Installazione dehors e distanze legali: nuova sentenza del Consiglio di Stato

Palazzo Spada ricorda che nel caso di installazione di gazebo e dehors a servizio di attività commerciali non si applica quanto previsto dal D.M. n. 1444/1968

di Redazione tecnica - 31/01/2023

Il gazebo non è soggetto al rispetto delle distanze di cui al d.m. 1444/1968, ma a quelle previste dal piano di arredo urbano: la conferma arriva dal Consiglio di Stato, con la sentenza n. 304/2023, che ha respinto il ricorso proposto per l'annullamento del permesso di costruire rilasciato da un'Amministrazione comunale per la realizzazione di una struttura ombreggiante al servizio di un bar.

Installazione gazebo e violazione distanze legali: la sentenza del Consiglio di Stato

Il ricorso è stato presentato dai proprietari di alcuni appartamenti situati sopra l’attività commerciale a cui è stato consentito di realizzare un “gazebo” o “dehors” con struttura in metallo e copertura di tela impermeabile e di pareti laterali costituite da teli di plastica trasparente, adiacente all'esercizio stesso.

Già il TAR aveva respinto il ricorso, specificando che il PdC rilasciato dall’Amministrazione fosse stato motivato in maniera congrua rispetto al Piano di arredo urbano e che la struttura così assentita non fosse una costruzione vera e propria, che come tale sarebbe soggetta al regime delle distanze legali, ma piuttosto un’attrezzatura speciale, che invece non è soggetta alla verifica dei distacchi dal confine e dalle altre costruzioni.

In appello i ricorrenti hanno riproposto gli stessi motivi, deducendo la violazione del d.m. 2 aprile 1968 n.1444, e del Piano regolatore del Comune, sostenendo che la struttura fosse una costruzione vera e propria e che come dovesse rispettare le distanze previste dal decreto citato dalle costruzioni adiacenti.

Palazzo Spada: il gazebo non è una costruzione

Palazzo Spada ha confermato quanto statuito al giudice di primo grado:, un gazebo (o dehors) non va qualificato come costruzione vera e propria in senso giuridico, ma costituisce un’attrezzatura speciale a servizio di attività commerciale.

La categoria in questione è legittimata dal combinato disposto dei punti (e.5) ed (e.6) del comma 1 dell’art. 3 del d.P.R. n. 380/2011 (Testo Unico Edilizia):

  • il punto (e.5) include tra le nuove costruzioni gli “ambienti di lavoro”, specificando che gli stessi possono essere costituiti anche da prefabbricati o strutture di qualsiasi genere;
  • il punto (e.6) stabilisce che ricade nella potestà regolatoria dei comuni l’individuazione delle pertinenze ai fini urbanistici, sottratte alla disciplina delle nuove costruzioni, con il limite per cui esse non devono superare il 20% del volume dell’edificio principale.

Di conseguenza, è possibile realizzare una struttura di questo tipo, rispettando non le distanze di cui al d.m. 1444 del 1968, ma quelle stabilite in concreto per la categoria dal comune interessato (nel caso di specie dal piano di arredo urbano). 

Inoltre, non è necessario il rispetto delle distanze di cui al d.m. n. 1444 del 1968, se il gazebo è stato realizzato sul suolo pubblico: in tal caso, infatti, non è soggetto al rispetto di tale normativa.

Per altro, la possibilità di realizzare un dehors su suolo pubblico era espressamente prevista dal Piano comunale, subordinando la realizzazione del manufatto al rilascio dell’autorizzazione ad occupare il suolo pubblico stesso, autorizzazione che il bar ha correttamente ricevuto. Il ricorso è stato quindi respinto, confermando la legittimità del titolo edilizio rilasciato dal Comune.

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