Riforma Codice dei contratti: imparare dagli errori del passato

Dopo il parere della Conferenza unificata, arriverà quello delle Commissioni parlamentari. È opportuno pensare ad uno slittamento dell'entrata in vigore del Codice?

di Gianluca Oreto - 31/01/2023

La riforma del Codice dei contratti pubblici è ormai arrivata alle battute finali. Dopo il parere della Conferenza unificata, che probabilmente non avrà alcun effetto significativo sulle scelte del Governo, è atteso per l'8 febbraio 2013 quello delle Commissioni parlamentari competenti, che dovranno solo concludere la fase convulsa di audizioni (realizzate con eccessiva fretta) dei portatori d'interesse.

Riforma Codice dei contratti: tutto deciso?

La sensazione è che, a parte le problematiche e criticità conosciute che portano in dote le ovvie posizioni di parte di chi le ha evidenziate, l'impianto normativo del futuro Decreto Legislativo di riforma del Codice dei contratti sarà quello definito dal Consiglio di Stato e approvato a dicembre 2022 dal Consiglio dei Ministri.

L'unico vero grande aspetto su cui ormai si sta concentrando il dibattito riguarda l'entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti che, nella bozza approvata dal Governo, dovrebbe coincidere con l'1 luglio 2023, ovvero 3 mesi dopo la sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti

Il primo interrogativo da porsi è d'obbligo: saranno sufficienti 3 mesi per consentire a tutti gli operatori di studiare e metabolizzare le nuove regole?

La domanda non è peregrina e a porsela sono praticamente tutti gli operatori, compreso il Ministro delle Infrastrutture che in un recente convegno organizzato da ANCE ha parlato di un possibile slittamento della data di entrata in vigore del nuovo Codice, compatibilmente con gli impegni presi in sede di definizione del PNRR con l'Unione Europea.

Andando a ritroso nel tempo, è possibile ricordare come l'entrata in vigore immediata del D.Lgs. n. 50/2016 abbia determinato un crollo delle procedure di gara. Oltretutto, chi ha seguito l'evoluzione del Codice del 2016 ricorderà anche il primo grande correttivo arrivato pochi giorni dopo la sua pubblicazione in Gazzetta che ha determinato 441 modifiche suddivise in 130 articoli.

Poi negli anni sono arrivate:

  • altre modifiche, sospensioni a tempo e discipline speciali, a colpi di provvedimenti d'urgenza tra cui: lo Sblocca cantieri, il Decreto Semplificazioni, il Semplificazioni-bis,...;
  • la pubblicazione di numerosi provvedimenti attuativi previsti (alcuni dei quali mai pubblicati) e le loro continue modifiche.

Senza dimenticare il d.P.R. n. 207/2010 (Regolamento di attuazione del D.Lgs. n. 163/2006) che è rimasto in vigore (e lo è ancora) in molte sue parti.

Un Codice, dunque, che per sua stessa natura avrebbe dovuto definire un impianto normativo stabile, ha generato un marasma senza precedenti (solo se nella discussione non consideriamo il Decreto Rilancio e le norme sul superbonus e la cessione del credito).

Oltretutto, la stessa legge delega n. 78/2022 ha previsto la possibilità per il Governo di intervenire entro 2 anni dalla pubblicazione del nuovo Codice con altri correttivi. Possibilità che, sono certo, sarà utilizzata in modi diversi in funzione del Governo in carica in questi due anni.

Codice auto-attuativo?

In questa discussione occorre, altresì, considerare un altro aspetto. Benché il nuovo Codice sia stato pubblicizzato come auto-attuativo perché provvisto degli allegati necessari alla sua entrata in vigore immediata, col tempo molti di questi allegati saranno sostituiti da altri Decreti Ministeriali che evidentemente saranno col tempo modificati, generando un nuovo "mostro normativo" formato dal Codice dei contratti e un non definito numero di provvedimenti attuativi autonomi.

Considerazioni che dovrebbero condurre ad un'altra grande domanda (anche se ormai inutile): non sarebbe stato opportuno tornare al vecchio e collaudato sistema duale Codice+Regolamento?

Conclusioni

Senza voler criticare eccessivamente un testo che comunque è stato predisposto senza l'aiuto di chi lo dovrà applicare, l'Italia presto si confronterà con un impianto normativo assolutamente innovativo che necessiterà di adeguata preparazione e formazione di tutti gli attori coinvolti, soprattutto da parte delle Stazioni appaltanti.

Scatta, dunque, l'ultima domanda: l'applicazione dei nuovi principi e delle nuove regole previste dal Codice, è in linea con l'attuale situazione della pubblica amministrazione dal punto di vista delle risorse umane oltre che delle infrastrutture (digitali e non)?

Ai posteri come sempre l'ardua sentenza...sperando quelle della giurisprudenza siano inferiori a quelle generate dall'attuale Codice dei contratti.

© Riproduzione riservata