Terzo condono edilizio, impossibile chiedere la sanatoria su nuove costruzioni

TAR Lazio: ai sensi della legge n. 326/2003, l’aumento di volume e superficie non è un intervento condonabile, tanto più se in area sottoposta a vincolo

di Redazione tecnica - 06/10/2022

Una nuova costruzione in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, realizzata senza alcun titolo abilitativo non è condonabile, ai sensi della legge n. 326/2003. Lo ribadisce il TAR Lazio con la sentenza n. 12368/2022, con cui ha confermato il rigetto di un’istanza di condono, motivato appunto sulla base di quando previsto dalla legge sul Terzo Condono Edilizio e dalla legge regionale del Lazio n. 12/2004.

Nuova costruzione e terzo condono edilizio: la sentenza del TAR

Nel giudicare il caso, il TAR ha specificato i presupposti fondanti la normativa del terzo condono che, per la realizzazione di nuovi volumi e superfici in aree vincolate, indipendentemente dalla data di imposizione del vincolo e dalla natura di vincolo assoluto o relativo alla edificabilità, ha una portata più restrittiva rispetto a quella dettata dalla legge n. 47/1985 e da quella inerente di cui alla legge n. 724/1994.

In particolare va rilevato che, sulla base delle previsioni dettate dall’art. 32, commi 26 e 27, del decreto legge n. 269/2003 e dagli artt. 2 e 3, comma 1, lettera b), della legge regionale del Lazio n. 12 del 2004, possono ritenersi suscettibili di sanatoria, nelle aree soggette a vincoli, solo le opere di minore rilevanza, corrispondenti alle tipologie di illecito di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell'Allegato 1 del decreto legge n. 269 del 2003, corrispondenti a opere di restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria, mentre per le altre tipologie di abusi interviene una preclusione legale alla sanabilità delle opere abusive.

Rispetto alle precedenti discipline sul condono, quello introdotto con il decreto legge n. 269 del 2003 risulta quindi avere un ambito applicativo più ristretto, in quanto:

  • al comma 25, relativamente alle nuove costruzioni residenziali, impone un limite complessivo di cubatura;
  • definisce analiticamente le tipologie di abusi condonabili (comma 26 e Allegato 1),
  • introduce alcuni nuovi limiti all'applicabilità del condono (comma 27), che si aggiungono a quanto previsto negli artt. 32 e 33 della legge n. 47 del 1985.

La norma statale di cui all’art. 32, comma 27, del decreto legge n. 269 del 2003, è chiara nell’indicare come ostativa alla possibilità di rilascio del condono la realizzazione di opere recanti nuove superfici e nuovi volumi – quale quella in esame - su aree soggette a vincoli posti a tutela dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali, qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, declinando la condonabilità degli abusi su aree vincolate in ragione della loro tipologia.

E in senso ancor più restrittivo è intervenuta la l.r. Lazio n. 12 del 2004, la quale, all’art. 3, comma 1, lettera b), prevede la non sanabilità delle opere realizzate, anche prima della apposizione del vincolo, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela dei monumenti naturali, dei siti di importanza comunitaria e delle zone a protezione speciale, non ricadenti all'interno dei piani urbanistici attuativi vigenti, nonché a tutela dei parchi e delle aree naturali protette nazionali, regionali e provinciali.

Mentre, quindi, per la legge nazionale assumono rilievo, ai fini della condonabilità delle opere:

  • la data di apposizione del vincolo, che deve essere successiva rispetto alla data di realizzazione delle opere abusive;
  • la conformità alle norme e agli strumenti urbanistici,

per la legge regionale è irrilevante che il vincolo sia stato apposto in data successiva alla realizzazione delle opere abusive, essendo le stesse - in relazione a talune tipologie di interventi - ritenute comunque non condonabili anche se realizzate prima della apposizione di vincoli.

