Impianti a fonti rinnovabili e distanze legali: interviene la Cassazione

La qualificazione come attività di pubblico interesse e di pubblica utilità e l'equiparazione ad opere indifferibili ed urgenti preclude al giudice la possibilità di disporre la riduzione in pristino

di Redazione tecnica - 10/05/2024

La qualificazione dell’uso delle fonti rinnovabili di energia come attività di pubblico interesse e di pubblica utilità e l’equiparazione delle relative opere a quelle dichiarate indifferibili ed urgenti ai fini dell’applicazione delle leggi sulle opere pubbliche (previste dall’art. 1, comma 4, della l. n. 10 del 1991) precludono al giudice la possibilità di disporre, in caso di accoglimento della domanda, la riduzione in pristino.

Ne consegue che la tutela spettante al proprietario che abbia subìto la lesione del proprio diritto, si limita al riconoscimento dell’indennità già prevista dall’art. 46 della legge n. 2359/1865 (oggi dall’art. 44 del d.P.R. n. 327/2001), considerando le scelte compiute dall’autorità amministrativa in merito all’ubicazione dell’opera a comprimere le posizioni soggettive del proprietario confinante e del divieto d’intervenire sull’atto amministrativo, imposto al giudice ordinario dall’art. 4 della l. n. 2248 del 1865, all. E.

Impianti eolici e violazione distanze legali: no alla riduzione in pristino

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione con l’ordinanza del 9 aprile 2024, n. 9448, con cui ha annulato la condanna nei confronti di un’impresa all’arretramento di un impianto eolico costruito in violazione della distanza legale dal confine con un fondo agricolo e al risarcimento dei danni in favore dei proprietari.

Sulla questione, gli ermellini hanno ribadito che spetta al giudice ordinario la valutazione sulla controversia instaurata dal proprietario di un fondo nei confronti di una società privata concessionaria dell'Amministrazione comunale per la costruzione di una pala eolica, che abbia ad oggetto la pretesa di ripristino delle distanze legali tra il fondo ed il manufatto sito nell'area confinante, oltre al risarcimento dei danni. La società infatti è convenuta in giudizio non già come Amministrazione o concessionaria che svolge il servizio di pubblica utilità di produzione di energia e di trasporto della stessa nella rete elettrica nazionale, ma in quanto impresa costruttrice e proprietaria del manufatto, come tale responsabile del pregiudizio che il manufatto stesso, «staticamente», venga ad arrecare al terzo confinante

Questo principio trova giustificazione nel rilievo che una siffatta controversia “ evidenzia la prospettazione di uno spostamento del manufatto all'interno dell'area confinante a ripristino del regime delle distanze e l'applicazione di una sanzione indennitaria per la violazione del regime stesso e per i danni arrecati».

Essa esula pertanto:

  • sia dalla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo in materia di pubblici servizi;
  • sia da quella già prevista per le controversie riguardanti le procedure e i provvedimenti in materia d'impianti di generazione di energia elettrica e per le controversie aventi ad oggetto le procedure ed i provvedimenti relativi ad infrastrutture di trasporto dell'energia elettrica ricomprese nella rete di trasmissione nazionale.

Qualora il ricorrente faccia valere la lesione del suo diritto di proprietà, derivante dalla realizzazione sul fondo confinante di un aerogeneratore posto a distanza inferiore a quella legale, ciò che viene messo in discussione non è un comportamento riconducibile anche indirettamente ad un potere autoritativo della Pubblica Amministrazione o del concessionario del servizio di produzione della energia elettrica attinente all'esercizio di tale attività, ma una condotta lesiva posta in essere nello svolgimento di un'attività privata.

Un principio applicabile nel caso in esame, in cui l'aerogeneratore realizzato sul fondo confinante è stato costruito in virtù di una convenzione stipulata con l'Amministrazione comunale e di concessioni edilizie rilasciate in deroga. La controversia verte tra soggetti privati e non ha come oggetto la convenzione urbanistica stipulata con il Comune, ma il comportamento lesivo tenuto dalla concessionaria in violazione del diritto soggettivo del proprietario confinante.

