Sopraelevazioni e Regolamento di condominio: interviene la Cassazione

La Corte di Cassazione chiarisce le modalità di esercizio del diritto di sopraelevazione in relazione alle limitazioni del regolamento di condominio

di Redazione tecnica - 01/03/2022

Il regolamento di condominio può imporre limitazioni ai poteri e alle facoltà spettanti ai condomini sulle parti di loro esclusiva proprietà come il diritto di sopraelevazione?

Sopraelevazioni e Regolamento di condominio: la sentenza della Cassazione

Risponde a questa domanda la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza 11 febbraio 2022, n. 4529 che torna a parlare di sopraelevazioni dopo avere trattato questo argomento con l’ordinanza n. 29854/2021 in cui ha chiarito che realizzare una sopraelevazione è un diritto del proprietario dell’immobile situato all'ultimo piano, a condizione che sia rispettato il decoro architettonico dell’edificio in cui si trova.

La nuova sentenza della Cassazione interviene fornendo nuovi spunti interessanti. Nel caso di specie, infatti, il regolamento condominiale conteneva una clausola che vieta qualsiasi innovazione alle cose comuni, anche se in corrispondenza alle proprietà individuali, senza il consenso della maggioranza dei condomini che rappresenti i 2/3 del valore dell’edificio.

Su questo punto gli ermellini hanno ricordato una copiosa giurisprudenza di Cassazione per la quale le clausole del regolamento condominiale di natura contrattuale possono imporre limitazioni ai poteri e alle facoltà spettanti ai condomini sulle parti di loro esclusiva proprietà purché siano enunciate in modo chiaro ed esplicito. Tali clausole sono vincolanti per gli acquirenti dei singoli appartamenti qualora, indipendentemente dalla trascrizione, nell'atto di acquisto si sia fatto riferimento al regolamento di condominio, che - seppure non allegato all'atto - deve ritenersi conosciuto o accettato in base al richiamo o alla menzione di esso nel contratto.

Modifiche funzionali e distanze legali

Ciò premesso, il ricorrente ha fatto presente che l'atto di acquisto dell'immobile lo autorizzasse a realizzare le opere necessarie a rendere funzionale il bene alle sue esigenze e che il Tribunale avrebbe errato nell'ordinare la demolizione dell’intera sopraelevazione e non soltanto l’arretramento dell’opera sino al rispetto della distanza minima.

Sul primo rilievo la Cassazione ha rilevato che nell’esemplificazione contenuta nella clausola del contratto di compravendita non erano comprese le modifiche effettivamente eseguite dalla ricorrente che, anche a voler ritenere l’elenco contenuto nella detta clausola come meramente indicativo e non esaustivo, poteva –al più ritenersi consentita la posa in opera dell’impianto di condizionamento e refrigerazione, ma non anche la sopraelevazione.

I giudici di Cassazione hanno confermato la tesi dei precedenti Tribunali per la quale la nuova costruzione realizzata aveva comportato il posizionamento del solaio di copertura della sopraelevazione realizzata sul lastrico di copertura ad una distanza di soli 3 cm. dal piano di calpestio del balcone della controricorrente, in violazione della norma sulle distanze. Detta disposizione, ad avviso del Tribunale, sarebbe derogabile soltanto quando il proprietario del balcone o terrazzo sottostante posizioni la veranda esattamente sotto il balcone del piano superiore, senza così ledere la veduta in appiombo esercitabile dal balcone superiore.

Sul secondo rilievo, la Cassazione ha confermato che l’intervento è stato in parte ritenuto lesivo delle distanze minime in tema di vedute in appiombo e in parte idoneo ad interessare parti comuni dell’edificio: in particolare, la facciata dell’edificio, espressamente ricompresa nell’ambito delle parti comuni. L’opera eseguita di conseguenza è per la prima parte contraria alla disposizione di cui all’art. 907 c.c., mentre, per la seconda parte, contrasta con la clausola del regolamento condominiale che subordina l’esecuzione di modifiche e innovazioni al preventivo consenso della maggioranza dei due terzi dei partecipanti al condominio, già scrutinata in occasione dell’esame dei primi due motivi di ricorso, perché essa ha interessato anche parti comuni dell’edificio, senza il rispetto della richiamata autorizzazione.

In definitiva il ricorso è stato rigettato e l'ordine di demolizione confermato.

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