Immobile ante '67 e ordine di demolizione errato: sì al risarcimento del danno

Se si riconosce la responsabilità della P.A. per un errore grave e inescusabile, il privato può richiedere il risarcimento per le spese sostenute e i danni derivanti dall'avvenuta demolizione

di Redazione tecnica - 13/01/2024

Non capita spesso che una Pubblica Amministrazione venga condannata al risarcimento del danno economico per avere impartito in maniera errata un ordine di demolizione, ma è un fatto che può accadere, come dimostra l’esito della sentenza del Consiglio di Stato del 10 gennaio 2024, n. 359, con la quale Palazzo Spada ha riconosciuto l’errore grave e inesscusabile commesso da un Comune nell’impartire un ordine di demolizione su un manufatto per il quale non era necessario il permesso di costruire, non solo per la sua natura pertinenziale, ma anche per la sua realizzazione ante '67.

Ordine di demolizione errato: la PA deve risarcire il danno

Nel dettaglio, la questione riguarda un ricovero di attrezzature agricole, di pertinenza di un altro immobile residenziale, per il quale il proprietario ha presentato una D.I.A. finalizzata alla sua sostituzione e alla parziale chiusura delle sue finestre. Nella relazione annessa alla D.I.A. si faceva riferimento, a comprova della legittimità dello stato dei luoghi, al condono concesso, ai sensi della legge n. 724 del 1994 (c.d. “Secondo Condono Edilizio”).

Il Comune ha risposto all’istanza facendo presente che il provvedimento di condono riguardava un altro immobile (quello principale), invitando il proprietario a indicare i dati relativi all’atto che legittimava lo stato attuale dell’immobile oggetto dell’intervento di manutenzione straordinaria. A questa richiesta, il proprietario ha risposto specificando che i lavori previsti nella DIA non erano stati eseguiti e che la pratica poteva essere archiviata. Ne è seguito un sopralluogo durante il quale la P.A. ha accertato che il fabbricato era stato realizzato in assenza di concessione, presumibilmente in un periodo compreso tra il 1962 ed il 1980 e che l’area era soggetta a vincolo idrogeologico. Da qui l’ordine di demolizione, che il proprietario ha impugnato sull’assunto della natura pertinenziale del manufatto e quindi rientrante nell’edilizia libera.

Il TAR aveva respinto il ricorso e il proprietario ha quindi demolito il fabbricato. Non solo: nelle more del giudizio amministrativo, al ricorrente e al tecnico incaricato, era stato contestato il reato di falso ideologico in certificato amministrativo, avendo falsamente attestato che la realtà dei luoghi fosse legittimamente conforme agli atti del precedente condono edilizio. Il processo penale si era concluso con l’assoluzione e il giudizio amministrativo si era definito con l’adozione della sentenza, passata in giudicato, per cui il TAR, in conformità alla ricostruzione dei fatti operata dalla Corte d’Appello, dichiarava l’illegittimità del provvedimento di demolizione, e lo annullava.

Da qui il nuovo per ricorso, denunciando che, a causa della illegittimità dell’azione amministrativa, ne era conseguito un danno ingiusto: secondo il ricorrente, sussisteva la condotta colposa dell’amministrazione, concretizzatasi nell’ordinanza di demolizione, consistente nella negligenza e nella violazione dei canoni di esercizio del potere amministrativo, e il nesso di causalità, riscontrabile dal fatto che, in assenza del provvedimento annullato, alcun danno sarebbe stato subito dal ricorrente (la demolizione e gli oneri sostenuti per l’intervento).

La responsabilità della P.A.: profili 

Una tesi confermata da Palazzo Spada. Preliminarmente, il Consiglio ha ricordato che, secondo l’indirizzo condiviso della giurisprudenza in materia, gli elementi costitutivi della responsabilità della pubblica amministrazione sono:

  • sotto il profilo oggettivo, il nesso di causalità materiale e il danno ingiusto, inteso come lesione alla posizione di interesse legittimo;
  • sotto il profilo soggettivo, il dolo o colpa della p.a.;
  • sul piano delle conseguenze, il fatto lesivo deve essere collegato, con un nesso di causalità giuridica o funzionale, con i pregiudizi patrimoniali o non patrimoniali lamentati;

In questo caso, sussistono tutti gli elementi costitutivi della responsabilità della pubblica amministrazione in quanto:

  • il danno è pacificamente derivante dal provvedimento annullato in sede giurisdizionale; diversamente da quanto sostenuto dal Collegio di prima istanza, la prova della regolarità urbanistica – edilizia del manufatto è stata offerta dal privato non appena è giunto all’assoluzione per il processo penale, che ha accertato definitivamente la data della edificazione ante '67;
  • l’Amministrazione stessa era nelle condizioni di valutare la provenienza del bene ante 1967, atteso che a seguito di sopralluogo era stata accertata la realizzazione del fabbricato ‘in un periodo compreso fra il 1962 e il 1980, per cui la possibilità che il manufatto fosse stato realizzato prima del 1967 era stata già ipotizzata dall’ente municipale;
  • il danno è qualificabile come ingiusto, requisito questo che si realizza quando, come in questo caso, lo stesso provvedimento abbia inciso sul bene della vita sotteso all'interesse legittimo leso;
  •  l'accertata illegittimità del provvedimento determina una presunzione di colpa in capo alla pubblica amministrazione, sicché l'onere probatorio a carico del richiedente può ritenersi assolto con l'indicazione di tale circostanza, mentre grava sull'amministrazione l'onere di provare l'assenza di colpa attraverso l'errore scusabile derivante da contrasti giurisprudenziali sull'interpretazione della norma o dalla complessità dei fatti ovvero, ancora, dal comportamento delle parti del procedimento.

Per altro, anche sulla mancata univocità di orientamento giurisprudenziale sulla natura pertinenziale del deposito agricolo, lo stesso TAR lo aveva definito in altri giudizi come “manufatto di limitate dimensioni posto in termini accessori rispetto ad un immobile principale, con conseguente insussistenza dei presupposti per la demolizione, non trattandosi di opera soggetta a concessione edilizia”, né il Comune ha agito per evitare un errore grave e inescusabile.

La sentenza del Consiglio di Stato

L'appello è stato quindi accolto: l’adozione dell’ordinanza di demolizione, poi dichiarata illegittima con sentenza passata in giudicato, non può che indurre a ritenere sussistente l’elemento soggettivo costitutivo della responsabilità dell’Amministrazione comunale, motivo per cui è stato riconosciuto il risarcimento del danno derivante dalle spese di demolizione sostenute e del danno derivante dalla demolizione del manufatto.

© Riproduzione riservata

Documenti Allegati