Come costantemente affermato da questa Corte, le controversie tra proprietari, relative alla violazione delle distanze legali tra le costruzioni o rispetto ai confini, appartengono alla giurisdizione del Giudice ordinario, trattandosi di cause tra privati, anche quando la violazione denunciata riguardi una costruzione realizzata in conformità ad una concessione edilizia rilasciata in deroga agli strumenti urbanistici, ben potendo il Giudice ordinario, cui spetta la giurisdizione vertendosi in tema di violazione di diritti soggettivi, accertare incidentalmente l'eventuale illegittimità della concessione, ai fini della disapplicazione della stessa.

La realizzazione impianti a fonti rinnovabili: è attività di pubblico interesse

Rileva però la natura dell’attività: l'utilizzazione delle fonti rinnovabili di energia come attività di pubblico interesse e di pubblica utilità e la loro equiparazione ad opere dichiarate indifferibili ed urgenti ai fini dell'applicazione delle leggi sulle opere pubbliche preclude al giudice la possibilità di disporre, in caso di accoglimento della domanda, la riduzione in pristino, con la conseguenza che la tutela spettante al proprietario che abbia subìto la lesione del proprio diritto resta limitata al riconoscimento dell'indennità già prevista dall'art. 46 della legge n. 2359 del 1865, ed oggi contemplata dall'art. 44 del d.P.R. n. 327 del 2001.

L'intervenuto accertamento della violazione delle distanze legali non avrebbe consentito alla Corte territoriale di disporre la riduzione in pristino, mediante l'arretramento dell'aerogeneratore rispetto al confine con il fondo degli attori, risultando tale statuizione preclusa dalla destinazione del manufatto alla produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile, configurabile come attività di pubblico interesse e di pubblica utilità, e dall'equiparazione dello stesso alle opere dichiarate indifferibili ed urgenti ai fini dell'applicazione delle leggi sulle opere pubbliche, che escludevano qualsiasi interferenza da parte del Giudice ordinario nella localizzazione dell'opera, ai sensi dell'art. 4 della legge n. 2248 del 1865, all. E.

In caso di esproprio niente risarcimento ma solo indennizzo

Inoltre nel corso di causa è intervenuto il decreto che ha disposto la regolarizzazione dell'opera realizzata dalla società attrice in violazione delle distanze, mediante l'imposizione di una servitù coattiva a carico del fondo di proprietà degli attori.

Come spiega la Corte, in tema di espropriazione per pubblica utilità, l'adozione, da parte della Pubblica Amministrazione, di un provvedimento di acquisizione sanante delle aree oggetto di occupazione illegittima, ai sensi dell'art. 42-bis del d.P.R. n. 327 del 2001, in quanto volta a ripristinare (con effetto ex nunc) la legalità amministrativa violata, determina l'improcedibilità delle domande di restituzione e di risarcimento del danno proposte in relazione alle medesime aree, a meno che non si sia già formato il giudicato in ordine non solo al diritto del privato alla restituzione del bene, ma anche all'illiceità del comportamento dell'Amministrazione ed al conseguente diritto del privato al risarcimento del danno

E' stato in tal modo recepito l'orientamento già sviluppatosi nell'ambito della giurisprudenza amministrativa, secondo cui l'emissione del predetto decreto determina al tempo stesso l'acquisizione del diritto di proprietà da parte dell'Amministrazione, precludendo pertanto l'esercizio dell'azione di restituzione del bene da parte del privato, ed il mutamento del titolo della pretesa risarcitoria dallo stesso azionata, che, per effetto di tale provvedimento, si converte in quella all'indennizzo previsto dall'art. 42-bis cit., la cui liquidazione è suscettibile di contestazione dinanzi alla Corte d'appello, nelle forme previste dallo art. 29 del d.lgs. 1° settembre 2011, n. 150.

Tale principio, enunciato con riguardo all'occupazione illegittima del fondo da parte della Pubblica Amministrazione, è applicabile anche al caso in esame e quindi nel caso in cui sia imposta una servitù e il bene continui a essere utilizzato dal proprietario o dal titolare di un altro diritto reale, potendo l'autorità amministrativa procedere, in tal caso, all'eventuale acquisizione del diritto di servitù al patrimonio dei soggetti, privati o pubblici, titolari di concessioni, autorizzazioni o licenze o che svolgono servizi di interesse pubblico nei settori dei trasporti, telecomunicazioni, acqua o energia con oneri a carico dei soggetti beneficiari.

© Riproduzione riservata

Documenti Allegati