Ne consegue che, alla luce delle illustrate disposizioni della legge statale, da coniugarsi con gli artt. 2 e 3, comma 1, lettera b), della legge regionale del Lazio n.12 del 2004, possono ritenersi suscettibili di sanatoria, nelle aree soggette a vincoli, solo le opere di minore rilevanza, corrispondenti alle tipologie di illecito di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell'allegato 1 del decreto legge n. 269 del 2003, corrispondenti a opere di restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria, mentre per le altre tipologie di abusi la loro sanabilità risulta preclusa ex lege.

Casi in cui è possibile ottenere il condono

Ai sensi dell'art. 32 comma 27 lett. d) del decreto legge sul terzo condono sono sanabili le opere abusivamente realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli, fra cui quello ambientale e paesistico, solo se ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni:

  • a) si tratti di opere realizzate prima della imposizione del vincolo;
  • b) seppure realizzate in assenza o in difformità del titolo edilizio, siano conformi alle prescrizioni urbanistiche;
  • c) siano opere minori senza aumento di superficie (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria, essendo nelle zone sottoposte a vincolo paesistico, sia esso assoluto o relativo, consentita la sanatoria dei soli abusi formali);
  • d) che vi sia il previo parere dell'Autorità preposta al vincolo", in relazione, ovviamente, alle sole opere minori ammissibili al condono.

A fronte di tale ricostruzione dell’ambito di applicabilità del terzo condono, emerge chiaramente che la costruzione di una casa, in quanto comportante aumento di superficie e di volume in area sottoposta a vincoli, risulta ex lege non condonabile.

Nessun condono nemmeno per vincoli a carattere relativo

Anche vincoli di carattere relativo, se comportanti la creazione di nuove superfici e nuovi volumi, precludono il condono, senza necessità dell’acquisizione – contrariamente a quanto affermato da parte ricorrente – del parere di compatibilità paesaggistica, trattandosi di opzione interpretativa confliggente con il dato letterale della disciplina di cui alla legge n. 326 del 2003 e della legge regionale n. 12 del 2004.

Ne consegue che, venendo in rilievo una ipotesi di preclusione normativa al condono per determinate tipologie di opere, in cui rientra quella in esame, non vi è alcuna necessità di procedere all’accertamento di compatibilità delle opere con il vincolo paesaggistico tramite acquisizione del parere, trattandosi di attività inutile in quanto in alcun modo idonea ad incidere sul regime di non condonabilità ex lege delle opere, essendo la riconducibilità degli abusi a determinate tipologie di opere dichiarate non condonabili e la loro insistenza in aree vincolate circostanze di per sé ostative al condono, il che rende irrilevante l’accertamento in concreto circa la loro compatibilità con i vincoli.

Non possono, infatti, essere sanate quelle opere che hanno comportato la realizzazione di nuove superfici e nuova volumetria in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, sia esso di natura relativa o assoluta, o comunque di inedificabilità, anche relativa, posto che 

Impossibile la formazione del silenzio assenso

Allo stesso modo non può formarsi il silenzio assenso sull’istanza di condono in un momento anteriore all’apposizione del vincolo: la rilevata preclusione normativa alla condonabilità dell’opera in questione impedisce che la formazione del provvedimento favorevole possa intervenire a seguito del mero decorso del tempo, stante la radicale assenza dei presupposti e dei requisiti per il condono.

Come evidenziato, infatti, dalla costante giurisprudenza amministrativa, la formazione del silenzio - assenso sulle istanze dei privati postula che l'istanza sia assistita da tutti i presupposti di legge, non determinandosi ope legis l'accoglimento della richiesta ogni qualvolta manchino i presupposti di fatto e di diritto previsti dalla norma, non potendo l'eventuale inerzia dell'amministrazione nel provvedere sull'istanza di avvio del procedimento far conseguire agli interessati un risultato che gli stessi non potrebbero mai conseguire in virtù di un provvedimento espresso.

Il ricorso è stato quindi respinto, per mancanza di presupposti per il condono: una nuova costruzione crea nuovi volumi e superfici e rientra fra gli abusi maggiori, tanto più se in zona sottoposta a vincolo.

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