Sanatoria edilizia: ci vuole sempre la doppia conformità

Un caso da manuale per la Corte di Cassazione: la richiesta di sanatoria su una mansarda

di Redazione tecnica - 01/03/2022

Per sanare un abuso edilizio non si scappa: ci vuole sempre e comunque la doppia conformità. Lo ricorda ancora una volta la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 41678/2021 della 3 sez. Penale, sul ricorso presentato contro il rigetto da parte del Tribunale dell’istanza di revoca o sospensione dell'ordine di demolizione su un manufatto abusivo.

Sanatoria e doppia conformità: la sentenza della Cassazione

Il caso riguarda la realizzazione di una mansarda abusiva su cui era stata presentata, dopo l’ordine di demolizione, una SCIA finalizzata alla sanatoria. Secondo il ricorrente, data la richiesta si sarebbe dovuto procedere con la sopensione o la revoca dell’ordine di demolizione da parte del giudice dell’esecuzione.

La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso infondato, ricordando che la sanatoria di abusi edilizi può essere applicata solo alle condizioni espressamente indicate dall'art. 36 del D.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) inerente la doppia conformità delle opere alla disciplina urbanistica vigente, al momento sia della realizzazione del manufatto, sia della presentazione della domanda di permesso in sanatoria.

Con la doppia conformità è possibile:

  • estinguere il reato di cui all'art. 44, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380;
  • precludere l'irrogazione dell'ordine di demolizione dell'opera abusiva previsto dall'art. 31, comma 9, del medesimo d.P.R.;
  • determinare, se eventualmente emanata successivamente al passaggio in giudicato della sentenza, la revoca di detto ordine.

Gli effetti della doppia conformità non possono essere attribuiti alla cd. "sanatoria giurisprudenziale" o "impropria", che consiste nel riconoscimento della legittimità di opere originariamente abusive che, solo dopo la loro realizzazione, siano divenute conformi alle norme edilizie ovvero agli strumenti di pianificazione urbanistica.

Il ruolo del giudice dell'esecuzione

Sulla base di questo presupposto, il giudice dell'esecuzione, investito della richiesta di revoca o di sospensione dell'ordine di demolizione delle opere abusive in conseguenza della presentazione di una istanza di condono o sanatoria successiva al passaggio in giudicato della sentenza di condanna, è tenuto a esaminare i possibili esiti ed i tempi di conclusione del procedimento amministrativo e, in particolare:

  • il prevedibile risultato dell'istanza e la sussistenza di eventuali cause ostative al suo accoglimento;
  • la durata necessaria per la definizione della procedura, che può determinare la sospensione dell'esecuzione solo nel caso di un suo rapido esaurimento.

Questo significa che solo nel caso in cui il giudice accerti la sussistenza di elementi che facciano ritenere plausibilmente prossima l’adozione da parte della autorità amministrativa competente del provvedimento di accoglimento, egli può disporre la sospensione o la revoca dell’ordine.

In questo caso, la presentazione della SCIA "per lavori di adeguamento sismico, finalizzata alla sanatoria del piano mansarda", non aveva portato, alla data dell'ordinanza, al rilascio di alcun titolo edilizio in grado di determinare l'estinzione del reato; inoltre, erano del tutto assenti i presupposti per ottenere la sospensione dell'ordine di demolizione.

Il ricorso è stato quindi respinto: l’assenza di un permesso di costruire non solo non ha portano alla sospensione o revoca dell’ordine di demolizione, ma soprattutto costituisce il presupposto per la mancata realizzazione della c.d. “doppia conformità”.

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