Rigetto domanda di condono edilizio: si può chiedere il riesame della pratica?

Il Consiglio di Stato definisce i limiti dell'esercizio del potere di autotutela da parte di una Pubblica Amministrazione

di Redazione tecnica - 26/04/2022

In caso di diniego di condono edilizio, il proprietario o il responsabile dell'abuso può chiedere l'annullamento o il riesame della pratica, invocando il potere di autotutela della Pubblica Amministrazione? La risposta è no, tranne in casi (davvero) eccezionali, come spiega il Consiglio di Stato con la sentenza n. 2564/2022 concernente l’accertamento e la conseguente dichiarazione di illegittimità del silenzio di un'Amministrazione in relazione all'istanza presentata dai ricorrenti.

Diniego di condono: si può presentare una nuova istanza?

La controversia origina da una richiesta di condono presentata ai sensi della l. n. 724/1994 (Secondo Condono Edilizio), per la realizzazione di un fabbricato per civile abitazione su due livelli. Sulla detta istanza, la Soprintendenza ha espresso parere negativo perché l'intervento ricadeva in zona vincolata (tutela dell’ambiente naturale di 2° grado e di rilevante interesse ambientale).

Nella nota della Soprintendenza si faceva presente che:

  • ai sensi dell’art. 33 della Legge n. 47/1985 e s.m.i. non sono suscettibili di sanatoria le opere in contrasto con i vincoli imposti da leggi statali e regionali nonché dagli strumenti urbanistici di tutela di interessi paesaggistici e ambientali qualora questi comportino inedificabilità e siano stati imposti prima delle opere stesse;
  • l’intervento era in contrasto con le caratteristiche paesaggistiche del sito protetto, con il vincolo di inedificabilità sia pubblica che privata, esistente per la zona.

I ricorrenti hanno quindi chiesto di accertare in autotutela e dichiarare l’illegittimità, la nullità e, comunque annullare il parere negativo vincolante in relazione al chiesto rilascio dell’autorizzazione paesaggistica rilevando che:

  • la Soprintendenza avrebbe erroneamente collocato il fabbricato in zona tutelata;
  • che il vincolo d’inedificabilità previsto non sarebbe stato assoluto ma relativo.

La Soprintendenza non ha dato riscontro a questa nota, per cui i ricorrenti hanno adito il Tribunale Amministrativo contro il silenzio serbato dall’Amministrazione.

Esercizio dell'autotutela da parte della PA: la sentenza del Consiglio di Stato

Nel valutare il caso, Palazzo Spada ha preliminarmente ricordato che non sussiste alcun obbligo per l'amministrazione di pronunciarsi su un'istanza volta a ottenere un provvedimento in via di autotutela, non essendo coercibile dall'esterno l'attivazione del procedimento di riesame della legittimità dell'atto amministrativo mediante l'istituto del silenzio-rifiuto.

Ciò discende dalla inconfigurabilità di un obbligo della p.a. di provvedere a fronte di istanze di riesame di atti sfavorevoli precedentemente emanati, conseguente alla natura ampiamente discrezionale del potere di autotutela e al fatto che, rispetto all’esercizio di tale potere, il privato può avanzare solo mere sollecitazioni o segnalazioni prive di valore giuridicamente cogente.

La proposizione dell’esercizio dei poteri di autotutela non è, di per sé, in grado di generare, un obbligo giuridico di provvedere, il cui inadempimento possa legittimare l’attivazione delle tutele avverso i rifiuti, le inerzie o i silenzi antigiuridici; questo principio trova non solo conferma testuale nella lettera dell’art. 21 nonies della l. n. 241/1990 che prefigura l'iniziativa di annullamento dell’atto in termini di mera “possibilità”, ma si giustifica, alla luce delle esigenze di certezza delle situazioni giuridiche e della correlata regola di inoppugnabilità dei provvedimenti amministrativi, non tempestivamente contestati.

Come spiegano i giudici, nel caso in esame, manca una peculiarità tale da giustificare una deroga al principio della insussistenza dell’obbligo di provvedere sulla domanda di ritiro in autotutela: secondo il Consiglio, che ha respinto il ricorso, va quindi ribadito il principio consolidato per cui l'amministrazione non ha l'obbligo di pronunciarsi in maniera esplicita su un istanza diretta a sollecitare l'esercizio del potere di autotutela, incoercibile dall'esterno attraverso l'istituto del silenzio-inadempimento ai sensi dell'art. 117 c.p.a., salvo i casi normativamente stabiliti di autotutela doverosa e casi particolari legati ad esigenze conclamate di giustizia.

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