Opere temporanee in area vincolata sono consentite?

Il Consiglio di Stato spiega i principi che regolano l’attività di Comuni e Soprintendenza sul rilascio di istanze in aree vincolate

di Redazione tecnica - 03/11/2021

Le opere temporanee in area con vincolo paesaggistico sono consentite? E a chi spetta concedere l’autorizzazione? Si tratta di due questioni abbastanza comuni nel caso di rilascio autorizzazioni e concessioni in zone in cui è necessario il rilascio del permesso da parte non solo dell’Amministrazione, ma anche della Soprintendenza.

Opere temporanee in area vincolata: la sentenza del Consiglio di Stato

Ed è proprio questo il tema al centro della sentenza n. 4096/2021 del Consiglio di Stato, a segutio del ricorso di una società a cui l’Amministrazione Comunale aveva negato l’autorizzazione paesaggistica per l’installazione temporanea di alcune strutture durante la stagione balneare.

Tale diniego si basava sul parere negativo della Soprintendenza che aveva comunicato che il vincolo paesistico-ambientale non risultava rimosso nell'area di riferimento.

Autorizzazione paesaggistica: il potere della Soprintendenza

Nella valutazione del caso, il Consiglio di Stato ha premesso che, nel procedimento di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, con l’entrata in vigore dal 1° gennaio 2010 dell’art. 146 del codice dei Beni Culturali (D.Lgs. n. 42/2004) la Soprintendenza esercita un potere che consente di effettuare ex ante valutazioni di merito amministrativo, con poteri di cogestione del vincolo paesaggistico.

In particolare, non si possono applicare per tali opere le previsioni di cui all’articolo 3, comma 1, lettera e.5), del d.P.R. n. 380/2001: “sono comunque da considerarsi nuove costruzioni le installazioni di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere che siano usati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, ad eccezione di quelli siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee”.

I manufatti non precari, ma funzionali a soddisfare esigenze permanenti, vanno considerati come idonei ad alterare lo stato dei luoghi, con un sicuro incremento del carico urbanistico, a nulla rilevando la precarietà strutturale del manufatto, la rimovibilità della struttura e l’assenza di opere murarie, posto che il manufatto non precario non è deputato ad un suo uso per fini contingenti, ma è destinato ad un utilizzo destinato ad essere reiterato nel tempo in quanto stagionale.

Infatti la precarietà dell’opera postula un uso specifico e temporalmente limitato del bene e non la sua stagionalità, la quale prevede il soddisfacimento di esigenze permanenti nel tempo.

Opere stagionali non sono temporanee

Non solo: secondo Palazzo Spada, tali interventi contrastano con la disciplina paesaggistica e urbanistica dell’area in cui ricadono perché:

  • sotto il profilo paesaggistico, nella zona territoriale 2 di “tutela degli insediamenti antichi accentrati” del P.U.T., sono consentiti, fino all’approvazione dei Piani particolareggiati di restauro e risanamento conservativo, soltanto interventi di manutenzione ordinaria e consolidamento statico;
  • sotto il profilo urbanistico, in zona E1a del P.R.G. di “tutela dell’ambiente naturale di secondo grado” (art. 40 delle N.T.A.), sono vietate nuove edificazioni sia pubbliche sia private (mentre possono essere autorizzati muretti di sostegno di terrazzamenti, l’impianto di essenze arboree e arbustive non in contrasto con la tradizionale flora locale e, per gli edifici anteriori al 1955, interventi di risanamento conservativo, demolizione delle superfetazioni, adeguamento funzionale una tantum per la creazione di servizi igienici da parte di imprenditori agricoli e coltivatori diretti);

A tal proposito il Consiglio ha ricordato che lo jus aedificandi, quale facoltà compresa nel diritto di proprietà dei suoli, rappresenta un interesse sottoposto a conformazione da parte della legge e della pianificazione amministrativa, in ragione dei molteplici interessi pubblici e privati, diversi da quelli del proprietario del suolo, che sono coinvolti dall’edificazione privata, in coerenza con la funzione sociale della proprietà, stabilita dall’art. 42 della Costituzione, la quale esprime appunto il dovere di partecipare alla soddisfazione di interessi generali.

Di conseguenza, il ricorso è stato respinto, confermando la sentenza di primo grado, che ha sottolinato il ruolo primario della Soprintendenza nel rilascio di autorizzazione paesaggistica.

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