Secondo condono edilizio, occhio ai limiti volumetrici

Corte di Cassazione: non è possibile aggirare il limite di 750 metri cubi tramite il frazionamento artificioso di un immobile

di Redazione tecnica - 10/08/2022

Condono edilizio sì, ma entro certi limiti, oltre i quali l’abuso non è sanabile. Ricordando i principi dell’art. 39 della legge n. 724/1994 (cd. “Secondo Condono Edilizio”), la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30455/2022, ha annullato l’ordinanza con cui la Corte di appello aveva parzialmente revocato l'ordine di demolizione di un immobile abusivo.

Condono edilizio e limiti volumetrici: la sentenza della Cassazione

La questione riguarda la presentazione di tre diverse istanze di condono da parte di tre soggetti differenti (tutti componenti della stessa famiglia) per tre singole porzioni dell'immobile abusivo, effettuando un frazionamento artificioso, volto ad aggirare il limite di 750 mc.

Sul punto la Cassazione ha ricordato che, ai sensi dell'art. 39, comma 1, prima parte, della legge n. 724 del 1994, le disposizioni di cui ai capi IV e V della legge n. 47/1985 (cd. "Primo condono edilizio"), si applicano alle opere abusive che:

  • risultino ultimate entro il 31 dicembre 1993;
  • non abbiano comportato un ampliamento del manufatto superiore al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria;
  • oppure, indipendentemente dalla volumetria iniziale, un ampliamento superiore a 750 metri cubi;
  • nel caso di nuove costruzioni, non siano superiori ai 750 metri cubi per singola richiesta di concessione edilizia in sanatoria.

Spiegano gli ermellini che, secondo consolidata giurisprudenza, non è ammissibile il condono edilizio di una costruzione quando la richiesta di sanatoria sia presentata frazionando l'unità immobiliare in plurimi interventi edilizi, in quanto è illecito l'espediente di denunciare fittiziamente la realizzazione di plurime opere non collegate tra loro, quando, invece, le stesse risultano finalizzate alla realizzazione di un unico manufatto e sono a esso funzionali, sì da costituire una costruzione unica.

Unico proprietario, unica istanza di condono

In materia di condono edilizio disciplinato dalla legge n. 724/1994, ai fini della individuazione dei limiti stabiliti per la concedibilità della sanatoria, ogni edificio va inteso quale complesso unitario qualora faccia capo ad un unico soggetto legittimato alla proposizione della domanda di condono, con la conseguenza che eventuali singole istanze presentate in relazione alle separate unità che compongono tale edificio devono riferirsi ad un'unica concessione in sanatoria, onde evitare l'elusione del limite legale di consistenza dell'opera.

Qualora, invece, per effetto della suddivisione della costruzione o della limitazione quantitativa del titolo abilitante la presentazione della domanda di sanatoria, vi siano più soggetti legittimati, è possibile proporre istanze separate relative allo stesso immobile.

Come affermato costantemente anche dal Consiglio di Stato, il limite di 750 mc. previsto dalla legge per le nuove costruzioni non può essere eluso attraverso la ripartizione delle stesse in tante autonome unità: tale limite deve essere interpretato nel senso che nei casi in cui «all'interno di un unico compendio immobiliare sia possibile individuare abusi ontologicamente diversi è possibile per essi presentare distinte richieste di condono (ciascuna delle quali soggiace al ridetto limite volumetrico), mentre in tutti gli altri casi resta fermo che dovranno essere le plurime istanze, sommate assieme, a non eccedere la volumetria di 750 mc.»

Anche la Corte costituzionale ha chiarito che per «le nuove costruzioni è prevista la possibilità (derogatoria e, come tale, di stretta interpretazione) di calcolare la volumetria per singola richiesta di concessione edilizia in sanatoria per effetto della suddivisione della costruzione o limitazione quantitativa del titolo che abilita la presentazione della domanda di sanatoria».

In questo caso, l’immobile è stato diviso su tre piani e nel 1995 sono state presentate tre distinte istanze di condono e solo nel 2007, per effetto di divisione, i predetti sono divenuti proprietari di ciascun piano.

La verifica del superamento dei limiti di cubatura andava effettuata in relazione all'edificio quale complesso unitario, con la conseguenza che la legittimazione alla proposizione della domanda di condono sarebbe spettata ad un solo soggetto, unico proprietario al momento della prsentazione dell’isatnza; la verifica che si tratti di un edificio unitario impone che unica sia la concessione in sanatoria, altrimenti si eluderebbe il limite di 750 mc. attraverso la considerazione di ciascuna parte in luogo dell'intero complesso.

Condono e data di ultimazione delle opere

Non solo: la Corte di appello non ha nemmeno valutato l'incidenza della prosecuzione della costruzione dell'immobile, se unitario, considerato che il secondo piano è stato ulteriormente ampliato. Sul punto la Corte ha confermato che, se non vi è coincidenza tra lo stato dei luoghi descritto nell'istanza di condono e quello accertato successivamente, per la realizzazione di nuove volumetrie, i lavori edili non possono ritenersi essere stati completati entro il 31 dicembre 1993.

La legge del 1994 consentiva, nell'ipotesi in cui entro il 31 dicembre 1993 fosse stato eseguito il rustico e completata la copertura del fabbricato abusivo, la prosecuzione dei lavori di integrale completamento dello stabile - dopo l'entrata in vigore del d.l. 26 luglio 1994 n. 468 - senza l'osservanza dell'articolo 35, comma 14, della legge 28 febbraio 1985 n. 47, ma non l'ulteriore ampliamento dell'immobile, con la conseguenza dell'applicabilità della sanzione amministrativa  della demolizione.

Il ricorso è stato quindi accolto, riconoscendo l'illegittimità del condono, concesso nonostante il superamento del limite di cubatira previsto dalla legge n. 724/1994.

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