Tettoie e portici, occhio alla consistenza e all’impatto edilizio

La realizzazione di una tettoia e di un portico possono configurarsi ristrutturazione edilizia leggera o pesante? Risponde il TAR

di Redazione tecnica - 27/09/2022

Tettoie, portici, verande, pergolati, pergotende sono elementi costruttivi diversi che hanno in comune almeno un aspetto: la difficoltà di inquadramento in una norma che possa automaticamente definire il relativo regime edilizio e, di conseguenza, gli eventuali titoli abilitativi.

Tettoie e portici: nuova sentenza del TAR

Lo dimostrano le migliaia di sentenze di ogni ordine e grado che dall’entrata in vigore del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizio) hanno provato con estrema difficoltà a chiarire i contorni di un disegno che negli anni è stato ripetutamente mutato ed in cui non aiutano i recepimenti regionali.

L’ultimo esempio ci viene offerto dal Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio con la sentenza n. 11999/2022 che tratta alcuni casi tipo di realizzazione in zona gravata da vincoli archeologico, paesaggistico e di parco:

  • di un ampliamento di 9 mq. al piano terra mediante chiusura di un portico;
  • una tettoia di 30 mq;
  • di una pensilina in legno di 5 mq sorretta da pilastri in muratura;
  • di un portico in muratura di 15 mq coperto da una tettoia di legno di 50 mq;
  • della chiusura di due finestre e di un’apertura di una nuova finestra al piano seminterrato, dell’apertura di un nuovo ingresso pedonale sul retro del fabbricato e dello spostamento del precedente ingresso pedonale.

Il ricorso

Secondo il ricorrente l’ordinanza di demolizione sarebbe illegittima per violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 10 e 34 del d.p.r. n. 380/01 e artt. 16 e 17 della Legge della Regione Lazio n. 15/08 nonché delle circolari ivi indicate in quanto per la realizzazione della tettoia e del portico, costituenti opere pertinenziali o, al più, di ristrutturazione edilizia leggera, e della pensilina, mera opera di arredo, e per l’apertura di un passaggio pedonale non sarebbe necessario il permesso di costruire ma una semplice DIA (Denuncia di Inizio Attività) per la quale, in caso di mancata presentazione, scatterebbe solo una sanzione pecuniaria.

Tettoie e portici: consistenza e impatto edilizio

Il TAR, invece, ha confermato che le tettoie ed il portico realizzati, per la loro significativa consistenza ed il conseguente impatto edilizio, sono qualificabili, ai sensi degli artt. 3 comma 1 lettera d) e 10 comma 1 lettera c) d.p.r. n. 380/01, nella versione vigente alla data di adozione del provvedimento impugnato, come interventi di ristrutturazione edilizia “pesante” perché hanno comportato la modifica di prospetto e sagoma per altro su immobili vincolati.

Ad analoga conclusione deve pervenirsi in riferimento all’apertura del passaggio pedonale lungo il muro perimetrale e alla pensilina in riferimento alla quale il carattere di mero elemento di arredo è da escludersi per le non modeste dimensioni e la consistenza edilizia del manufatto (che è sorretto da pilastri in muratura).

Alla luce delle suddette considerazioni, tutti i manufatti avrebbero richiesto di permesso di costruire o dia sostitutiva (SCIA alternativa a PdC) ai sensi dell’art. 23 d.p.r. n. 380/01 la cui mancanza legittima la sanzione demolitoria prevista dagli artt. 33 d.p.r. n. 380/01 e 16 l. r. n. 15/08.

Chiusura del portico

Relativamente alla chiusura del portico, secondo il ricorrente questa non avrebbe comportato l’ampliamento di superficie utile dal momento che l’area era già in precedenza chiusa su tre lati e posta all’interno della sagoma dell’edificio.

Anche in questo caso il TAR non ha accolto la tesi ricorrente rilevando che la totale chiusura del portico e la sua annessione all’abitazione determina, rispetto al precedente organismo edilizio, un aumento di volumetria ad uso abitativo che, ai sensi dell’art. 10 comma 1 lettera c) d.p.r. n. 380/01, costituisce intervento di ristrutturazione edilizia “pesante” e, pertanto, avrebbe dovuto essere assentito con permesso di costruire o dia sostitutiva (SCIA alternativa a PdC).

Apertura e chiusura finestre

Per quel che riguarda l’apertura e la chiusura delle finestre, secondo il ricorrente queste sarebbero state realizzate in sede di costruzione del fabbricato e, comunque, rientrerebbero nel concetto di tolleranza edilizia ex art. 34 comma 2 ter d.p.r. n. 380/01 e, in ogni caso, si tratterebbe di interventi assentibili con dia semplice ex art. 22 d.p.r. n. 380/01.

Secondo il TAR, invece, l’apertura e chiusura delle finestre comporta la modifica del prospetto dell’edificio che, secondo quanto previsto dall’art. 10 comma 1 lettera c) d.p.r. n. 380/01 nella versione applicabile ratione temporis, costituisce intervento di ristrutturazione edilizia “pesante” assentibile con permesso di costruire o con dia sostitutiva ex art. 23 d.p.r. n. 380/01.

La responsabilità dell’abuso

Irrilevante, poi, è la prospettata estraneità alla realizzazione dell’abuso posto che l’ordinanza di demolizione ex art. 33 d.p.r. n. 380/01 è legittimamente emessa nei confronti del proprietario del bene il quale, proprio in virtù del rapporto dominicale che lo lega al manufatto abusivo, è obbligato ad eseguire il ripristino facendo salvi i rapporti interni con il responsabile dell’abuso.

Né nella fattispecie è applicabile il disposto dell’art. 34 comma 2 ter d.p.r. n. 380/01 in quanto, a prescindere dalla mancata prova della realizzazione dell’abuso in epoca coeva alla costruzione del manufatto, non risultano ricorrere i presupposti applicativi della disposizione che faceva riferimento alle sole modifiche di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta contenute nel limite del 2% delle misure progettuali.

Fiscalizzazione dell’abuso e tempi per eseguire la demolizione

Ultimi interessanti punti trattati dal TAR riguardano:

  • la mancata valutazione in ordine all’eseguibilità tecnica del ripristino e al contemperamento degli interessi che verrebbero in rilievo nella fattispecie;
  • l’eccessiva brevità del termine concesso per la demolizione, inferiore a quello necessario per impugnare il provvedimento;
  • la mancata evasione dell’istanza diretta ad ottenere la sanatoria conseguibile con il mero pagamento della sanzione pecuniaria.

Relativamente al primo e al terzo punto il TAR afferma che la disciplina vigente non impone all’amministrazione preposta alla repressione degli abusi edilizi di valutare, prima dell’adozione del provvedimento di demolizione e ripristino, l’eseguibilità delle prescrizioni ivi contenute trattandosi di aspetto che potrà essere fatto valere successivamente dall’interessato quale circostanza impeditiva della demolizione.

In riferimento al tempo concesso per la demolizione, secondo il TAR questo sarebbe coerente con l’adempimento richiesto ai ricorrenti i quali, per altro, non risultano nella fattispecie avere presentato istanza di sanatoria, fermo restando che, come già detto, per la realizzazione degli interventi sarebbe stato necessario il permesso di costruire e non la dia semplice.

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