Permesso di costruire in sanatoria: chi può richiederlo?

Il Consiglio di Stato sulla titolarità del soggetto legittimato alla richiesta del permesso di costruire ai sensi dell'art. 11 del DPR n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia)

di Giorgio Vaiana - 27/04/2021

Chi è il soggetto legittimato a presentare un'istanza di permesso di costruire anche in sanatoria? A spiegarlo è il Consiglio di Stato con la sentenza 12 aprile 2021, n. 2951 che analizza un caso molto particolare in cui sono coinvolte diverse particelle "contestate", permessi di costruire in sanatoria e ordinanza di rimessa in pristino dei luoghi in riferimento ad una stradina "allargata" prima abusivamente e della successiva richiesta di sanatoria.

Stradina allargata e particella contestata

Una signora ha allargato una stradina privata in maniera abusiva. Successivamente, ha richiesto il permesso di costruire in sanatoria. Permesso che l'amministrazione comunale in un primo momento aveva concesso, salvo revocarlo con tanto di ordinanza di ripristino dei luoghi. Il motivo? La mancata dimostrazione da parte della donna del diritto di proprietà per usucapione di una specifica particella catastale. Ecco il perché dell'annullamento in autotutela. Le dichiarazioni degli eredi della proprietaria di questa particella contenevano numerosi errori e contraddizioni. Il Tar ha già respinto il ricorso della donna.

Permesso di costruire e verifiche

Il consiglio di Stato cita il DPR n. 380/2001 (il c.d. Testo Unico Edilizia) in cui si specifica che "il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell'immobile o a chi abbia titolo per richiederlo, per cui l'interessato è tenuto a fornire al Comune la prova del suo diritto, mentre l'ente non deve svolgere sul punto verifiche eccedenti quelle richieste dalla ragionevolezza e dalla comune esperienza, in relazione alle concrete circostanze di fatto; pertanto, grava sull'Amministrazione l'obbligo di verificare l'esistenza, in capo al richiedente, di un idoneo titolo di godimento sull'immobile oggetto dell'intervento, ma non già di risolvere i conflitti tra le parti private in ordine all'assetto dominicale dell'area interessata, di tal che il richiedente che sostiene di essere proprietario per usucapione dell'area interessata, senza fornire prova adeguata, non può vantare titolo per richiedere un permesso di costruzione, né la semplice instaurazione di un giudizio per l'accertamento dell'usucapione soddisfa a tale presupposto".

L'usucapione

La donna punta sul fatto di aver acquisito l'usucapione su questa specifica particella, ma, dicono i giudici, "l’affermata usucapione è irrilevante in quanto, oltre a non essere stata accompagnata da alcun adeguato elemento di prova, risulta piuttosto smentita dagli elementi acquisiti, e con adeguatezza motivazionale esplicati nell’ambito del provvedimento di annullamento in autotutela".

I diritti dei terzi

Attenzione a questo passaggio della sentenza: i giudici infatti ribadiscono che il permesso di costruire viene rilasciato "salvi i diritti dei terzi, sui quali quindi il Comune non è tenuto a svolgere particolari indagini". Ma c'è un limite precisano i giudici, ossia quello nei caso in cui il Comune stesso sappia "che il diritto di chi richiede il titolo abilitativo è contestato; in tal caso, si ritiene che l'ente debba compiere le indagini necessarie per verificare se tali contestazioni siano fondate e denegare il rilascio del titolo se il richiedente non sia in grado di fornire elementi seri a fondamento del suo diritto". Nel caso analizzato, dunque, il comune bene ha fatto a rivalutare il rilascio del permesso di costruire. Questo perché, come detto, la donna non è stata in grado di dimostrare il diritto di proprietà della particella per usucapione.

L'annullamento di ufficio

Già l'Adunanza plenaria aveva chiarito che l'annullamento d'ufficio di un titolo edilizio in sanatoria, intervenuto ad una distanza temporale considerevole dal provvedimento annullato, "deve essere motivato in relazione alla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale all'adozione dell'atto di ritiro anche tenuto conto degli interessi dei privati destinatari del provvedimento sfavorevole". Ecco perché, in tali ipotesi, deve ritenersi: "che il mero decorso del tempo, di per sé solo, non consumi il potere di adozione dell'annullamento d'ufficio e che, in ogni caso, il termine "ragionevole" per la sua adozione decorra soltanto dal momento della scoperta, da parte dell'amministrazione, dei fatti e delle circostanze posti a fondamento dell'atto di ritiro; che l'onere motivazionale gravante sull'amministrazione risulterà attenuato in ragione della rilevanza e autoevidenza degli interessi pubblici tutelati; che la non veritiera prospettazione da parte del privato delle circostanze in fatto e in diritto poste a fondamento dell'atto illegittimo a lui favorevole non consente di configurare in capo a lui una posizione di affidamento legittimo, con la conseguenza per cui l'onere motivazionale gravante sull'amministrazione potrà dirsi soddisfatto attraverso il documentato richiamo alla non veritiera prospettazione di parte". Nel caso analizzato tra il rilascio del permesso di costruire e l'annullamento in autotutela sono trascorsi nove mesi. E in ogni caso, scrivono i giudici, non c'erano i presupposti per ottenere questo permesso di costruire in sanatoria in maniera legittima. Pertanto l'appello è stato respinto.

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