Terzo condono edilizio: diniego valido anche senza preavviso di rigetto?

Il Consiglio di Stato si esprime sulla legittimità di un provvedimento di diniego di condono edilizio e successivo ordine di demolizione in assenza di preavviso di rigetto

di Gianluca Oreto - 16/09/2022

Quando si parla di edilizia e urbanistica esiste una sola certezza: nulla è come sembra. Tra una normativa ordinaria più o meno datata che si intreccia con disposizioni speciali a tempo e provvedimenti di varia natura, spesso sono i tribunali ad indirizzare l'operato di chi vuole oppure ha già avviato un intervento edilizio.

Condono edilizio e preavviso di rigetto: nuovo intervento del Consiglio di Stato

Se la materia riguarda il permesso di costruire in sanatoria, il condono edilizio e l'ordine di demolizione, la situazione si complica. Benché il d.P.R. n. 380/2001 si fregi del nome "Testo Unico Edilizia", in realtà di unico questa disposizione normativa non ha assolutamente nulla.

Lo dimostra, ancora una volta, il Consiglio di Stato che con la sentenza n. 7979 del 14 settembre 2022 ci consente di approfondire il procedimento che porta la pubblica amministrazione a denegare una richiesta di sanatoria edilizia tramite legge speciale (il condono) ed emettere, quindi, l'ordine di demolizione.

Il caso oggetto del nuovo intervento dei giudici di Palazzo Spada riguarda un'istanza di condono edilizio relativa al cambio di destinazione d’uso di un fabbricato da rurale in civile abitazione, con opere di ampliamento per la realizzazione di una camera da letto, di un ingresso e di un corpo di fabbrica seminterrato in area ricadente in zona P area a verde agricolo, in zona P.I. di protezione integrale del p.t.p. vigente. Istanza che il Comune respingeva, ordinando la demolizione delle opere.

Il ricorso

Dopo il ricorso in primo grado (non accolto), il ricorrente ha presentato appello rimarcando nuovamente le motivazione basate sull'assenza della comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza di condono ai sensi dell'art 10 bis della Legge n. 241/90. Secondo il TAR l’assenza del preavviso di rigetto non comporta l’illegittimità del diniego di condono né della successiva ordinanza di demolizione, in quanto tali procedimenti sono connotati da tratti di specialità che escludono l’applicabilità delle ordinarie garanzie procedimentali.

Secondo gli appellanti, invece, l’art 10 bis citato avrebbe una portata generale, applicabile anche ai procedimenti in questione e pertanto l'assenza del preavviso di rigetto comporterebbe l’illegittimità del diniego di condono nonché l’illegittimità derivata dell’ordinanza di demolizione.

Cosa prevede la norma

Prima di passare in rassegna le motivazioni dei giudici del Consiglio di Stato, facciamo un passo indietro e leggiamo insieme la norma in questione, ovvero l'art. 10-bis della Legge n. 241/1990 nella sua versione modificata per ultimo dall'art. 12, comma 1, lettera e), decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 (decreto Semplificazioni) convertito in legge n. 120 del 2020:

Nei procedimenti ad istanza di parte il responsabile del procedimento o l'autorità competente, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, comunica tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all'accoglimento della domanda. Entro il termine di dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, gli istanti hanno il diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni, eventualmente corredate da documenti. La comunicazione di cui al primo periodo sospende i termini di conclusione dei procedimenti, che ricominciano a decorrere dieci giorni dopo la presentazione delle osservazioni o, in mancanza delle stesse, dalla scadenza del termine di cui al secondo periodo. Qualora gli istanti abbiano presentato osservazioni, del loro eventuale mancato accoglimento il responsabile del procedimento o l’autorità competente sono tenuti a dare ragione nella motivazione del provvedimento finale di diniego indicando, se ve ne sono, i soli motivi ostativi ulteriori che sono conseguenza delle osservazioni. In caso di annullamento in giudizio del provvedimento così adottato, nell’esercitare nuovamente il suo potere l’amministrazione non può addurre per la prima volta motivi ostativi già emergenti dall’istruttoria del provvedimento annullato. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano alle procedure concorsuali e ai procedimenti in materia previdenziale e assistenziale sorti a seguito di istanza di parte e gestiti dagli enti previdenziali. Non possono essere addotti tra i motivi che ostano all'accoglimento della domanda inadempienze o ritardi attribuibili all'amministrazione.

La giurisprudenza consolidata

Prima di rispondere alle motivazioni del ricorrente, il Consiglio di Stato ha ammesso un principio consolidato della giurisprudenza per il quale:

L'istituto del preavviso di rigetto, stante la sua portata generale, trova applicazione anche nei procedimenti di sanatoria o di condono edilizio, con la conseguenza che deve ritenersi illegittimo il provvedimento di diniego dell'istanza di permesso in sanatoria che non sia stato preceduto dall'invio della comunicazione di cui all'art. 10-bis l. n. 241/1990 in quanto preclusivo per il soggetto interessato della piena partecipazione al procedimento e dunque della possibilità di un apporto collaborativo, capace di condurre ad una diversa conclusione della vicenda”.

In linea generale va ribadito che, a seguito delle modifiche introdotte dalla l. 11 febbraio 2005 n. 15, l'istituto del preavviso di rigetto di cui all'art. 10- bis, l. n. 241 del 1990 - introdotto dall'art. 6 della prima legge menzionata - stante la sua portata generale, trova applicazione anche nei procedimenti di sanatoria o di condono edilizio, con la conseguenza che deve ritenersi illegittimo il provvedimento di diniego dell'istanza di permesso in sanatoria che non sia stato preceduto dall'invio della comunicazione di cui al citato art. 10 bis in quanto preclusivo per il soggetto interessato della piena partecipazione al procedimento e dunque della possibilità di uno apporto collaborativo, capace di condurre ad una diversa conclusione della vicenda”.

