Permesso di costruire in sanatoria: chi è legittimato a impugnarlo?

Il Consiglio di Stato torna a parlare di uno dei concetti più discussi in ambito edilizio: un vicino è sempre legittimato a impugnare un titolo edilizio?

di Redazione tecnica - 23/03/2022

La vicinitas, ovvero la prossimità, è uno dei concetti di giusrisprudenza più dibattuti in ambito edilizio e, come sottolinea il Consiglio di Stato con la sentenza n. 1768/2022, ciò che fa la differenza è la sussistenza contemporanea di due condizioni: la legittimazione e il concreto interesse a ricorrere.

Vicinitas e presupposti per il ricorso: la sentenza del Consiglio di Stato

Il caso in esame, piuttosto complesso, riguarda il giudizio su alcuni permessi di costruire in sanatoria rilasciati da un’Amministrazione comunale, relativi ad alcuni lavori di ampliamento di un ristorante situato a margine di un lago in una zona demaniale. Nella questione sono anche entrati la Soprintendenza, relativamente all’autorizzazione paesaggistica e la proprietaria di un immobile in prossimità del ristorante.

Il TAR ha annullato i permessi di costruire proprio per la posizione del ristorante, dato che le opere edilizie realizzate senza titolo su un bene di natura demaniale non possono essere sanate, ai sensi della legge n. 47/1985 (cd. "Primo Condono Edilizio"); inoltre alcuni lavori sarebbero stati ultimati fuori termine, in violazione del limite normativo di condonabilità oltre che dell’art. 146, d.lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio).

Contestualmente, anche la proprietaria di un immobile adiacente ha presentato ricorso, sostenendo di avere interesse a ricorrere per "i danni alla sua proprietà, provocati anche da diminuzione di panoramicità, visibilità, visualità e godibilità, conseguenti all’edificazione dell’immobile di cui è causa”.

Legittimazione e interesse a ricorrere

Sul punto, il Consiglio di Stato ha richiamato la recente sentenza n. 22/2021 dell’Adunanza Plenaria che, sul tema della cosiddetta “vicinitas”, ha ribadito i seguenti principi:

  • nei casi di impugnazione di un titolo autorizzatorio edilizio, riaffermata la distinzione e l’autonomia tra la legittimazione e l’interesse al ricorso quali condizioni dell’azione, è necessario che il giudice accerti, anche d’ufficio, la sussistenza sia della legittimazione che dell’interesse a ricorrere. Il criterio della vicinitas non vale da solo per legittimare e dimostrare la sussistenza dell’interesse al ricorso, che invece va inteso come specifico pregiudizio derivante dall’atto impugnato;
  • questo interesse al ricorso è correlato allo specifico pregiudizio derivante dall’intervento previsto dal titolo autorizzatorio edilizio e si ricava dall’insieme delle allegazioni racchiuse nel ricorso;
  • l’interesse al ricorso è suscettibile di essere precisato e comprovato dal ricorrente nel corso del processo, laddove il pregiudizio fosse posto in dubbio dalle controparti o la questione rilevata d’ufficio dal giudicante, nel rispetto dell’art. 73, comma 3, c.p.a.

Interesse va provato

La citata pronuncia dell’adunanza plenaria, dopo aver premesso che il tema della vicinitas poco si presta a teorizzazioni astratte e generali e che va invece misurato di volta in volta sulla base della situazione di fatto, del tipo di provvedimento contestato e dell’ampiezza e rilevanza delle aree coinvolte, ricorda che la giurisprudenza ha più volte ribadito come il ricorrente debba fornire la prova concreta del pregiudizio sofferto rispetto alle facoltà dominicali.

Nel caso in esame, la ricorrente non ha fornito prova apprezzabile della sussistenza dell’interesse a ricorrere in nome della vicinitas. L’abitazione della signora infatti non confina direttamente con l’immobile che ospita il ristorante; non è frontistante e dista da esso alcune decine di metri; è separato da esso da una strada pubblica; è collocata ad altezza diversa rispetto al piano stradale.

Il pregiudizio non può limitarsi alla possibile perdita di amenità, come può essere la privazione di una porzione di visuale, ma deve sostanziarsi in situazioni come il possibile deprezzamento dell’immobile, oppure la compromissione dei beni della salute e dell’ambiente in danno di coloro che sono in durevole rapporto con la zona interessata. Di questo tipo di danno non c’è traccia nelle allegazioni della ricorrente, anzi secondo Palazzo Spada la presenza di una attività commerciale/turistica accresca il valore del suo immobile e non lo diminuisca.

Mentre la ricorrente ha connesso il valore della proprietà alla percezione personale del luogo, sono solo i parametri oggettivi quelli dai quali partire per fissare l’aumento o la diminuzione di valore di un bene immobile.

Infine, in questo caso non è la realizzazione del ristorante, ma la sanatoria di alcuni lavori di ampliamento succedutisi nel tempo a provocare eventualmente il pregiudizio: nella documentazione fornita non c’è alcun riferimento ad essi, per cui non c’è né legittimazione né interesse a ricorrere. Di conseguenza, il ricorso, in merito alla vicinitas, è stato dichiarato inammissibile.

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