Pannelli fotovoltaici su tetto del palazzo: ci vuole l'autorizzazione del condominio?

La Corte di Cassazione ricorda quanto previsto dall'art. 1122-bis c.c. sull'installazione di pannelli solari su parti comuni di un edificio

di Redazione tecnica - 27/01/2023

L’installazione su una superficie comune di un impianto per la produzione di energia da fonti rinnovabili destinato al servizio di una unità immobiliare, ai sensi dell’art. 1122 bis. c.c., che non renda necessaria la modificazione delle parti condominiali, può essere eseguita dal singolo condòmino senza alcuna preventiva autorizzazione dell’assemblea.

Installazione pannelli fotovoltaici su parti comuni: l'ordinanza della Cassazione

Questo è il principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione, VI sez. civile, con l’ordinanza n. 1337/2022, a seguito del ricorso presentato dai proprietari di un immobile in condominio che aveva espresso, tramite delibera assembleare, iloto contrario all’installazione di alcuni pannelli fotovoltaici su parti comuni condominiale.

Sulla questione, la Corte di Cassazione ha preliminarmente ricordato quando disposto dall’art. 1122-bis del c.c., introdotto dalla legge n. 220/2012 e rubricato “Impianti non centralizzati di ricezione radiotelevisiva e di produzione di energia da fonti rinnovabili", il quale prevede:

  • al comma 2, che è consentita l'installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili destinati al servizio di singole unità del condominio sul lastrico solare, su ogni altra idonea superficie comune e sulle parti di proprietà individuale dell'interessato;
  •  al comma 3, che qualora si rendano necessarie modificazioni delle parti comuni, l'interessato ne dà comunicazione all'amministratore indicando il contenuto specifico e le modalità di esecuzione degli interventi. L'assemblea può prescrivere, con la maggioranza di cui al quinto dell'articolo 1136, adeguate modalità alternative di esecuzione o imporre cautele a salvaguardia della stabilità, della sicurezza o del decoro architettonico dell'edificio e, ai fini dell'installazione degli impianti di cui al secondo comma, provvede, a richiesta degli interessati, a ripartire l'uso del lastrico solare e delle altre superfici comuni, salvaguardando le diverse forme di utilizzo previste dal regolamento di condominio o comunque in atto. L'assemblea, con la medesima maggioranza, può altresì subordinare l'esecuzione alla prestazione, da parte dell'interessato, di idonea garanzia per i danni eventuali;
  • al comma 4 che non sono soggetti ad autorizzazione gli impianti destinati alle singole unità abitative. Resta inteso che l’installazione dell’impianto al servizio della singola unità immobiliare debba avvenire nel rispetto della destinazione delle cose comuni, della tutela del diritto d'uso di ciascun condomino, del minor pregiudizio per le parti condominiali o individuali, della salvaguardia della stabilità, della sicurezza e del decoro architettonico dell'edificio.

Autorizzazione necessaria solo se si modificano parti comuni

Condizione normativa perché, dunque, possano venire in rilievo attribuzioni dell’assemblea in ordine alla installazione, da parte di un singolo condomino, di un impianto di produzione di energia da fonti rinnovabili, è che l’intervento renda “necessarie modificazioni delle parti comuni”. In questo caso è necessario che l’interessato ne dia comunicazione all’amministratore perché possa riferirne in assemblea e poi adottare le eventuali iniziative conservative volte a preservare l’integrità delle cose comuni.

Nel caso in esame, non risultava alcuna necessità di modificare le parti comuni, né quindi c’era possibilità per l’assemblea di prescrivere specifiche modalità esecutive. L’assemblea si era solo limitatata ad esprimere un “parere” contrario al progetto in questione, ravvisando un pregiudizio all’uso delle parti comune.

In ogni caso, l’installazione su una superficie comune di un impianto per la produzione di energia da fonti rinnovabili destinato al servizio di una unità immobiliare, che non renda necessaria la modificazione delle parti condominiali, può essere apportata dal singolo condomino, nel proprio interesse ed a proprie spese, senza richiedere alcuna preventiva autorizzazione dell’assemblea, salvo che tale autorizzazione non sia imposta da una convenzione contrattuale approvata dai condomini nell’interesse comune, mediante esercizio dell’autonomia privata.

Alla eventuale autorizzazione all’installazione di un tale impianto concessa dall'assemblea, oppure al parere contrario espresso dalla stessa, può, quindi, attribuirsi soltanto il valore di mero riconoscimento dell'inesistenza, o, viceversa, dell’esistenza, di un interesse e di concrete pretese degli altri condomini rispetto alla utilizzazione del bene comune che voglia farne il singolo partecipante.

Proprio per quetso motivo, la Cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso: il condomino che intenda procedere all’installazione su una superficie comune di un impianto per la produzione di energia da fonti rinnovabili destinato al servizio di una unità immobiliare, che non renda necessaria la modificazione delle parti condominiali, non ha dunque interesse ad agire per l’impugnazione della deliberazione dell’assemblea che abbia espresso un parere contrario all’intervento, perché essa non genera alcun concreto pregiudizio ai suoi diritti, tale da legittimare la pretesa ad un diverso contenuto dell’assetto organizzativo della materia regolata dalla maggioranza assembleare.

Sulla base di questio presupposti, la Corte ha enunciato il seguente principio di diritto:

  • l’installazione su una superficie comune di un impianto per la produzione di energia da fonti rinnovabili destinato al servizio di una unità immobiliare, ai sensi dell’art. 1122 bis. c.c., che non renda necessaria la modificazione delle parti condominiali, può essere eseguita dal singolo condomino senza alcuna preventiva autorizzazione dell’assemblea;
  • l’eventuale parere contrario alla installazione di un tale impianto espresso dall'assemblea deve attribuirsi soltanto il valore di mero riconoscimento dell’esistenza di concrete pretese degli altri condomini rispetto alla utilizzazione del bene comune che voglia farne il singolo partecipante, con riferimento al quale non sussiste l’interesse ad agire per l’impugnazione della deliberazione ai sensi dell’art. 1137 c.c.
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