La violazione del contraddittorio procedimentale è idonea ad inficiare la legittimità del provvedimento anche nei procedimenti vincolati, quale quello di sanatoria, quando il contraddittorio procedimentale con il privato interessato avrebbe potuto fornire all'Amministrazione elementi utili ai fini della decisione, ad esempio in ordine alla ricostruzione dei fatti o all'esatta interpretazione delle norme da applicare”.

Il preavviso di rigetto

Ciò premesso, il Consiglio di Stato ha rilevato che affinché la violazione dell’art 10 bis comporti l’illegittimità del provvedimento impugnato, il privato:

  • non può limitarsi a denunciare la lesione delle proprie garanzie partecipative;
  • è tenuto ad indicare gli elementi, fattuali o valutativi, che, se introdotti in fase procedimentale, avrebbero potuto influire sul contenuto finale del provvedimento.

La discriminante è proprio questa: se il privato non ha ricevuto il preavviso di rigetto e può dimostrare l'esistenza di motivazioni aggiuntive che, se introdotte, avrebbero potuto cambiare l'esito del procedimento, allora il provvedimento è illegittimo come tutti quelli che ne conseguono.

Nel caso di specie, se il privato avesse portato sul tavolo dei giudici elementi che avrebbero influito sull'esito finale del procedimento, allora il diniego di sanatoria e l'ordinanza di demolizione sarebbero stati illegittimi.

Procedimento amministrativo

I giudici hanno ricordato l’art. 21-octies della stessa Legge n. 241/90 che introduce un onere di allegazione e probatorio “rafforzato” a carico del privato che intende far valere la violazione dell’obbligo, per l’amministrazione, di comunicare preventivamente i motivi ostativi all’accoglimento di una istanza.

A tale affermazione conduce anche la constatazione che la norma, solo con riferimento alla violazione dell’obbligo di dare comunicazione dell’avvio di procedimento afferma che è l’amministrazione a dover dimostrare, in giudizio, che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso: dalla differente formulazione del primo e del secondo periodo dell’art. 21 octies, comma 2, si può quindi inferire che al giudice è consentito rilevare d’ufficio l’esistenza di circostanze che rendono “palese” che il provvedimento conclusivo del procedimento non avrebbe potuto avere un diverso contenuto, allo scopo di “paralizzare” le censure finalizzate a far valere violazione procedimentali, diverse dalla mancata comunicazione dell’avvio di procedimento.

La stessa giurisprudenza del Consiglio di Stato ha ritenuto che “L'applicazione del meccanismo sanante di cui all'art. 21 octies, comma 2, non è subordinata ad una eccezione di parte, piuttosto spetta al giudice valutare l'incidenza del vizio sul contenuto dispositivo del provvedimento, a prescindere dal comportamento processuale dell'Amministrazione”.

Nel caso oggetto della sentenza, gli appellanti non hanno contestato la descrizione delle opere abusive effettuata dall’Amministrazione né la relativa natura e qualificazione, e in generale non hanno indicato la benché minima ragione che avrebbe potuto condurre ad un provvedimento di diverso contenuto.

Così facendo, hanno omesso di assolvere all’onere probatorio imposto dall’art. 21 octies della Legge n. 241/90, rendendo possibile al Collegio di rilevare e valorizzare, ex officio, le circostanze che consentono di affermare che il provvedimento conclusivo non avrebbe potuto avere un diverso contenuto.

L'abuso edilizio in zona a vincolo paesaggistico

Entrando nel merito del ricorso, le opere di cui trattasi consistono in un ampliamento di 356 mc in zona soggetta a vincolo paesaggistico, ragione per cui gli appellanti hanno anche presentato istanza di rilascio di compatibilità paesaggistica ai sensi della L. n. 308/2004.

È pacifico anche il fatto che l’istanza di condono, il diniego del quale è impugnato nel presente giudizio, è stata presentata ai sensi del D.L. n. 269/2003, convertito nella L. n. 326/2003. Si tratta di circostanze che conducono ad affermare che il procedimento relativo alla domanda di condono non avrebbe potuto avere un esito differente dal diniego.

La giurisprudenza è ormai da tempo assestata nel senso che il condono edilizio di cui al D.L. n. 269/2003 (terzo condono edilizio) non è consentito se abbia ad oggetto “abusi maggiori” commessi in zona sottoposta, precedentemente alla realizzazione delle opere, a vincolo.

Il Consiglio di Stato ha più volte ribadito che secondo le previsioni di cui alla L. 326/2003, gli “abusi maggiori” non sono mai condonabili quando commessi in zona sottoposta a vincolo in epoca anteriore alla realizzazione delle opere, indipendentemente che si tratti di vincolo a inedificabilità assoluta o relativa: in tali situazioni, dunque, è inutile la richiesta del parere di compatibilità paesaggistico, posto che si versa in una situazione di divieto di condono stabilita dal legislatore. Da ciò discende che in presenza di interventi qualificabili come nuova costruzione e realizzati in area soggetta a vincoli paesaggistici, il diniego di sanatoria edilizia è atto dovuto ai sensi della l. 326/2003.

Conclusioni

Volendo concludere, il diniego di condono edilizio risulta esente da vizi e, di contro, anche l'assenza di preavviso di rigetto non risulta essere rilevante ai fini di una possibile riforma della decisione del Comune.

La denunciata violazione dell’art. 10 bis, della L. n. 241/90, rimane irrilevante, essendo palese, per la natura delle opere abusive descritte nell’ordinanza di demolizione, non contestata dagli appellanti, che il provvedimento non avrebbe potuto avere un contenuto differente.

Così è deciso, l'udienza è tolta.

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