Interventi edilizi ammissibili senza strumenti urbanistici attuativi: interviene il Consiglio di Stato

Nelle aree prive di strumenti urbanistici attuativi non sono consentiti interventi di nuova costruzione ma solo quelli di cui all'art. 3, comma 1, lettere a), b), c) e d) del d.P.R. n. 380/2001

di Redazione tecnica - 01/03/2023

Gli interventi di nuova costruzione, così come previsto dall'art. 10 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), sono soggetti al previo rilascio del permesso di costruire, il cui procedimento è spesso sottoposto a lunghe istruttorie e alla lentezza della pubblica amministrazione.

Nuova costruzione e strumenti urbanistici attuativi: la sentenza di Palazzo Spada

Come prevede l'art. 12 del Testo Unico Edilizia, il permesso di costruire:

  • è rilasciato in conformità alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente;
  • è comunque subordinato alla esistenza delle opere di urbanizzazione primaria o alla previsione da parte del comune dell'attuazione delle stesse nel successivo triennio, ovvero all'impegno degli interessati di procedere all'attuazione delle medesime contemporaneamente alla realizzazione dell'intervento oggetto del permesso.

L'argomento è stato affrontato dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 1322 del 7 febbraio 2023 che ci consente di comprendere meglio i presupposti per il rilascio del permesso di costruire oltre che gli interventi edilizi ammissibili nelle aree in cui non sono stati approvati gli strumenti urbanistici attuativi.

Il caso di specie

Il caso riguarda un'istanza di permesso di costruire per una nuova costruzione su cui è indispensabile ricostruire la vicenda per comprendere meglio la decisione dei giudici di Palazzo Spada:

  • viene presentata l'istanza per il rilascio di un permesso di costruire di un fabbricato da adibire a civili abitazioni e locali commerciali;
  • il responsabile dello sportello unico edilizia (SUE) riscontrava carenze documentali negli elaborati depositati a corredo dell’istanza per cui sospendeva l’istruttoria in attesa delle integrazioni;
  • gli istanti presentavano i documenti richiesti;
  • successivamente il responsabile del procedimento esprimeva parere favorevole al rilascio del titolo edilizio;
  • poi, però, lo stesso responsabile invitava gli istanti ad ulteriori integrazioni documentali necessarie al fine di procedere al rilascio del permesso (tra cui, il nulla osta della soprintendenza archeologica e l’autorizzazione paesaggistica);
  • a seguito della richiesta, gli istanti depositavano la sollecitata documentazione integrativa (tutti pareri non ostativi o positivi);
  • successivamente il Comune rilasciava l’autorizzazione paesaggistica.

A questo punto, considerata l’inerzia del comune al rilascio del permesso di costruire, gli istanti diffidavano l’amministrazione con formale atto di diffida e messa in mora al fine di “ottenere il materiale rilascio dell’atto di permesso di costruire preannunciato.

Persistendo l’inerzia, gli istanti propongono ricorso al TAR che ritiene fondata la richiesta e intima il Comune a concludere il procedimento mediante l’adozione di un provvedimento espresso, positivo o negativo, entro il termine di 30 giorni dalla notificazione o comunicazione in via amministrativa della decisione.

Tralasciando l'appello al Consiglio di Stato contro la decisione del TAR non di intimare il Comune al rilascio del permesso di costruire ma alla conclusione del procedimento, successivamente il dirigente del settore urbanistica comunicava agli istanti i motivi ostativi al rilascio del titolo edilizio basati sul fatto, emerso durante l'istruttoria, che l'area dove è stato richiesto il permesso di costruire ricade:

  1. per circa 2/3 dell’intera superficie in zona bianca, senza alcuna campitura, situata all’interno del perimetro della zona B1, la cui regolamentazione è demandata ai piani particolareggiati;
  2. per 1/3 dell’intera superficie in zona interessata a viabilità pubblica.

Per cui, secondo le prescrizioni indicate al punto 1), l’edificazione è consentita solo previa redazione di piano attuativo (non presente sull’area in esame), mentre secondo quanto previsto al punto 2) la previsione di p.r.g. comporta “l’apposizione di un vincolo di natura espropriativa”.

Le conferme del Consiglio di Stato

I giudici del Consiglio di Stato, confermando la decisione dell'amministrazione e del TAR, hanno ricordato quanto prevede l'art. 9 (Attività edilizia in assenza di pianificazione urbanistica) del Testo Unico Edilizia, a mente del quale nei comuni sprovvisti di strumenti urbanistici sono consentiti:

  • gli interventi previsti dalle lettere a), b) e c) del primo comma dell'articolo 3 che riguardino singole unità immobiliari o parti di esse;
  • fuori dal perimetro dei centri abitati, gli interventi di nuova edificazione nel limite della densità massima fondiaria di 0,03 metri cubi per metro quadro; in caso di interventi a destinazione produttiva, la superficie coperta non può comunque superare un decimo dell'area di proprietà.

Nelle aree nelle quali non siano stati approvati gli strumenti urbanistici attuativi previsti dagli strumenti urbanistici generali come presupposto per l'edificazione, sono consentiti anche gli interventi di cui alla lettera d) del primo comma dell'articolo 3 del d.P.R. n. 380/2001 che riguardino singole unità immobiliari o parti di esse.

Tra gli interventi consentiti dalla legislazione nazionale non rientra la tipologia di edificazione postulata dagli appellanti. Da qui ne deriverebbe che il diniego è congruamente motivato, in diritto, con rinvio alle norme di legge preclusive dell’intervento edificatorio.

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