Superbonus: occorre uno stacco netto con il passato

Il parere del Centro Studi CNI: basta divisioni e critiche sulla misura, se questo sistema di incentivi non va bene, il Governo ne proponga uno più efficiente

di Redazione tecnica - 22/12/2023

Tra gennaio e novembre 2023 la spesa per la riqualificazione energetica degli edifici con interventi Superbonus ha raggiunto 35,7 miliardi di euro ed è verosimile pensare che l’anno si chiuderà con la cifra di almeno 40 miliardi di euro. Un valore inferiore rispetto al 2022, ma di fatto molto consistente, che continua a suscitare preoccupazione nel Governo: la misura viene considerata sostanzialmente inefficace, con un impatto fortemente negativo in termini di disavanzo pubblico. 

E tra detrattori e sostenitori della misura, c'è chi chiede a gran voce di voltare pagina, per sostenere in maniera costruttiva la riqualificazione del patrimonio edilizio che sta diventando tema sempre più centrale, con la possibile approvazione definitiva della Direttiva Green.

Superbonus: cambiare volto al sistema degli incentivi alla ristrutturazione

A ribadirlo con forza è il CNI. Se dal 2020 ad oggi, il Superecobonus ha infatti generato una spesa di 98,1 miliardi di euro -  dato che non considera l’ammontare di spesa operata con Supersismabonus - secondo il Centro Studi solo nel 2023 la spesa per Super ecobonus ha attivato una produzione complessiva (diretta nel comparto dell’edilizia e indiretta, cioè in altri settori produttivi) di 84 miliardi di euro, coinvolgendo oltre 600mila unità di lavoro, di cui 400 mila direttamente coinvolte nel comparto delle costruzioni e dei servizi ingegneria e architettura (attività di progettazione, direzione lavori, asseverazione). Il contributo alla formazione del Pil, in termini di valore aggiunto, è stimato di poco superiore al 1%.

Il risparmio energetico realizzato fino ad oggi (dal 2020) attraverso la spesa con Super ecobonus è pari ad 1,3 miliardi di metri cubi di gas all’anno, pari a quasi il 50% dei minori consumi di gas previsti dal Governo la scorsa stagione invernale 2022-2023 per fare fronte alla crisi energetica. I metri quadrati di edifici residenziali coibentati sono il 4,5% del totale dei metri quadri presenti di costruito residenziale in Italia.

Il Governo ha più volte, e in maniera diversa, espresso forti perplessità sull’efficacia del sistema di incentivi fiscali, basandosi esclusivamente però su elementi contabili: in particolare per l'esecutivo si considera quasi insostenibile l’indebitamento a carico dello Stato determinato non solo dal consistente livello delle detrazioni (110% e 90% praticati finora) ma anche dal meccanismo di cessione del credito d’imposta.

Non si parla però mai di alcuni aspetti postitivi, ovvero:

  • il recupero parziale della spesa sotto forma di gettito fiscale (si stima che 91 miliardi di spesa per Super ecobonus totalizzati nel periodo 2020-2023, abbiano attivato un gettito fiscale di almeno 36 miliardi di euro)
  • la formazione del così detto extra gettito fiscale registrato in questi ultimi anni, che dovrebbe aver contribuito in buona misura anche il comparto delle costruzioni con i bonus di cui ha beneficiato;
  • gli incrementi occupazionali, dovrebbe aver contribuito anche il sistema dei Superbonus. Basti pensare che al momento il comparto delle costruzioni e quello dei servizi di ingegneria e architettura registrano livelli di disoccupazione inferiori a quelli frizionali proprio grazie al fenomeno espansivo che è stato innescato in un breve arco temporale;
  • i consistenti livelli di risparmio energetico attraverso gli investimenti pubblici di questi ultimi anni.

Quindi, se è vero che il livello di indebitamento generato dai bonus per l’edilizia è certo e preoccupante, gli effetti indotti sono tutti ancora da verificare.

Alla luce di questi dati, il Centro Studi CNI propone una cesura netta con l’esperienza condotta finora, evidenziando il carattere straodrinario e temporaneo di misure come il Superbonus, pensate per fare fronte alla fase di emergenza generata dal Covid e a cui, seconddo gli ingegneri, si sarebbe dovuto porre un limite già nel 2021.

Questo perché, se il Governo continua a considerare tali strumenti come misure inique ed inefficaci, sarà impossibile affrontare con serietà e serenità una sfida ancora più grande che riguarderà il sistematico risanamento energetico di gran parte del patrimonio residenziale, così come si profila ormai nella direttiva Green (per quanto uscita ridimensionata dall’ultimo trilogo).

