Terzo condono edilizio su immobili vincolati: le condizioni per la sanatoria

Il Consiglio di Stato ricorda che il parere dell’Autorità preposta al vincolo è imprescindibile per ottenere il condono, anche in relazione al silenzio assenso

di Redazione tecnica - 11/11/2022

Un edificio sottoposto a vincolo non può essere sanato, men che meno tramite silenzio assenso sull’istanza di condono, se non si è in possesso del parere della Soprintendenza. Lo ricorda il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 9805/2022, con la quale ha respinto l’appello proposto contro il diniego di sanatoria e l’ordine di demolizione impartito da un’Amministrazione comunale e che erano stati confermati dal TAR.

Condono edilizio e immobili vincolati: il silenzio assenso per la sanatoria

I fatti riguardano un immobile sul quale erano state presentate cinque istanze di condono, con un ampliamento volumetrico di oltre 1000 metri cubi, realizzati senza titolo edilizio. Come ha spiegato il TAR, non sussistevano le condizioni previste dall’art. 6, comma 3, della l.r. Lazio n. 12 del 2004 per la formazione del “silenzio assenso”, atteso che il comma 27 dell’art. 32 del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito in legge n. 326/2003 (cd. Terzo Condono Edilizio), prevede espressamente che, «fermo restando quanto previsto dagli articoli 32 e 33 della legge n. 28 febbraio 1985, n. 47», «non sono comunque suscettibili di sanatoria», tra le altre, le opere abusive «realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e della falde acquifere, dei beni ambientali e paesaggistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici».

Se è stata riconosciuta la possibilità di sanare, in virtù delle prescrizioni che disciplinano il c.d. terzo condono edilizio, “opere edilizie” che risultino essere state realizzate, come in questo caso, in epoca antecedente all’introduzione del vincolo, è sempre però nel rispetto della prescrizione dell’art. 32 della legge n. 47/1985, ai sensi del quale «il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo».

Sul punto, la giurisprudenza ha più volte affermato l’impossibilità di configurare il silenzio assenso in caso di abusi edilizi commessi su aree soggette a vincolo o, meglio che - essendo la formazione del silenzio assenso subordinata al parere favorevole dell’autorità preposta alla tutela del vincolo – il termine prescritto non può che iniziare a decorrere dalla data di acquisizione di detto parere, tenuto conto, tra l’altro, del carattere prevalente che rivestono le ragioni di tutela paesaggistica e ambientale.

Ciò significa che:

  • il termine di decorrenza del silenzio assenso non può prescindere dalla presentazione della documentazione “completa”, così come prescritta nelle previsioni di legge;
  • nel caso in cui l’opera interessata dalla trasformazione edilizia sia sottoposta a vincolo, la decorrenza di cui si discute è strettamente dipendente dal rilascio del parere favorevole dell’autorità preposta alla tutela del vincolo.

Prescindendo quindi dalla sanabilità o meno degli abusi, il silenzio assenso non poteva formarsi perché non era stato rilasciato il parere dell’Amministrazione preposta al vincolo, condizione ritenuta utile e necessaria per la decorrenza del termine in questione.

Superamento dei limiti volumetrici

Inoltre il superamento degli eventuali limiti volumetrici prescritti dalla legge (quali il 20% della volumetria originaria o, in alternativa, il superamento di 200 metri cubi, contemplati dall’art. 2, comma 1, lett. a, della l.r. Lazio n. 12 del 2004) rappresenta un elemento ostativo di per sé al formarsi di un tacito accoglimento della domanda di condono e idoneo a rendere l’opera effettivamente non sanabile.

L’introduzione di limiti afferenti alla previsione di una determinata cubatura, costituiscono espressione della chiara volontà del legislatore di porre un limite cogente ed inderogabile, di carattere generale, alla sanabilità degli abusi edilizi, motivo per cui, la legge regionale, nella parte in cui stabilisce il limite di volumetria di mc. 200 assoggettabile a sanatoria - deve intendersi come norma di chiusura avente portata inderogabile.

