Normativa edilizia: la Consulta boccia la Regione Siciliana

La Corte Costituzionale dichiara l'illegittimità di numerose norme in materia di edilizia ed urbanistica perché non conformi alle disposizioni nazionali

di Redazione tecnica - 11/05/2023

Una bella gatta da pelare per il legislatore siciliano, la recentissima sentenza della Corte Costituzionale del 9 maggio 2023, n. 90, con cui la Consulta ha dichiarato l’illegittimità di numerose norme legate all’attività edilizia e che sicuramente saranno oggetto di un surplus di lavoro non solo per i SUAP, ma probabilmente anche per i TAR, con la pioggia di ricorsi che ne deriveranno.

Norme in materia edilizia e urbanistica della Regione Siciliana: il no della Corte Costituzionale

Sono infatti ben 13 le pronunce di illegittimità costituzionale rinvenibili nella sentenza e che nel dettaglio riguardano:

  • l’art. 4 della L.R. Sicilia n. 23/2021 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 10 agosto 2016, n. 16. Disposizioni varie in materia di edilizia ed urbanistica), nelle parti in cui:
    • introduce l’art. 3, comma 1, lettera b), della legge della Regione Siciliana 10 agosto 2016, n. 16 (Recepimento del Testo Unico Edilizia);
    • introduce l’art. 3, comma 1, lettere h), l), m), p), s) e af), della L.R. Sicilia n. 16/2016;
    • introduce l’art. 3, comma 2, lettere g), h) ed l), della L.R. Sicilia n. 16/2016;
    • introduce l’art. 3, comma 2, lettera i), della L.R. Sicilia n. 16/2016, limitatamente alle parole «ricostruzione e» nonché «e di nuova costruzione»;
    • introduce l’art. 3, comma 7, della L.R. Sicilia n. 16/2016;
  • l’art. 6 della L.R. Sicilia n. 23/2021 nelle parti in cui introduce:
    • l’art. 5, comma 1, lettera d), numero 4), della L.R. Sicilia n. 16/2016, limitatamente alle parole «in deroga alle norme vigenti e comunque»;
    • l’art. 5, comma 1, lettera d), numero 6), della legge reg. Siciliana n. 16 del 2016, limitatamente alle parole «, fatte salve le deroghe di cui ai punti precedenti»;
  • l’art. 10 della L.R. Sicilia n. 23/2021, nelle parti in cui parte in cui introduce:
    • l’art. 10, comma 10, ), della L.R. Sicilia n. 16/2016;
  • l’art. 20, comma 1, lettera b), della L.R. Sicilia n. 23/2021;
  • l’art. 37, comma 1, lettere a) e d), della L.R. Sicilia n. 23/2021;
  • l’art. 37, comma 1, lettera c), numero 1), della L.R. Sicilia n. 23/2021;
  • l’art. 1, comma 1, lettera h), della L.R. Sicilia n. 2/2022 (Disposizioni in materia di edilizia);
  • l’art. 8, comma 1, lettera b), della L.R. Sicilia n. 2/2022.

Attenzione però: nella sentenza si rileva che alcune delle norme impugnate (artt. 4, 6, 10, 20, comma 1, lettera b), 22, 37, comma 1, lettere a), c), numeri 1) e 2), e d), e 38 della legge reg. Siciliana n. 23 del 202) sono state modificate o abrogate dalla legge reg. Siciliana n. 2 del 2022 e che anche alcune disposizioni di quest’ultima, sono state oggetto di successivi interventi del legislatore siciliano.

In ogni caso, spiega la Consulta, non è tuttavia mai possibile dichiarare la cessazione della materia del contendere, sia perché le modifiche non sono satisfattive delle pretese avanzate dal Governo ricorrente, oppure perché non vi è certezza relativamente alla mancata applicazione medio tempore delle norme impugnate, vigenti per un arco temporale pari a circa otto mesi e, in larghissima parte, suscettibili di essere applicate immediatamente dopo la loro entrata in vigore.

Non sembra infatti plausibile la deduzione della Regione Siciliana secondo cui anche le disposizioni che consentivano interventi di edilizia libera non avevano trovato applicazione, essendo logicamente intuitivo che difficilmente gli uffici regionali avrebbero potuto avere contezza di tale circostanza.

Le discrepanze con il Testo Unico Edilizia

L'articolo 4 della L.R. Sicilia n. 23/2021 novella l’art. 3 della legge reg. Siciliana n. 16 del 2016. In particolare, oggetto delle questioni di legittimità costituzionale è il nuovo art. 3, commi 1, lettere b), h), l), m), p), s), aa) e af), e 2, lettere g), h), i) e l), della legge reg. Siciliana n. 16 del 2016, i quali consentono l’esecuzione di taluni interventi edilizi, rispettivamente, senza titolo abilitativo o previa CILA.

