Strutture balneari: ok all'installazione, purché sia temporanea

Il Consiglio di Stato ribadisce due principi: le strutture devono essere compatibili con il paesaggio circostante, ma soprattutto non essere permanenti

di Redazione tecnica - 12/04/2023

La tutela del paesaggio rappresenta una priorità rispetto al mantenimento in loco di strutture balneari, dotate di permesso di costruire e di autorizzazione paesaggistica, ma la cui compatibilità non impedisce la loro rimozione al termine della stagione estiva.

Strutture balneari e tutela del paesaggio: la sentenza del Consiglio di Stato

Lo conferma il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 2559/2023, confermando che i manufatti di uno stabilimento balneare, per quanto assentiti, vanno rimossi alla fine della stagione e che una simile prescrizione imposta dalla Soprintendenza è legittima.

Secondo il titolare dello stabilimento, questa prescrizione sarebbe stata illegittima e il giudice di primo grado gli aveva dato ragione, evidenziando come la L.r. della Puglia n. 17/2015 consentisse il mantenimento per tutta la stagione delle strutture facilmente amovibili e come la giurisprudenza del Tribunale avesse evidenziato che le disposizioni del nuovo P.P.T.R. non contenessero disposizioni volte ad imporre la rimozione delle attrezzatura, terminata la stagione; di conseguenza, gli enti preposti alla tutela paesaggistica ed ambientale avrebbero dovuto supportare l’imposizione di un simile obbligo con l’indicazione di esigenze “di protezione dell’ambiente diverse ed ulteriori rispetto a quelle ritenute compatibili con l’esistenza dell’impianto nel periodo balneare”.

Di diverso avviso Palazzo Spada: i giudici hanno richiamato i principi contenuti nella sentenza della Corte Costituzionale n. 232/2008, secondo cui sia la rilevanza primaria e assoluta della tutela ambientale e paesaggistica, sia i limiti di possibili interventi normativi regionali che possono assumere tra i propri scopi anche indirette finalità di tutela ambientale, non sono abilitati a introdurre deroghe agli istituti di protezione ambientale uniformi, validi in tutto il territorio nazionale.

ale principio è, ancora di recente, ribadito dalla Corte Costituzionale in relazione alla disposizione di cui all’art. 2, comma 1, lettera a), della L.r. della Sardegna n. 3/2020, che, nel modificare la previsione di cui all’art. 43 della L.r. della Sardegna n. 8/2015, aveva previsto la possibilità di posizionare sulle spiagge strutture di facile rimozione a scopo turistico-ricreativo per l’intero anno solare. Nel dichiarare tale previsione illegittima la Corte ha ribadito la necessità di una valutazione paesaggistica aggiungendo, inoltre, come l’assenza di una tale valutazione possa “determinare uno sfruttamento delle coste che svilirebbe le loro bellezze naturali”. Secondo la Corte, in assenza del controllo periodico delle autorità paesaggistiche preposte alla tutela del vincolo, la legge regionale che permette di posizionare, per tutto l'anno, le strutture turistico-ricreative, può produrre un danneggiamento, indiscriminato, del valore preminente connaturato al litus maris.

Il valore culturale dei beni ambientali e paesaggistici

In particolare, i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia siano considerati aree tutelate per legge ex art. 142, comma 1, lett. a), del D.Lgs. n. 42/2004 (Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio), rientrando, quindi, nella categoria dei beni paesaggistici di cui all’art. 136 del medesimo articolato normativo.

La scelta legislativa assegna, quindi, protezione giuridica ai territori costieri, preservandoli da possibili lesioni esteriori che possano intaccare non solo la dimensione naturalistica ma, altresì, collettiva e identitaria che caratterizza le coste.

Il paesaggio ha, quindi, un immanente valore culturale che emerge, del resto, dalla stessa disposizione di cui all’art. 9, comma 2, della Costituzione, ove l’espressione “della Nazione”, figura – come notato in dottrina – come specificazione speculare, connotativa sia in relazione al patrimonio storico e artistico che al paesaggio.

In queste coordinate generali rientrano, pertanto, anche le coste alle quali, come spiegato, la previsione di cui all’art. 142, comma 1, lett. a), del D.Lgs. n. 42/2004, assegna quel valore culturale immanente alla nozione giuridica di paesaggio e che costituisce, al contempo, la ragione fondante e il parametro della tutela. Il valore culturale del paesaggio costiero si afferma in considerazione della valenza identitaria che le coste assumono, quali parti della “forma” del Paese e testimonianze materiali della storia millenaria di una penisola che ha avuto nelle proprie coste il crocevia delle partenze, dei ritorni e degli approdi degli uomini e delle civiltà che hanno concorso a determinare l’identità della Nazione italiana.

Strutture balneari: ok alla realizzazione temporanea

Osserva, quindi, il Collegio come l’inserimento di strutture funzionali alla balneazione costituisca una modalità di utilizzo del bene paesaggistico che non può, tuttavia, tradursi nella deprivazione del valore naturalistico e culturale che deve essere preservato in modo prioritario. La conservazione della dimensione naturale e identitaria della costa costituisce, quindi, l’esigenza primaria con la quale devono coniugarsi le possibilità di sfruttamento per ragioni turistiche e ricreative, che sono, tuttavia, da considerarsi secondarie nel quadro assiologico che discende dalla Costituzione e dalle considerazioni in precedenza esposte.

In quest’ottica, la realizzazione di strutture funzionali alla balneazione costituisce un’eccezione rispetto alla primaria necessità di conservazione del sostrato materiale che si offre alla percezione umana, e che, ordinariamente, può ammettersi solo laddove temporalmente limitata alla specifica stagione della balneazione.

In sostanza, l’ordinamento ammette la realizzazione di tali strutture, ma l’interpretazione delle regole che abilitano simile possibilità non può non tener conto di come la stessa riguardi un bene paesaggistico che, pertanto, deve essere “restituito” nella sua dimensione naturale ed identitaria una volta che la stagione balneare sia terminata.

Il mantenimento delle strutture per l’intero anno solare, anche se consentito, deve, piuttosto, ritenersi eccezione limitata ai casi in cui tale possibilità non incida sulle ragioni del paesaggio costiero, come in precedenza delineate.

Alla luce di tali considerazioni, il Consiglio ha accolto il ricorso della Soprintendenza e rovesciato l’interpretazione della regola formulata dal Giudice di primo grado: la prescrizione imposta dalla Soprintendenza rappresenta una corretta applicazione dei principi e delle regole che tutelano e presidiano i paesaggi costieri, imponendo il mantenimento del loro assetto naturale al termine della stagione balneare.

La limitazione temporale mira a garantire che la compressione del valore primario sia limitata nel tempo, garantendo il ripristino della vocazione naturale e culturale del paesaggio costiero terminate le esigenze della stagione balneare. La valutazione di compatibilità delle opere mira, invece, a garantire che tali attrezzature, per quanto temporanee alla stagione balneare, non alterino, nel tempo in cui sono installate, il contesto paesaggistico di riferimento. Non è, quindi, asseribile una interferenza delle due valutazioni che comporti il venir meno della limitazione temporale per effetto del giudizio di compatibilità.

Al contrario, la pur sussistenza di una compatibilità non elide la necessità di rimuovere le opere consentendo al bene di riacquisire il suo assetto naturale.

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