Testo Unico Edilizia e Codice dei beni culturali: al lavoro per la riforma

Nell'agenda del Governo la revisione del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) e del d.Lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio)

di Gianluca Oreto - 12/06/2023

Se ne parla ormai anni ma questo potrebbe essere quello giusto per la riforma del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia). Ad anticiparlo è stato il Ministro delle infrastrutture, Matteo Salvini, nel corso della giornata organizzata dall'Ordine degli Architetti PPC di Roma e dedicata al ruolo sociale dei professionisti.

Testo Unico Edilizia: riforma necessaria

"Vi invito tra la fine di giugno e la prima metà di luglio come Ordine degli Architetti qui al ministero, perché stiamo lavorando al testo unico dell’edilizia e so che vi riguarda personalmente, direttamente e professionalmente". Queste le parole del Ministro Salvini che ha invitato l’Ordine degli Architetti di Roma al ministero per ricevere "proposte, suggestioni e riflessioni".

Si parla di riforma del Testo Unico Edilizia almeno dal 2020 dopo la redazione di una bozza predisposta da un tavolo tecnico istituito presso il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici (che non ha portato ad alcun risultato) e dopo la predisposizione di una nuova commissione di esperti da parte del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili (MiMS) che con Decreto n. 441 dell'11 novembre 2021 aveva dato mandato di lavorare ad una riforma della normativa nazionale in materia di pianificazione del territorio, standard urbanistici e in materia edilizia.

Un mandato che aveva prodotto due disegni di legge:

  • il primo che non avrebbe previsto alcuna riforma organica del d.P.R. n. 380/2001 ma solo un nuovo nutrito pacchetto di modifiche;
  • il secondo, sotto la rubrica “Principi fondamentali e norme generali in materia di governo del territorio”, che avrebbe avuto l’obiettivo di realizzare una riforma complessiva della legislazione statale in materia di pianificazione urbanistica e governo del territorio.

Da quel momento non si è più parlato di nulla fino a pochi giorni fa con le dichiarazioni del Ministro delle Infrastrutture che lascerebbero intendere la volontà di replicare il modello "Codice dei contratti" prevedendo prima una legge delega e poi un Decreto Legislativo di riforma del d.P.R. n. 380/2001.

Riforma Codice dei beni culturali

Parallelamente, durante l'evento organizzato dagli architetti romani, è emersa la volontà di mettere mano al Decreto Legislativo n. 42 del 2004, il Codice dei beni culturali e del paesaggio. In questo caso ad annunciarlo è stato Gerardo Villanacci, presidente del Consiglio superiore Beni culturali e paesaggistici, che ha affermato "La funzione della cultura non può essere solo, come è successo in tempi passati, quella di tutelare meramente il nostro patrimonio, sarebbe regressiva come posizione. Bisogna, invece, promuovere il nostro patrimonio senza avere paura che questo implichi una maggiore e più attuale rivisitazione delle disposizioni".

"Ormai, e questo è il mio pensiero - continua Villanacci - è anacronistico distinguere il pubblico dal privato, una distinzione che non ha più nessun senso di esistere e che invece deve essere recuperata. Queste due funzioni, quella svolta dal privato e quella svolta dal pubblico, non sono dicotomiche ma complementari. In questo credo che il punto di coesione siate in larga parte voi".

Conclusioni

Definizione degli interventi, regimi edilizi, gestione delle difformità, abusi, sanatoria, doppia conformità, vincoli, autorizzazione sismica... Tutti temi su cui si dovrà fare una seria riflessione che possa prendere in considerazione lo stato dell'arte dei territori italiani, il lavoro dei tecnici e gli interventi della giustizia (TAR, Consiglio di Stato, Cassazione e Corte Costituzionale) intasati nell'ultimo ventennio da troppe "quisquilie" cui si farebbe volentieri a meno.

Si attende, dunque, una stagione di riforme in campo edilizio sulla quale si spera un serio coinvolgimento di tutta l'area tecnica composta da professionisti e imprese che non dovranno solo fare "proposte, suggestioni e riflessioni" ma partecipare attivamente alla redazione di due norme fondamentali per lo sviluppo del Paese, che si spera potranno essere stabili per almeno un quinquennio (di più forse è chiedere troppo!).

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