Una ridefinizione dovuta al fatto che, a queste condizioni, continuerà ad esserci una totale chiusura dell’Esecutivo sul tema della ristrutturazione profonda degli edifici. Come spiega il CNI, occorre una visione nuova che il Governo non sembra voler approntare a causa di un debito da oltre 100 miliardi che, secondo recenti dichiarazioni, avrebbe condizionato l’attuazione di interventi socialmente più utili a parere dell’esecutivo.

La direttiva Green e la riqualificazione del patrimonio edilizio

Rispetto al testo originario, l’ultima versione della bozza della Direttiva Case Green sembra lasciare più flessibilità e margini di azione ai singoli Stati sulla definizione degli interventi sugli edifici più energivori, ma i tempi iniziano ad essere stretti e al momento manca ancora un vero piano di intervento.

Sul punto, il CNI ribadisce la vetustà di un patrimonio edilizio su cui occorrerebbe intervenire in modo radicale. In particolare il Centro Studi stima che gli alloggi (che non siano seconde case) nelle tre classi più energivore siano oltre 13 milioni: un numero enorme, che richiede tempi di realizzazione e cantierizzazione incredibilmente lunghi, oltre ad investimenti molto consistenti inaffrontabili solo dallo Stato e ancor meno dai soli proprietari di immobili.

Andrebbe quindi chiarito e definito il perimetro di intervento, stabilendo in maniera realistica cosa potere realizzare, in termini di ristrutturazione profonda, nei prossimi 15/20 anni e cercando di comprendere se sia possibile attivare uno strumento finanziario o un incentivo che allevi i costi che i singoli proprietari di immobili dovranno sostenere.

Secondo Angelo Domenico Perrini, presidente del CNI, è quindi arrivato "il momento di mettere un punto all’esperienza dei Superbonus e di passare ad un piano per il risanamento del patrimonio edilizio su basi totalmente nuove. La spesa per Super ecobonus continua a correre e il Governo continua a parlare di operazione fallimentare dagli effetti disastrosi sui conti pubblici”.

Perrini evidenzia che in questa situazione mancano le condizioni essenziali per affrontare un tema ancora più complesso come quello del sistematico risanamento energetico previsto dalle nuove norme europee, che dovrebbe impegnare il Paese intero almeno per i prossimi 15/20 anni, se non di più. “Nel 2024 i Superbonus funzioneranno con una detrazione al 70%; se però anche questa operazione deve sottostare alle critiche continue dell’Esecutivo, meglio sarebbe pensare sin da ora ad un piano alternativo, ad una moratoria dell’intervento per chiarire realisticamente cosa fare. Attendiamo un segnale in tal senso.”

Gli fa eco il consigliere CNI e presidente del Centro Studi CNI, Giuseppe Margiotta: “Già il Governo Draghi aveva manifestato perplessità sull’efficacia dei Superbonus e l’attuale Governo ha sostanzialmente rincarato la dose. La retorica del fallimento dei Superbonus, forse è anche comprensibile, ma francamente lascia il tempo che trova. Se l’Esecutivo è così convinto di tale tesi dovrebbe avere la capacità di proporre una sorta di exit strategy e far capire che per il futuro vi è un piano alternativo credibile. Anzi, vista la prospettiva adottata in sede europea, in cui la mitigazione della crisi climatica passa anche per il risanamento energetico degli edifici, con chiarezza bisognerebbe dire se c’è la volontà di investire in un piano organico di interventi sul patrimonio immobiliare. C’è un’idea su come affrontare il problema? Soprattutto, vi è la volontà di affrontarlo? Se il Governo affermasse che non è interessato all’argomento, forse sarebbe meglio che continuare con l’indeterminatezza che va avanti da almeno un anno.

Conclude Margiotta: "Criticare aspramente misure messe in campo da Governi passati forse è comprensibile, ma capire cosa fare nell’immediato futuro e compito di questo esecutivo. Le strutture di rappresentanza dei professionisti dell’area tecnica, che più hanno lavorato sul campo in questa materia, sono a disposizione per dare il proprio contributo: attendiamo che le Istituzioni prendano una posizione chiara".

Mettere quindi da parte i manicheismi che hanno caratterizzato gli ultimi 3 anni, mettendo sul tavolo una vera ipotesi organica su come affrontare concretamente questa sfida: "Il Governo, forse, farebbe bene ad istituire un tavolo tecnico che, in un arco temporale breve, chiarisca a tutti i termini del problema e verifichi la fattibilità o meno di un piano per le ristrutturazioni profonde degli edifici”.

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