Terzo condono edilizio: niente sanatoria per nuove costruzioni

Consiglio di Stato: superfluo il parere di compatibilità paesaggistico se l'abuso configura una nuova costruzione realizzata in area vincolata

di Redazione tecnica - 17/02/2024

La mancata emissione del parere di compatibilità paesaggistica da parte dell'autorità competente non rende illegittimo il successivo diniego di condono, qualora già in fase preliminare si accerti l’impossibilità di ottenere un esito positivo alla pratica, perché ad esempio relativa a una nuova costruzione in area vincolata.

Terzo Condono Edilizio: parere di compatibilità paesaggistica inutile se si tratta di nuove costruzioni

Lo specifica il Consiglio di Stato con la sentenza del 9 febbraio 2024, n. 1312, con la quale ha respinto l’appello proposto contro il diniego di sanatoria ai sensi della legge n. 326/2003 (c.d. "Terzo Condono Edilizio"), di un manufatto abusivo realizzato su un terrazzo.

Secondo l’appellante, il Comune non aveva considerato che il provvedimento di rigetto non si era neppure basato, come prescritto dalla legge, (commi 4 e 6 del d.lgs. n. 42 del 2004) su un autonomo parere paesaggistico; inoltre era da ritenere errata l’interpretazione della legge n. 326 del 2003 per cui andava esclusa la condonabilità del manufatto realizzato su un’area soggetta a vincoli paesaggistici di inedificabilità relativa e non assoluta.

Palazzo Spada ha specificato che le opere in questione, comportando un aumento di volumetria, sia pure di modesta entità, non avrebbero mai potuto essere ricomprese tra quelle suscettibili di sanatoria. 

Abusi edilizi in zona vincolata: quando sono sanabili?

Come evidenziato dalla costante giurisprudenza, ai sensi dell’art. 32, comma 27, lett. d), d.l. n. 269 del 2003, le opere abusivamente realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli, fra cui quello ambientale e paesistico come quelli di specie, sono infatti sanabili solo se ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni:

  • a) si tratta di opere realizzate prima della imposizione del vincolo;
  • b) seppure realizzate in assenza o in difformità del titolo edilizio, sono conformi alle prescrizioni urbanistiche;
  • c) sono opere minori senza aumento di superficie (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria);
  • d) vi sia il previo parere dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo.

Ciò esclude a priori la sanatoria di opere consistenti nella realizzazione di nuove superfici e nuova volumetria in area assoggettata a vincolo paesaggistico, sia esso di natura assoluta o relativa, o comunque di inedificabilità, anche relativa.

Ok al diniego di condono anche senza parere di compatibilità

Non sono nemmeno condivisibili, continuano i giudici d’appello, le ipotesi di pretesa violazione del procedimento previsto dal d.lgs. 42 del 2004 e alla mancata emissione, prima dell’adozione del diniego di condono, di uno specifico parere paesaggistico da parte dell’autorità competente.

Sul punto, lo stesso Consiglio ha spiegato che laddove l’intervento per il quale è richiesto il titolo sia precluso in assoluto nell’area di riferimento, il procedimento debba arrestarsi ad una fase preliminare rispetto al vero e proprio giudizio di compatibilità paesaggistica: «invero il senso fatto proprio dal tenore letterale delle parole, che impone “gli accertamenti del caso” in funzione del rispetto della regolamentazione vincolistica, implica innanzi tutto uno screening preventivo destinato a sfociare in un immediato rigetto laddove più approfondite valutazioni di merito si palesino del tutto superflue, per la radicale inammissibilità tipologica dell’attività edilizia: ciò del resto risponde a elementari ragioni di economia procedimentale che impongono di non onerare inutilmente la Soprintendenza di un’attività priva di qualsiasi utilità, allorquando non sussista alcuna possibilità di realizzare alcunché».

Da qui l’assenza di qualsiasi violazione procedimentale, nonché di qualunque sacrificio delle garanzie partecipative del privato richiedente la sanatoria, motivo per cui il ricorso è stato respinto, confermando la piena legittimità del diniego di sanatoria.

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