Ordine di demolizione: l'accertamento di conformità lo blocca?

Il Consiglio di Stato chiarisce gli effetti della presentazione dell'istanza di accertamento di conformità quando è stata già adottato un ordine di demolizione

di Redazione tecnica - 12/05/2021

Ordine di demolizione e accertamento di conformità sono due argomenti che vanno di pari passo e che spesso hanno ricevuto pareri opposti dai tribunali amministrativi. A parlarne questa volta è il Consiglio di Stato che con la sentenza n. 3545 del 6 maggio 2021 ci consente di approfondire l'argomento.

Ordine di demolizione e accertamento di conformità: nuovo intervento del Consiglio di Stato

Nel caso oggetto del nuovo intervento del Consiglio di Stato a presentare ricorso è stato un privato ce si è visto respingere dal TAR un precedente ricorso per l’annullamento dell’accertamento di inottemperanza all’ingiunzione a demolire una tensostruttura in acciaio con copertura di teli in PVC, nonché un box prefabbricato in adiacenza ad essa, eseguiti in assenza di titolo autorizzativo, prefigurando l’esecuzione d’ufficio in danno del responsabile dell’abuso.

Secondo il ricorrente, l’avvenuta presentazione di una domanda di accertamento di conformità ai sensi dell'art. 36 del DPR n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), avrebbe dovuto comportare la sospensione del procedimento sanzionatorio e la rivalutazione dell’abusività dell’opera, sia pure al solo fine di verificare la sua eventuale sanabilità. Di diverso avviso il TAR che, pur riconoscendo l’esistenza dell’orientamento richiamato dalla parte, riteneva di non aderirvi, affermando piuttosto che la presentazione della domanda di sanatoria determina soltanto un arresto dell’efficacia della misura ripristinatoria, nel senso che questa è sospesa, «determinandosi uno stato di temporanea quiescenza dell’atto, all’evidente fine di evitare, in caso di accoglimento dell’istanza, la demolizione di un’opera che, pur realizzata in assenza o difformità dal permesso di costruire, è conforme alla strumentazione urbanistica vigente".

L'accertamento di conformità

Elemento essenziale della controversia è l’inquadramento delle conseguenze dell’avvenuta presentazione di un’istanza di sanatoria sul procedimento sanzionatorio per l’originario intervento illecito, vuoi che esso si sia già concretizzato, come nel caso di specie, nell’adozione dell’ingiunzione a demolire, vuoi che il Comune non abbia ancora provveduto al riguardo.

Il Consiglio di Stato, riconoscendo il duplice orientamento dei TAR, ha preliminarmente chiarito i contorni dell'accertamento di conformità o “sanatoria ordinaria” che consiste nella regolarizzazione di abusi “formali”, in quanto l’opera è stata sì effettuata senza il preventivo titolo o in difformità dallo stesso, ma senza violare la disciplina urbanistica vigente sia al momento della sua realizzazione che a quello di presentazione della domanda (c.d. “doppia conformità”).

Speciale Testo Unico Edilizia

Le differenze con il condono edilizio

Nel definire le caratteristiche dell'accertamento di conformità, i giudici del Consiglio di Stato ne hanno rilevato le differenze con il condono edilizio che ha consentito la sanatoria di situazioni sostanzialmente illecite, previo pagamento di una sanzione pecuniaria che produce l’effetto di estinguere anche la fattispecie penale identificabile nella relativa costruzione.

E sul condono in Italian si sono succedute tre leggi di condono:

  • la prima è contenuta nei capi IV e V della l. n. 47/1985, e dunque si collocava almeno in un contesto di nuova regolamentazione della materia con l’introduzione di una serie di strumenti dissuasivi per gli abusi futuri;
  • le successive, invece, si inseriscono in testi del tutto eterogenei e per lo più finalizzati ad esigenze di pubblico erario, e si risolvono nella sostanziale estensione del lasso di tempo entro il quale l’abuso doveva essere stato ultimato per poter fruire del beneficio, in particolare si tratta:
    • dell’art. 39 della l. 23 dicembre 1994, n. 724 (c.d. “secondo condono”), la cui disciplina procedimentale è stata completata con la l. n. 662 del 1996;
    • dell’art. 32 della l. 24 novembre 2003, n. 326, di conversione del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, che ha applicato la disciplina del condono, quale risultante da ridetti capi IV e V della l. n. 47/1985, come modificati dall’art. 39 della l. n. 724/1994, alle opere abusive ultimate entro il 31 marzo 2003, seppure ponendo l’ulteriore limite che esse non abbiano comportato un ampliamento del manufatto superiore al 30 % della volumetria originaria o, in alternativa, superiore a 750 metri cubi.