In tal modo, la Regione Siciliana avrebbe deciso di «liberalizzare interventi anche molto impattanti sul territorio, sottraendoli a ogni tipo di controllo», mentre gli stessi sarebbero invece «classificabili come “nuova costruzione”, ossia trasformazioni edilizie e urbanistiche del territorio di cui alla lettera e) del comma 1 dell’art. 3 t.u. edilizia, per le quali è richiesto come titolo edilizio il permesso di costruire (o la SCIA alternativa al permesso di costruire)».

Di qui la paventata violazione dell’art. 14 dello statuto speciale, in quanto le disposizioni impugnate sarebbero in contrasto con gli artt. 6 e 6-bis t.u. edilizia, qualificabili come norme fondamentali di riforma economico-sociale. Le disposizioni sarebbero altresì lesive dei livelli essenziali delle prestazioni dei diritti civili e sociali che devono essere garantiti in modo uniforme su tutto il territorio nazionale (art. 117, secondo comma, lettera m, Cost.) e degli artt. 3 e 97 Cost., in quanto implicherebbero un abbassamento del livello di tutela del paesaggio e sarebbero contrarie ai canoni di ragionevolezza e proporzionalità.

Esse, inoltre, determinerebbero una sostanziale depenalizzazione delle fattispecie di reato connesse alla realizzazione di tali interventi in assenza o in difformità del titolo edilizio, così invadendo la competenza legislativa esclusiva statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. 6.1.

Demolizione e ricostruzione edifici in area vincolata: il contrasto delle norme

Dichiarato illegittimo anche il comma 10 dell'l’art. 10 della legge reg. Siciliana n. 23 del 2021, il quale ha integralmente sostituito l’art. 10 della legge reg. Siciliana n. 16 del 2016, il quale dispone: «Previa segnalazione certificata di inizio attività, con riferimento agli immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo n. 42/2004 e successive modificazioni sono consentiti nel medesimo lotto gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati, nel rispetto della volumetria esistente, per motivi di sicurezza o di rispetto di distanze previste negli strumenti urbanistici vigenti alla data dell'intervento previo parere e autorizzazione paesaggistica della Soprintendenza competente per territorio». 

La normativa statale, invece, esplicitamente dispone che, per gli immobili tutelati dal codice dei beni culturali, si è dinanzi a ristrutturazione edilizia solo ove demolizione, ricostruzione e ripristino mantengano «sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria» (art. 3, comma 1, lettera d, t.u. edilizia, ultimo periodo): solo in tal caso, ai sensi dell’art. 22, comma 1, lettera c), è sufficiente la SCIA, mentre, ove si intenda modificare uno o più di questi aspetti, l’intervento edilizio è soggetto a permesso di costruire

Compatibilità paesaggistica di costruzioni in area vincolata

Illegittimo anche l'’art. 20, comma 1, lettera b), della legge reg. Siciliana n. 23 del 2021, il quale sostituisce l’art. 25, comma 3, della legge reg. Siciliana n. 16 del 2016. Detto art. 25 disciplina la compatibilità paesaggistica delle costruzioni realizzate in zone sottoposte a vincolo e la regolarizzazione di autorizzazioni edilizie in assenza di autorizzazione paesaggistica.

Con la novella censurata, il legislatore siciliano consentirebbe, secondo il ricorrente, una sanatoria paesaggistica ex post «per il solo fatto che sia stata presentata istanza di concessione edilizia prima dell’apposizione del vincolo, circostanza che diventa unica condizione legittimante». La norma regionale sarebbe così in contrasto con il divieto di sanatoria paesaggistica ex post stabilito, in particolare, dagli artt. 146 e 167 cod. beni culturali, i quali indicano i «ristrettissimi casi, di natura eccezionale» in cui detta sanatoria resta possibile. La disposizione impugnata è stata abrogata ad opera dell’art. 6 della legge reg. Siciliana n. 2 del 2022.

Piano casa: disposizioni illegittime

Dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 37, comma 1, lettere a) e d), della legge reg. Siciliana n. 23 del 2021, per il contrasto con i princìpi posti dalla normativa statale sul piano casa.

L’intesa tra Stato e regioni del 1° aprile 2009, per mezzo della quale si è adottato il piano casa volto a favorire iniziative per il rilancio dell’economia e a introdurre incisive misure di semplificazione dell’attività edilizia, «puntualizza che gli interventi edilizi non possono riferirsi a edifici abusivi ovvero ubicati nei centri storici o in aree di inedificabilità assoluta» 

Il legislatore siciliano, consentendo la realizzazione di interventi edilizi invece anche su immobili che hanno usufruito del condono edilizio, ha violato una norma fondamentale di riforma economico-sociale.

Stessa sorte per i termini stabiliti per quella che è una "disciplina eccezionale e transitoria": una stabilizzazione del regime derogatorio (come prevista dalla legge reg. Siciliana n. 23 del 2021), come anche una sua durata più che decennale (come prevista dalla legge reg. Siciliana n. 2 del 2022), è del tutto incompatibile con la validità temporalmente definita e limitata posta a fondamento della disciplina sul piano casa.

 

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