Retribuzioni in edilizia, ANCE: no ai salari minimi

L'Associazione Nazionale Costruttori Edili ricorda le tutele già previste dai CCNL di settore, motivo per cui l'introduzione dei salari minimi potrebbe rivelarsi un boomerang per lavoratori e imprese

di Redazione tecnica - 15/06/2023

Il salario minimo nel settore edilizia è già garantito, motivo per cui l’impianto normativo su cui si poggiano gli attuali disegni di legge in materia non sono particolarmente condivisi da ANCE.

Salari minimi in edilizia: l'intervento di ANCE alla Camera

La conferma arriva dai contenuti dell’audizione che l’Associazione Nazionale Costruttori Edili ha tenuto presso la Commissione Lavoro della Camera dei deputati sui disegni di legge in materia di salario minimo all’esame della Commissione, in prima lettura (C 141, C 210, C 216, C 306, C 432, C 1053).

Pur condividendo l’intento del Legislatore di intervenire su un tema così rilevante, quale il riconoscimento ad ogni lavoratore, come disposto dall’art. 36 della Costituzione, di una “retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e, in ogni caso, sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”, è necessario considerare i risvolti che alcuni dei testi in esame, così come attualmente formulati, potrebbero generare, soprattutto nel settore dell’edilizia.

Spiega infatti ANCE che l’applicazione generalizzata di un salario minimo legale dovrebbe essere prevista esclusivamente per i settori privi della contrattazione collettiva. Diversamente, la conseguenza potrebbe essere una fuga incontrollata dai contratti di lavoro, a danno delle imprese regolari e del complessivo impianto normativo contrattuale, con l’unico obiettivo di ridurre il costo del lavoro e creare forme di dumping salariale.

Le garanzie già esistenti con CCNL e contratti territoriali

Guardando al settore dell’edilizia, il rispetto del principio di un salario minimo garantito è già ampiamente soddisfatto dalle parti sociali nazionali comparativamente più rappresentative grazie ai contratti collettivi di categoria, garantendo così ai lavoratori trattamenti economici coerenti e in linea con l’andamento economico e produttivo delle imprese.

Scendendo nel dettaglio, per le imprese edili dell’industria, il contratto collettivo stipulato dall’Ance e dalle organizzazioni sindacali del settore (Feneal-Uil, Filca-Cisl, Fillea-Cgil), si articola su due livelli di contrattazione: nazionale e territoriale. Stesso impianto si rinviene negli altri contratti edili stipulati dalle altre organizzazioni più rappresentative, con i medesimi sindacati.

Le tutele su contributi e sicurezza

Inoltre, l’applicazione integrale del contratto sia nazionale che di secondo livello territoriale, comporta la necessaria iscrizione degli operai, da parte delle imprese, alla Cassa Edile territoriale (Ente bilaterale di settore) e il relativo versamento di tutte le contribuzioni e gli accantonamenti riferiti agli elementi della retribuzione nonché agli oneri della sicurezza, alle misure assistenziali e sanitarie, che sono obbligatori, inscindibili e vincolanti ai fini della verifica della regolarità contributiva e, quindi, ai fini del rilascio del Durc.

L’introduzione di una retribuzione di carattere universale, da estendere anche ai settori già coperti dalla contrattazione collettiva, come previsto, ad esempio, dalla proposta C. 1053, potrebbe quindi alterare gli equilibri raggiunti nel tempo dalle parti sociali nazionali di settore. Se questo salario minimo legale dovesse risultare inferiore al valore definito dalla contrattazione collettiva, le imprese che non applicano alcun contratto potrebbero presentare un’offerta più vantaggiosa, con la conseguente fuoriuscita dal mercato di tutte le imprese che fanno riferimento ai minimi contrattuali.

Le osservazioni sulle proposte di legge

L’Associazione ha quindi formulato le proprie osservazioni sull’impianto normativo di ciascun provvedimento, condividendo solo quello della proposta C. 210, che prevede che “la retribuzione minima applicabile ai lavoratori del settore privato deve coincidere con il valore del trattamento economico complessivo stabilito dal contratto collettivo nazionale di lavoro stipulato dalle associazioni di rappresentanza dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Detto valore deve intendersi applicabile a tutti i lavoratori del settore di riferimento, ovunque impiegati nel territorio nazionale”. Solo per quei settori produttivi non coperti dalla contrattazione collettiva, il comma 3 dell’art. 1 della proposta, prevede, infatti, che la fissazione della retribuzione minima applicabile ai lavoratori sia individuata con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

In conclusione, secondo ANCE, appare indispensabile mantenere fermo il ruolo della contrattazione collettiva, per l’edilizia nazionale e territoriale, quale garanzia di proporzionalità e adeguatezza, rendendo obbligatoria l’applicazione dei CCNL e territoriali per l’edilizia. Ciò garantirebbe il conseguente riconoscimento di tutte le relative tutele e prestazioni, anche in termini di formazione e sicurezza sul lavoro.

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