Il fatto che le finestre temporali, pure prorogate, per accedere al condono si siano chiuse rispettivamente il 30 novembre 1985, il 31 marzo 1995 e il 10 dicembre 2004, non ha comunque reso obsoleto l’istituto: sebbene siano trascorsi alcuni decenni dalla presentazione delle istanze, infatti, non sono pochi i Comuni italiani presso i quali tali pratiche sono ancora in attesa di definizione, cosicché anche questa tipologia di istanza, al pari di quella ordinaria, deve essere tenuta presente in sede di analisi delle sanatorie edilizie.

Gli effetti del condono edilizio e il silenzio-assenso

L’art. 35, comma 17, della legge n. 47/1985, prevede che "Fermo il disposto del primo comma dell’articolo 40 [rappresentazione dolosamente infedele]e con l’esclusione dei casi di cui all’articolo 33 [contrasto con vincoli nominativamente indicati ], decorso il termine perentorio di ventiquattro mesi dalla presentazione della domanda, quest’ultima si intende accolta ove l’interessato provveda al pagamento di tutte le somme eventualmente dovute a conguaglio ed alla presentazione all’ufficio tecnico erariale della documentazione necessaria all’accatastamento".

Il significato di accoglimento attribuito al silenzio serbato sulle istanze di condono va comunque conciliato con il rilievo che spesso le stesse non presentano neppure i requisiti minimi ovvero sono prive del corredo documentale obbligatorio perché il termine possa perfino cominciare a decorrere. Sul punto, è sufficiente ricordare che la completezza della domanda, «sia nel senso del corredo documentale obbligatorio, che avuto riguardo alle somme dovute, incide sia sulla decorrenza del termine per la formazione del silenzio assenso, sia ai fini della riconosciuta possibilità all’Amministrazione di verificare la congruità dei versamenti effettuati".

L'accertamento di conformità successivo all'ordine di demolizione

Ciò premesso, il Consiglio di Stato ha ammesso come l’istanza di accertamento di conformità spesso consegua proprio all’avvenuto avvio di un procedimento sanzionatorio. È pertanto fisiologico che il relativo procedimento intersechi quello sanzionatorio, che anzi ne costituisce spesso il fattore determinante della decisione, proprio allo scopo di non incorrere nella effettiva demolizione.

In tale ottica, evidenti ragioni di economicità e coerenza dell’azione amministrativa portano a ritenere inevitabile una sospensione temporanea dell’esecuzione del provvedimento demolitorio, ma per il tempo strettamente necessario alla definizione, anche solo tacita, del procedimento. Non vi è ragione di ritenere che il mancato accoglimento dell’istanza ne imponga poi la successiva riadozione, con ciò consentendo al privato, destinatario di un provvedimento sanzionatorio, il potere di paralizzare, attraverso un sostanziale annullamento, intrinseco nella mera presentazione di una domanda, finanche pretestuosa, quel medesimo provvedimento.

La regola generale per la definizione della sanatoria ordinaria

La regola generale per la definizione del procedimento di sanatoria è la sua conclusione in 60 giorni. L’art. 36, comma 3, del Testo Unico Edilizia, infatti, fissa in tale termine quello entro il quale il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale deve pronunciarsi con adeguata motivazione, decorsi il quale la richiesta si intende rifiutata.

Il silenzio dell’Amministrazione sulla istanza di accertamento di conformità ha un valore legale tipico di rigetto e cioè costituisce una ipotesi di silenzio significativo al quale vengono collegati gli effetti di un provvedimento esplicito di diniego.

Di fatto, la norma non prevede il rilascio del permesso di costruire in sanatoria oltre il termine di 60 giorni, «ma non dispone espressamente che il decorso del termine ivi indicato rappresenti, sul piano procedimentale, la chiusura del procedimento e specularmente determini, sul piano sostanziale, la definitiva consumazione del potere, con conseguente cristallizzazione della natura abusiva delle opere».

