Sanatoria edilizia: la differenza tra condono, accertamento di conformità e fiscalizzazione dell'abuso

La differenza tra condono edilizio, accertamento di conformità e fiscalizzazione dell'abuso per l'ottenimento della sanatoria edilizia

di Redazione tecnica - 20/01/2022

Quando si parla di abusi edilizi e sanatoria, la tendenza comune è confondere parole come condono, accertamento di conformità e fiscalizzazione. Tutti argomenti che partono dallo stesso punto (l'abuso edilizio) ma che sono condotti da disposizioni normative diverse e verso punti di arrivo differenti.

Il primo condono edilizio

Partiamo dalla prima parola "condono edilizio". È una procedura speciale che ha consentito in Italia la sanatoria di abusi edilizi mediante autodenuncia e pagamento di un'ammenda. Il condono edilizio è nato per la prima volta con la Legge 28 febbraio 1985, n. 47 (il primo condono edilizio) che ha previsto la possibilità di conseguire la concessione o autorizzazione in sanatoria di opere che risultino essere state ultimate entro la data del 1° ottobre 1983 ed eseguite:

  • senza licenza o concessione edilizia o autorizzazione a costruire prescritte da norme di legge o di regolamento, ovvero in difformità dalle stesse;
  • in base a licenza o concessione edilizia o autorizzazione annullata, decaduta o comunque divenuta inefficace, ovvero nei cui confronti sia in corso procedimento di annullamento o di declaratoria di decadenza in sede giudiziaria o amministrativa.

Si intendono ultimati gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura, ovvero, quanto alle opere interne agli edifici già esistenti e a quelle non destinate alla residenza, quando esse siano state completate funzionalmente.

Con il primo condono, il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo, era subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso. Era anche previsto che se tale parere arrivava entro centottanta giorni dalla data di richiesta, il richiedente avrebbe potuti impugnare il silenzio-rifiuto. Il rilascio del titolo abilitativo edilizio estingueva anche il reato per la violazione del vincolo. Il parere non era richiesto quando si tratti di violazioni riguardanti l'altezza, i distacchi, la cubatura o la superficie coperta che non eccedano il 2% delle misure prescritte.

Alcune opere non erano, però, suscettibili di sanatoria. Ovvero quando erano in contrasto con i seguenti vincoli, qualora questi comportino inedificabilità e siano stati imposti prima della esecuzione delle opere stesse:

  • vincoli imposti da leggi statali e regionali nonché dagli strumenti urbanistici a tutela di interessi storici, artistici, architettonici, archeologici, paesistici, ambientali, idrogeologici;
  • vincoli imposti da norme statali e regionali a difesa delle coste marine, lacuali e fluviali;
  • vincoli imposti a tutela di interessi della difesa militare e della sicurezza interna;
  • ogni altro vincolo che comporti la inedificabilità delle aree.

Il secondo condono edilizio

Poi è arrivata la Legge 23 dicembre 1994, n. 724 che ha riaperto i termini del primo condono con alcune limitazioni. In particolare, le norme sul primo condono sono state applicate alle opere abusive ultimate entro il 31 dicembre 1993 che non abbiano comportato ampliamento del manufatto superiore al 30% della volumetria della costruzione originaria ovvero, indipendentemente dalla volumetria iniziale, un ampliamento superiore a 750 metri cubi. Inoltre, il secondo condono poteva essere utilizzato relativamente a nuove costruzioni non superiori ai 750 metri cubi per singola richiesta di concessione edilizia in sanatoria.

Per quanto riguarda l'ammenda da pagare, era previsto che:

  • per gli abusi edilizi commessi fino al 15 marzo 1985 e dal 16 marzo 1985 al 31 dicembre 1993, la misura dell'oblazione, prevista nella tabella allegata alla legge n. 47/1985, in relazione al periodo dal 30 gennaio 1977 al 1 ottobre 1983, è moltiplicata rispettivamente per 2 e per 3;
  • la misura dell'oblazione veniva elevata di un importo pari alla metà, nei comuni con popolazione superiore ai centomila abitanti.

Il terzo condono edilizio

Con la Legge 24 novembre 2003, n. 326 di conversione del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 è stato prevista una ulteriore riapertura dei termini del primo condono alle opere abusive ultimate entro il 31 marzo 2003 e che non abbiano comportato ampliamento del manufatto superiore al 30% della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento superiore a 750 metri cubi. Le suddette disposizioni hanno trovato applicazione alle opere abusive relative a nuove costruzioni residenziali non superiori a 750 metri cubi per singola richiesta di titolo abilitativo edilizio in sanatoria, a condizione che la nuova costruzione non superi complessivamente i 3.000 metri cubi.

