Terzo condono edilizio e abusi in area vincolata: quali sono sanabili?

Il TAR ricorda le condizioni più stringenti imposte dalla legge n. 326/2003 rispetto alle normative precedenti. Vediamo di cosa si tratta

di Redazione tecnica - 21/03/2024

La realizzazione di nuovi volumi e superfici in aree vincolate, indipendentemente dalla data di imposizione del vincolo e dalla natura di vincolo assoluto o relativo alla inedificabilità, è estranea all’ambito di applicazione della disciplina dettata sul terzo condono, come risultante dal combinato disposto delle disposizioni della legge n. 326/2003 e della L.R. Lazio n. 12/2004.

Abusi edilizi in area vincolata: i limiti alla sanatoria

Sull’impossibilità di condonare i c.d. “abusi maggiori” in area vincolata è tornato a parlare il TAR Lazio con la sentenza dell’11 marzo 2024, n. 196, con la quale ha respinto il ricorso per l’annullamento del diniego opposto alla domanda di condono edilizio ai sensi della legge n. 326/2003 riguardante la costruzione di un fabbricato completamente ultimato.

Nelle more del procedimento era sopraggiunto il parere negativo della Soprintendenza sull’autorizzazione ai sensi dell’art. 146, comma 7, d.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio) in quanto le opere da sanare non rientravano tra le tipologie 4, 5 e 6 della L. 326/2003 per le quali era consentita la sanatoria in zone vincolate. Da qui il diniego di permesso in sanatoria da parte del Comune, che è stato impugnato perché secondo il ricorrente il manufatto era stato realizzato prima dell’imposizione del vincolo stesso, per cui poteva ottenere il titolo abilitativo.

Le disposizioni del Terzo Condono Edilizio

Spiega il Collegio che l’istanza di condono è stata presentata in base al regime del c.d. “terzo condono” disciplinato dall’art. 32 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (convertito in legge dalla L.326/2003) che ha fissato limiti più stringenti rispetto ai precedenti “primo e secondo condono”, di cui alle leggi 28 febbraio 1985, n. 47 e 23 dicembre 1994, n. 724.

In particolare, alla luce delle coordinate applicative del c.d. “terzo condono”, come attuato, in sede regionale, con la L.R. 8 novembre 2004, n. 12, solo determinate tipologie di interventi – c.d. abusi formali o minori – risultano condonabili se realizzati in aree sottoposte a vincolo.

La realizzazione di nuovi volumi e superfici in aree vincolate, indipendentemente dalla data di imposizione del vincolo e dalla natura di vincolo assoluto o relativo alla inedificabilità, è estranea all’ambito di applicazione della disciplina dettata sul terzo condono, come risultante dalla combinato disposto delle disposizioni della l. 326/2003 e della L.R. 12/2004 e come costantemente applicata dalla giurisprudenza amministrativa, nonché secondo le coordinate interpretative individuate dalla Corte Costituzionale, investita della verifica di tenuta costituzionale delle relative disposizioni.

Terzo condono edilizio: le opere sanabili in area vincolata

Alla luce dell’art. 32, commi 26 e 27, del d.l. 269/2003 e degli artt. 2 e 3, comma 1, lettera b), della L.R. n. 12/2004, possono ritenersi suscettibili di sanatoria, nelle aree soggette a vincoli, solo le opere di minore rilevanza, corrispondenti alle tipologie di illecito di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell’Allegato 1 del d.l. 269/2003, corrispondenti a opere di restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria, mentre per le altre tipologie di abusi interviene una preclusione legale alla sanabilità.

Più nel dettaglio, la giurisprudenza amministrativa ha ripetutamente affermato che “il condono previsto dall’art. 32 del decreto-legge n. 269 del 2003 (terzo condono edilizio) è applicabile esclusivamente agli interventi di minore rilevanza indicati ai numeri 4, 5 e 6 dell’allegato 1 del decreto (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria) e previo parere favorevole dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo. Non sono invece suscettibili di sanatoria le opere abusive di cui ai precedenti numeri 1, 2 e 3 del medesimo allegato, anche se l’area è sottoposta a vincolo di inedificabilità relativa e gli interventi risultano conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici”.

In sintesi le opere abusivamente realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli, fra cui quello ambientale e paesistico, sono sanabili solo se ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni:

  • si tratti di opere realizzate prima dell’imposizione del vincolo;
  • seppure realizzate in assenza o in difformità del titolo edilizio, le opere siano conformi alle prescrizioni urbanistiche;
  • si tratti di opere minori senza aumento di volume o superficie (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria);
  • vi sia il previo parere favorevole dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo.

Nel caso in esame, l’abuso rientra invece nella tipologia n. 1, trattandosi di un fabbricato composto da tre ambienti, completamente ultimato compreso impianto idraulico ed elettrico”, da qualificare come “abuso maggiore” essendo una nuova costruzione. L’abuso, proprio perché “maggiore” e incidente su area vincolata, non può essere condonato in ossequio al costante insegnamento giurisprudenziale, con conseguente piena legittimità del provvedimento di diniego impugnato.

Né, conclude il TAR si può dire che il provvedimento di diniego non sia motivato in quanto ha carattere vincolato, essendo ancorato a due specifici presupposti, ovvero l’esistenza del vincolo paesaggistico e l’incremento di superficie o volumetria, assolvendo così in pieno all’obbligo motivazionale sancito dall’art. 3 della L.241/1990.

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