In mancanza, cioè, di un’esplicita prescrizione di decadenza, la decorrenza del termine di sessanta giorni non consuma il potere dell’Amministrazione di provvedere sull’istanza.

Gli effetti sull'ordine di demolizione

In sintesi, la domanda di condono sospende per esplicita previsione del legislatore il procedimento sanzionatorio e, laddove sia accolta, determina la definitiva inapplicabilità delle sanzioni. Di conseguenza le eventuali ordinanze demolitorie già emanate, pur non essendo illegittime, perdono la propria efficacia e non possono essere portate in esecuzione. Il tempo necessario alla definizione della pratica, che implica una effettiva valutazione dell’abuso sotto il profilo della rispondenza ai parametri, anche temporali, imposti dalla legge, rende necessario reiterare l’ingiunzione a demolire, che trova il proprio fondamento non più nella abusività originaria dell’opera, quanto piuttosto nella sua non condonabilità.

Questa soluzione è pacifica per la sanatoria straordinaria, anche perché le leggi di condono sono chiare in tal senso. Diversamente accade per la sanatoria ordinaria. La presentazione di una istanza di accertamento di conformità non rende inefficace il provvedimento sanzionatorio pregresso; non vi è pertanto alcuna automatica necessità per l’amministrazione di adottare, se del caso, un nuovo provvedimento di demolizione. Essa determina soltanto un arresto dell’efficacia dell’ordine di demolizione, che opera in termini di mera sospensione dello stesso. In caso di rigetto dell’istanza, che peraltro sopravviene in caso di inerzia del Comune dopo soli 60 giorni, l’ordine di demolizione riacquista la sua piena efficacia.

Il caso di specie

Nel caso oggetto della sentenza, è stata presentata l'8 luglio 2011 un’istanza di sanatoria, nell’imminenza della scadenza del termine assegnato per demolire l’abuso con ordinanza del 9 aprile 2011. Tale ordinanza è rimasta sospesa fino all’avvenuta maturazione del silenzio rigetto previsto dall’art. 36, comma 3, del Testo Unico Edilizia.

L’accertamento di inottemperanza, lungi dall’essere intervenuto alla scadenza esatta del termine assegnato, consegue ad un sopralluogo in data 4 gennaio 2012, il cui esito, oggetto dell’odierno gravame, è stato notificato alla Società il 17 gennaio 2012. La mancata impugnativa dell’ordinanza ingiunzione a demolire, diversamente da quanto affermato dal primo giudice, si palesa neutra ai fini dell’odierna discussione, comunque incentrata sugli effetti della stessa, ovvero sull’accertamento della sua inottemperanza.

L’acquisizione gratuita al patrimonio comunale

Quanto ai contenuti del richiamato accertamento di inottemperanza, asseritamente generici con riferimento alla esatta individuazione dell’area da acquisire al patrimonio comunale, con tale atto, in quanto normativamente configurato alla stregua di un atto ad efficacia meramente dichiarativa, si è limitato a formalizzare l’effetto (acquisizione gratuita del bene al patrimonio comunale) già verificatosi alla scadenza del termine assegnato con l’ingiunzione stessa.

L’acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle opere edilizie abusivamente realizzate è infatti una misura di carattere sanzionatorio che consegue all’inottemperanza dell’ordine di demolizione. L’obbligatorietà del provvedimento non esclude tuttavia l’applicazione del principio amministrativo di proporzionalità: il bene da acquisire pertanto non solo deve essere individuato con sufficiente precisione, ma nell’applicazione della sanzione l’amministrazione comunale può acquisire l’area in misura graduata e strettamente necessaria all’obiettivo dell’interesse pubblico perseguito. Alla luce di tale principio, il Comune valuterà se visto il tempo trascorso dall’ingiunzione a demolire e dall’accertata inottemperanza sia sufficiente riferirsi alla stessa al fine di perfezionare l’iter acquisitivo, inspiegabilmente ancora non concluso, senza che neppure risulti, stante l’assenza dal processo dell’Amministrazione, lo stato attuale della situazione in fatto e in diritto, con quanto potrebbe conseguirne in termini di responsabilità dei funzionari interessati.

In definitiva l'appello è stato respinto.

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