Demolizione, accertamento di conformità e fiscalizzazione dell'abuso

Le tre leggi sul condono edilizio hanno sostanzialmente consentito l'ottenimento della sanatoria edilizia di opere anche in contrasto con la normativa. L'attuale normativa edilizia in vigore, il d.P.R. n. 380 del 2001 cosiddetto Testo Unico Edilizia non consente la sanatoria di opere illegittime ma non solo.

Entrando nel particolare, occorre prendere in considerazione i seguenti articoli:

  • art. 34 - Interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire;
  • art. 36 - Accertamento di conformità;
  • art. 37 - Interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività e accertamento di conformità;
  • art. 38 - Interventi eseguiti in base a permesso annullato.

Cominciamo dagli articoli 36 e 37 che prevedono il cosiddetto accertamento di conformità.

Art. 36 - Accertamento di conformità

Nel caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, ovvero in assenza di segnalazione certificata di inizio attività alternativa a permesso di costruire o in difformità da essa, il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda (doppia conformità).

Art. 37 - Interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività e accertamento di conformità

La realizzazione di interventi edilizi realizzati in assenza o in difformità alla SCIA si paga una sanzione pecuniaria pari al doppio dell'aumento del valore venale dell'immobile conseguente alla realizzazione degli interventi stessi e comunque in misura non inferiore a 516 euro.

Se l’intervento realizzato risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell’intervento, sia al momento della presentazione della domanda (doppia conformità), il responsabile dell’abuso o il proprietario dell’immobile può ottenere la sanatoria dell’intervento versando la somma, non superiore a 5.164 euro e non inferiore a 516 euro, stabilita dal responsabile del procedimento in relazione all’aumento di valore dell’immobile valutato dall’agenzia del territorio.

Se la segnalazione certificata di inizio di attività viene effettuata spontaneamente quando l’intervento è in corso di esecuzione, è necessario unicamente il pagamento, a titolo di sanzione, della somma di 516 euro (SCIA tardiva).

Alle opere realizzate in assenza di SCIA (ma che avrebbero potuto essere realizzate con la SCIA stessa) non si applicano le sanzioni previste dall'articolo 44. Resta comunque salva, ove ne ricorrano i presupposti in relazione all’intervento realizzato, l’applicazione delle sanzioni.

Art. 34 - Interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire

Diverso è il caso degli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire. Questi devono essere demoliti in un termine congruo fissato dalla relativa ordinanza del dirigente o del responsabile dell’ufficio. Decorso tale termine sono rimossi o demoliti a cura del comune e a spese dei medesimi responsabili dell'abuso.

Quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il dirigente o il responsabile dell’ufficio applica una sanzione pari al doppio del costo di produzione della parte dell'opera realizzata in difformità dal permesso di costruire, se ad uso residenziale, e pari al doppio del valore venale, determinato a cura della agenzia del territorio, per le opere adibite ad usi diversi da quello residenziale.

Questa è la cosiddetta fiscalizzazione dell'abuso, scelta discrezionale del dirigente o del  responsabile dell’ufficio, che non sana la parte abusiva che resta tale. In questo caso si configura il paradosso di un'opera che non perde la sua caratteristica di abusività, non può fruire di detrazioni fiscali ma che è "tollerata" dallo Stato che ne consente anche la compravendita.

Art. 38 - Interventi eseguiti in base a permesso annullato

L'ultimo è il caso di interventi eseguiti sulla base di un permesso successivamente annullato dalla pubblica amministrazione. In questo caso, qualora non sia possibile, in base a motivata valutazione, la rimozione dei vizi delle procedure amministrative o la restituzione in pristino, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale applica una sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite, valutato dall'agenzia del territorio, anche sulla base di accordi stipulati tra quest'ultima e l'amministrazione comunale. La valutazione dell'agenzia è notificata all’interessato dal dirigente o dal responsabile dell’ufficio e diviene definitiva decorsi i termini di impugnativa.

In questo caso, però, l'integrale corresponsione della sanzione pecuniaria irrogata produce i medesimi effetti del permesso di costruire in sanatoria.

© Riproduzione riservata