La sentenza del Consiglio di Stato

Palazzo Spada ha confermato su tutti i fronti l’orientamento del giudice di primo grado. In particolare, è stato specificato che l'esistenza del vincolo va dunque valutata al momento dell'esame della domanda di condono, con il risultato che, se non sussistono le condizioni di rispetto della normativa vincolistica in quel momento, il titolo in sanatoria non può essere assentito, anche se in ipotesi l'edificazione rispettava tale normativa al momento della sua realizzazione senza autorizzazione.

L'obbligo di acquisire il parere dell'autorità preposta al vincolo in sede di rilascio dell'autorizzazione in sanatoria, ai sensi dell'art. 32 della legge n. 47 del 1985, sussiste in relazione all'esistenza dello stesso al momento in cui deve essere valutata la domanda di condono, a prescindere dall'epoca della sua introduzione, quindi anche per opere eseguite prima dell'apposizione del vincolo di cui trattasi.

In questo caso, anche se il vincolo è stato apposto successivamente alla realizzazione degli abusi, il condono non poteva perfezionarsi, neanche nella forma del silenzio assenso, per la mancanza del parere dell’autorità preposta al vincolo: il procedimento di condono si perfeziona solo in presenza di un parere esplicito rilasciato dall’autorità preposto al vincolo interpellata specificamente in relazione allo specifico abuso. Esso non può essere sostituito né da determinazioni implicite né da documenti adottati per finalità diverse.

Terzo condono edilizio e cubatura

L’art. 2 l.r. Lazio 12/2004 dispone che: «Sono suscettibili di sanatoria, purché siano state ultimate ai sensi dell’articolo 31, secondo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie) e successive modifiche, entro il 31 marzo 2003, le seguenti opere abusive: a) opere realizzate in assenza del o in difformità dal titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici approvati o adottati al 31 marzo 2003, che non abbiano comportato un ampliamento del manufatto superiore al venti per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, superiore a 200 metri cubi».

Al riguardo, come noto, la legislazione statale 269/2003 ha stabilito, quanto segue:

  • «25. Le disposizioni di cui ai capi IV e V della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni e integrazioni, come ulteriormente modificate dall'articolo 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e successive modificazioni e integrazioni, nonché dal presente articolo, si applicano alle opere abusive che risultino ultimate entro il 31 marzo 2003 e che non abbiano comportato ampliamento del manufatto superiore al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento superiore a 750 mc. Le suddette disposizioni trovano altresì applicazione alle opere abusive realizzate nel termine di cui sopra relative a nuove costruzioni residenziali non superiori a 750 mc per singola richiesta di titolo abilitativo edilizio in sanatoria, a condizione che la nuova costruzione non superi complessivamente i 3.000 metri cubi.
  • 26. Sono suscettibili di sanatoria edilizia le tipologie di illecito di cui all'allegato 1: a) numeri da 1 a 3, nell'ambito dell'intero territorio nazionale, fermo restando quanto previsto alla lettera e) del comma 27 del presente articolo, nonché 4, 5 e 6 nell'ambito degli immobili soggetti a vincolo di cui all'articolo 32 della legge 28 febbraio 1985, n. 47; b) numeri 4, 5 e 6, nelle aree non soggette ai vincoli di cui all'articolo 32 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, in attuazione di legge regionale, da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con la quale è determinata la possibilità, le condizioni e le modalità per l'ammissibilità a sanatoria di tali tipologie di abuso edilizio».

Di conseguenza i limiti di cubatura complessivi non dovevano eccedere il 30% dell’edificio, né superare i 750 metri cubi, cifra ampiamente disattesa.

L'appello è stato quindi respinto, confermando l'impossibilità di condonare gli abusi in assenza del parere della Soprinetndenza sull'edificio sottoposto a vincolo.

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