliardi, di cui però solo 2,49 esplicitamente dedicati a "misure per la riduzione del rischio idrogeologico" (Missione 2, Componente 4, Investimento 2.1). 

Si tratta però di una somma che comprende al suo interno opere per le quali i fondi erano già stati stanziati da tempo e che vengono solo “sostituiti” dalle risorse del Pnrr.

Ciò significa che nel contrasto al dissesto idrogeologico si stanziano pochissime risorse, a fronte dei miliardi necessari per mettere davvero in sicurezza il Paese. “Il tutto in un contesto burocratico, procedurale ed amministrativo, che fino ad oggi ha frenato la quasi totalità degli interventi finanziati. Non è un caso che la citata misura del Pnrr sia tra quelle ancora ferme sulla carta. Se non si mette seriamente mano a queste problematiche il rischio è che si continuerà a piangere vittime, lasciando sul tappeto quelle problematiche che concorrono concretamente, da decenni, a provocarle», conclude Lombardi.

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