Revoca o sospensione di un ordine di demolizione: i presupposti

La Cassazione ritorna sui principi che regolano l’operato del giudice dell’esecuzione

di Redazione tecnica - 09/02/2022

Quali sono i presupposti su cui un giudice dell’esecuzione può sospendere o revocare in maniera legittima un ordine di demolizione? Si tratta di un tema più volte affrontato dalla Corte di Cassazione, in ambito di condono edilizio. Vi ritorna ancora una volta con la sentenza n. 4175/2022 della Sez. 4 penale, ribadendo i principi che guidano il lavoro del giudice dell’esecuzione.

Revoca o sospensione ordine di demolizione: la sentenza della Cassazione

Il caso in esame, riguarda l’istanza di condono edilizio per un edificio abusivo su cui è stata emessa un’ordinanza di demolizione, confermata dal giudice dell’esecuzione. Secondo la ricorrente in Cassazione, il giudice non avrebbe svolto correttamente il proprio lavoro, perché non aveva valutato l'intera documentazione della pratica. L’edificio, non ancora completato allo stato grezzo nel 1985, era stato invece completato, dopo il termine previsto dalla Legge n. 724/1994 (Secondo Condono Edilizio) ed era ancora in attesa di parere da parte dell’Amministrazione sull'eventuale rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.

Ordine di demolizione: il ruolo del giudice dell'esecuzione

Sul punto, gli ermellini hanno ribadito che in tema di reati edilizi, il giudice dell'esecuzione investito della richiesta di revoca o di sospensione dell'ordine di demolizione delle opere abusive di cui all'art. 31 d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), in conseguenza della presentazione di una istanza di condono o sanatoria successiva al passaggio in giudicato della sentenza di condanna, è tenuto a esaminare i possibili esiti ed i tempi di conclusione del procedimento amministrativo e, in particolare:

  • a) il prevedibile risultato dell'istanza e la sussistenza di eventuali cause ostative al suo accoglimento;
  • b) la durata necessaria per la definizione della procedura.

Inoltre ha ricordato che in tema di reati edilizi, non sussiste un onere probatorio a carico del soggetto che invochi in sede esecutiva la sospensione o la revoca dell'ordine di demolizione, ma solo un onere di allegazione: esso consiste nel prospettare e indicare al giudice i fatti sui quali la sua richiesta si basa e incombe poi all'autorità giudiziaria il compito di procedere ai relativi accertamenti.

Nel caso in esame, tale onere è stato disatteso sul punto dal ricorrente sotto un duplice profilo:

  • con riferimento alla domanda di condono presentata, ancora pendente, non si è fatto carico di allegare alcun elemento concreto dal quale il Giudice dell'esecuzione potesse desumere che la domanda di condono fosse definibile in tempi brevi, considerato che tra la sentenza irrevocabile inerente l'ordine di demolizione e la notifica al ricorrente dell'ingiunzione a demolire erano trascorsi ben 5 anni;
  • tali documenti sarebbero stati utili a dare corso a una istruttoria per accertare i possibili esiti e i tempi di conclusione del procedimento amministrativo.

Di conseguenza, il giudice dell'esecuzione, dopo avere esaminato gli atti in suo possesso, ha correttamente considerato il perdurante mancato perfezionamento della procedura di condono, data anche l'assenza di parere sul vincolo paesaggistico.

Per altro, considerato che al 31 dicembre 1993, termine massimo stabilito dalla legge 724/1994 per la sussistenza dei requisiti al condono, diversamente da quanto dichiarato dal ricorrente il manufatto abusivo non era ultimato nemmeno al "rustico", era palese che mancavano elementi concreti diretti a fare ragionevolmente presumere il rilascio di un eventuale provvedimento di sanatoria, tale quindi da legittimare la revoca o la sospensione dell'ordine di demolizione.

Quindi il ricorso è stato respinto: il giudice dell’esecuzione ha correttamente confermato l’ordine di demolizione, riconoscendo l’insussistenza di possibili motivazioni che potessero portare al perfezionamento della pratica di condono edilizio.

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