Sanatoria edilizia: il Consiglio di Stato sull'accertamento di conformità

Il permesso in sanatoria presuppone indefettibilmente la c.d. doppia conformità edilizia, ai sensi dell'art. 36 del Testo Unico Edilizia

di Redazione tecnica - 11/04/2024

Per ottenere l’accertamento di conformità ex art. 36 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) in relazione ad un’opera abusiva, è sempre fondamentale poter attestare il rispetto delle norme vigenti sia al momento della realizzazione delle opere che al momento della presentazione della domanda di sanatoria.

La verifica della conformità sfocia in un provvedimento a carattere vincolato, con il rilascio della sanatoria nel caso in cui il soggetto interessato possa dimostrare che le condizioni citate risultino soddisfatte, non necessitando di altra motivazione oltre alla corrispondenza delle opere a tali disposizioni.

Attenzione però: per ottenere il titolo in sanatoria non è mai concesso optare per il frazionamento artificioso in riferimento a complessi di opere abusive che invece devono essere considerati con visione unitaria.

Accertamento di conformità: le condizioni per ottenere la sanatoria edilizia

A ribadire alcuni concetti fondamentali in tema di abusi edilizi e sanatoria è il Consiglio di Stato con la sentenza del 6 marzo 2024, n. 2208, con la quale ha rigettato il ricorso presentato contro due ordinanze di demolizione e diniego della sanatoria in relazione ad opere realizzate senza alcun titolo in area soggetta a vincoli paesaggistici, consistenti in diversi tensostrutture utilizzate per un set cinematografico e che secondo il ricorrente erano opere precarie, rispondenti all’art. 6 del Testo Unico Edilizia e quindi rientranti in edilizia libera.

Ricordano i giudici d’appello che l’accertamento di conformità (ex art. 36 del d.P.R. n. 380/2001) può essere rilasciato esclusivamente in riferimento agli abusi edilizi che, pur essendo stati realizzati senza permessi o in difformità dagli stessi, risultino comunque conformi alle discipline urbanistico-edilizie vigenti alla data di realizzazione del manufatto e alla data di presentazione della sanatoria.

L’Amministrazione competente non è tenuta in alcun caso a verificare la presenza dei requisiti per il rilascio della sanatoria prima di emettere dei provvedimenti sanzionatori nei confronti del proprietario dell’abuso, tenendo conto anche del fatto che l’istanza può essere presentata, come da normativa, fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative.

In tale ottica, l’onere di dimostrare il rispetto dei criteri per ottenere il permesso in sanatoria è totalmente a carico del soggetto interessato.

Strutture permanenti in area vincolata: sanatoria inammissibile

È chiaro dunque che l’accertamento di conformità non possa essere concesso se le opere, oltre ad essere state costruite senza titoli, risultino anche difformi alla disciplina urbanistico-edilizia o alle prescrizioni di tutela del paesaggio.

Il Consiglio ha quindi confermato pertanto il diniego della sanatoria per gli abusi edilizi oggetto della sentenza, che sono consistiti nell’occupazione di un’intera area sita all’interno di un Parco tutelato per la realizzazione di:

  • 3 tensostrutture di ingenti dimensioni, una con copertura a volta e le altre con copertura a due falde; queste ultime unite da un gazebo di collegamento;
  • 3 container, di cui: uno scarrabile, uno ad uso wc e il terzo adibito a cabina elettrica;
  • 1 manufatto in muratura con all’interno una centrale idrica;
  • 1 piscina fuori terra con struttura metallica.

Oltre al fatto che le opere sono risultate essere di notevoli dimensioni, e alcune di queste anche sprovviste di idoneità igienico-sanitaria, è stato acclarato che insistono in maniera permanente da diversi anni sull’area in oggetto, sottoposta peraltro a vincolo idrogeologico e a vincolo paesaggistico, ai sensi del d.Lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio).

Non è possibile dunque considerare tali manufatti (caratterizzati da dotazioni impiantistiche e finiture specifiche) come precari e rientranti nel regime di attività di edilizia libera, in quanto non si tratta di opere stagionali dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee, bensì l’intera area risulta dedicata alla realizzazione di una serie televisiva in onda da anni e giunta ormai alla sua quinta stagione.

Né si può attribuire agli stessi fabbricati carattere solo pertinenziale, perché hanno comportato a tutti gli effetti la creazione di nuova superficie utile e nuova volumetria per un ingente lasso di tempo.

Valutazione unitaria o singola degli abusi: da cosa dipende?

È stata pertanto riscontrata una profonda e permanente alterazione dello stato dei luoghi, essendo che la valutazione dell’entità degli abusi dev’essere condotta tenendo conto delle opere nel loro complesso, e non in base ad una visione atomistica, come la società ricorrente sosteneva.

L’impatto che un abuso edilizio produce sul territorio infatti si verifica considerando tutte le opere che ne fanno parte, anche nel caso in cui queste fossero realizzate in tempistiche differenti oppure siano singolarmente individuabili e adibite a diverse autonome funzioni.

Si chiarisce a tal proposito che la valutazione unitaria o singola degli abusi non dipende dalla circostanza che le opere siano o meno realizzate contestualmente, né dal fatto che queste possano essere impiegate per scopi differenti, ma dipende solo dalla considerazione delle seguenti condizioni:

  • collocazione delle opere;
  • appartenenza dei manufatti allo stesso soggetto o a soggetti differenti;
  • destinazione comune o singola degli abusi realizzati.

Nel caso in esame, gli interventi realizzati hanno definito nel loro insieme uno spazio organizzato adibito ad attività imprenditoriale, hanno comportato la modifica dell’assetto vegetazionale e geomorfologico esistente e hanno alterato e modificato, antropizzandolo, il contesto naturale ove si sono inseriti.

I giudici di Palazzo Spada hanno quindi disposto il rigetto del ricorso, dichiarando inammissibile il rilascio del permesso in sanatoria e confermando la legittimità degli ordini di demolizione.

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