Interventi totalmente difformi dal titolo edilizio: no alla fiscalizzazione dell’abuso

L’accertamento della natura abusiva rende obbligatoria la demolizione, non potendo applicarsi l’art. 34, relativo agli interventi realizzati in parziale difformità rispetto al permesso di costruire

di Redazione tecnica - 17/05/2023

L’accertamento della natura abusiva di un'opera ne rende obbligatoria la demolizione, senza che e possa applicarsi l’art. 34, relativo agli interventi realizzati in parziale difformità rispetto al permesso di costruire, la cui mancata applicazione, in ogni caso, non determina, e nemmeno può implicare, l’illegittimità dell’ordine demolitorio.

Abusi edilizi e ordine di demolizione: no alla sanzione pecuniaria

Si tratta di un principio cardine, più volte ribadito dalla giustizia amministrativa e confermato ancora una volta dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 4851/2023.

La realizzazione di interventi totalmente difformi dal titolo edilizio non può mai essere sanzionata secondo quanto previsto dagli artt. 33 e 34 del d.P.R. n. 380/2001, ma il riferimento è piuttosto agli artt. 27 e 31 dello stesso Testo Unico Edilizia.

Il caso riguarda l’appello proposto contro un ordine di demolizione ingiunto per la realizzazione di una sopraelevazione in un fabbricato, sul quale era stato assentito solo un mini appartamento avente una superficie lorda di mq 55,00 e una volumetria di mc 176,00, mentre di fatto era stato realizzato un ampliamento complessivo pari a circa 151 mq per una volumetria complessiva di circa mc 475. Un intervento che i giudici di Palazzo Spada hanno definito “consistente” e che, contrariamente a quanto sostenuto dagli appellanti, non risultava autorizzato assentito né con permesso di costruire, né con la successiva SCIA in variante.

Di conseguenza, spiega il Consiglio:

  • l’amministrazione non era tenuta ad avviare alcun provvedimento di annullamento d’ufficio dei titoli edilizi rilasciati, venendo in rilievo il potere di repressione degli abusi edilizi e non quello di autotutela;
  •  l’attività di repressione degli abusi edilizi mediante l’ordinanza di demolizione, costituendo un’attività di natura vincolata, non deve essere preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento ai soggetti interessati;
  • dalla natura vincolata dell’ordinanza di demolizione discende che non è necessaria la motivazione in ordine all’interesse pubblico sottostante, nemmeno qualora sia adottata a distanza di tempo dall’esecuzione degli abusi, poiché adeguatamente motivata con riferimento alla compiuta descrizione delle opere abusive e alla constatazione della loro esecuzione in mancanza del necessario titolo abilitativo;
  • la natura vincolata del provvedimento di demolizione, in quanto sorretto da finalità meramente ripristinatoria dell’interesse pubblico all’ordinato assetto del territorio pregiudicato dall’intervento abusivo, ne esclude la lamentata sproporzione.

Sanzione demolitoria e sanzione pecuniaria: le differenze

Ma, soprattutto, l’accertamento della natura abusiva rende obbligatoria la demolizione, non potendo applicarsi l’art. 34, relativo agli interventi realizzati in parziale difformità rispetto al permesso di costruire, la cui mancata applicazione, in ogni caso, non determina, e nemmeno può implicare, l’illegittimità dell’ordine demolitorio.

Spiega il Consiglio che l’asserito potenziale pregiudizio alla parte conforme non incide sulla legittimità dell’ordine di demolizione e può rilevare, semmai, solo nella fase successiva e su impulso della parte, sempre che la demolizione sia ingiunta ai sensi degli artt. 33 o 34 del d.P.R. n. 380/2001, recanti la previsione alternativa della sanzione pecuniaria e la cui applicazione è esclusa quando la demolizione è ingiunta, come in questo caso, in base agli artt. 27 e 31 dello stesso decreto.

Infine, ai fini della validità dell'ordine di demolizione, è irrilevante il tempo trascorso tra la realizzazione dell’opera abusiva e la conclusione dell’iter sanzionatorio, dal momento che l’inerzia dell’Amministrazione nell’esercizio di un potere-dovere finalizzato alla tutela di rilevanti finalità di interesse pubblico non è idonea a far divenire legittimo ciò che sin dall’origine non lo era, come l’edificazione in assenza di titolo, né tantomeno può radicare un affidamento di carattere legittimo in capo al proprietario dell’abuso, mai destinatario di un atto amministrativo favorevole idoneo ad ingenerare un’aspettativa giuridicamente qualificata.

Pertanto, quando è realizzato un abuso edilizio non è radicalmente prospettabile un legittimo affidamento e il proprietario non si può di certo dolere dell’eventuale ritardo con cui l'amministrazione - a causa del mancato accertamento dell’abuso- abbia emanato il provvedimento che la legge impone di emanare immediatamente.

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