La rubrica di Lino Bellagamba: Locazione finanziaria e concessione di lavori pubblici: aspetti comuni, differenze, criticità

Sulla finanza di progetto nel settore dei lavori pubblici, così si esprime Corte dei Conti, sez. reg. controllo Emilia Romagna, deliberazione 19 gennaio 20...

12/03/2012
Sulla finanza di progetto nel settore dei lavori pubblici, così si esprime Corte dei Conti, sez. reg. controllo Emilia Romagna, deliberazione 19 gennaio 2012, n. 5:

«La tipologia di opere finanziabili mediante l'istituto in argomento è (...) da considerarsi (...) limitata alle sole c.d. "opere calde": ciò, conseguentemente al carattere self-liquidating dell'opera, o del servizio, che deve avere l'attitudine ad autofinanziarsi. L'oggetto è quindi costituito da opere alle quali è possibile applicare un prezzo del servizio, come controprestazione che è tenuto a corrispondere l'utente, tali da generare un flusso di cassa in grado di consentire il rimborso dei finanziamenti ottenuti. Restano escluse le c.d. "opere fredde", in cui la funzione sociale è assolutamente predominante e, rispetto alle quali, le eventuali tariffe non sono in grado di coprire i costi.
La destinazione della finanza di progetto alle opere calde è riconosciuta indirettamente dal legislatore il quale, nel disciplinare la programmazione triennale, all'art. 128 del codice dei contratti pubblici, prescrive che "le amministrazioni aggiudicatrici individuano con priorità i bisogni che possono essere soddisfatti tramite la realizzazione di lavori finanziabili con capitali privati, in quanto suscettibili di gestione economica", in tal modo escludendo le opere fredde».

Va affermato, al contrario, che non è affatto secundum legem che le opere fredde siano escluse dall'ambito della finanza di progetto. Appare significativo, del resto, che la deliberazione della Corte non menzioni il comma 9 dell'art. 143 del codice dei contratti, che proprio le prevede:  «Le amministrazioni aggiudicatrici possono affidare in concessione opere destinate alla utilizzazione diretta della pubblica amministrazione, in quanto funzionali alla gestione di servizi pubblici, a condizione che resti a carico del concessionario l'alea economico-finanziaria della gestione dell'opera».
Gli esatti contorni interpretativi della disposizione sono dati dalla Circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri 27 marzo 2009: «Criteri per la comunicazione di informazioni relative al partenariato pubblico-privato ai sensi dell'articolo 44, comma 1-bis del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248 convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1 della legge 28 febbraio 2008, n. 31» (G.U. 10 aprile 2009, n. 84).
Addirittura, e ciò è significativo, è ammesso anche il «rischio ridotto» (cfr. Con. Stato, V, 10 gennaio 2012, n. 39, sotto riportata in estratto).

«Il project financing comporta la necessaria partecipazione finanziaria del soggetto promotore, cui può aggiungersi l'eventuale contributo pubblico; si tratta, tuttavia, di una procedura caratterizzata da un elevato tasso di elasticità, che consente di adattare il progetto alle specifiche esigenze delle parti.
Nel caso di specie, erano stati previsti oneri a carico dell'amministrazione, che si era assunta l'impegno di pagare per trenta anni i canoni di locazione a fronte delle opere di ristrutturazione e di realizzazione dell'urbanizzazione primaria affidate all'impresa; tale struttura dell'operazione non è di per sé incompatibile con l'istituto, che - si ribadisce - consente che l'utilizzo delle risorse dei soggetti proponenti sia solo parziale.
Non si può neanche sostenere che il rischio dell'impresa fosse in concreto azzerato, in quanto i calcoli del comune, oltre a includere anche l'Iva tra i ricavi dell'impresa, non tengono conto del fatto che l'impegno finanziario dell'impresa era immediato (realizzazione delle opere), mentre gli oneri posti a carico dell'amministrazione erano dilazionati in trenta anni sotto forma di pagamento del canone; tale circostanza impedisce di equiparare il valore dell'importo a carico del comune con quello posto a carico dell'impresa, trattandosi di dati comparabili solo indicizzando gli importi alla data degli esborsi.
Si può sostenere che il rischio a carico dell'impresa era contenuto, ma non certo che era annullato e il fatto che il rischio fosse ridotto non rende illegittima la procedura, che l'amministrazione ha autonomamente valutato come conveniente al momento della sua approvazione.
(...)
In sostanza, il rischio ridotto per l'impresa e la sussistenza di oneri a carico del soggetto pubblico sono elementi compatibili con l'istituto del project financing, che non rendono illegittimo l'utilizzo di tale procedura, ma che possono al limite essere rivalutati sotto il profilo dell'opportunità e della convenienza».

Pertanto, non sussiste indebitamento pubblico, e quindi il project freddo non si snatura di fatto in appalto, se: «il soggetto privato assume il rischio di costruzione; il soggetto privato assume almeno uno dei due rischi: di disponibilità o di domanda».
Così prosegue la Corte:

«Del project financing si è occupata anche la Corte dei conti. In particolare, è utile ricordare quanto autorevolmente evidenziato dalle Sezioni Riunite in sede di controllo, con delibera n. 15/2010 nell'ambito del "Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica": "Anche il project financing è un valido strumento di coinvolgimento dei privati per la realizzazione di opere pubbliche, purché l'opera venga realizzata integralmente con capitali privati, limitando la eventuale contribuzione pubblica ad importi non significativi. Nelle prassi operative è dato riscontrare contratti nei quali l'intervento pubblico è elevato, superando anche la metà del valore dell'opera. Si tratta di un uso improprio del contratto, anche in relazione ai parametri stabiliti in sede comunitaria in relazione alle partnership pubblico-private". (...) La finanza di progetto, tuttavia, si presta anche ad un utilizzo distorto. Nel caso in cui, infatti, l'apporto pubblico sia superiore alla metà del valore dell'opera, i contratti posti in essere non possono più considerarsi riconducibili alla fattispecie tipizzata dal legislatore, finendo per avere il solo nome del project financing, ma natura giuridica del tutto diversa».

Anche questa tesi non tiene conto del dato normativo. è stato lo stesso ordinamento giuridico di settore ad abrogare (con l'allora "Merloni-quater") il limite del 50% del valore dell'opera per la corresponsione del prezzo-contributo da parte dell'Amministrazione.
Il problema non riguarda il quantum, che, comunque, non deve superare il valore dell'opera, neppure con forme atipiche di prezzo-contributo che di fatto portino allo sforamento del limite e al danno erariale (si pensi alla non infrequente ipotesi in cui, pur di rendere appetibile il project, si fanno fare al privato lavori che di opera pubblica non hanno nulla e che non sono contabilizzati come prezzo-contributo, perché, se lo fossero, il prezzo-contributo stesso sarebbe più volte superiore al valore dell'opera).
Il problema giuridico-contabile riguarda, fermo rimanendo un prezzo-contributo che non superi di fatto il valore dell'opera pubblica pura, soltanto la necessità che sussistano il rischio di costruzione (sempre) e, in alternativa, o il rischio di disponibilità o quello di domanda.
Giustissimo, invece, il seguente riscontro:

«Similmente, (...) nel caso in cui l'ente locale si renda garante presso il soggetto finanziatore, normalmente un istituto bancario, rispetto al capitale concesso in credito al promotore (...), si svilisce la funzione del project financing, la quale non può ridursi esclusivamente ad una tecnica di finanziamento delle opere pubbliche, ma deve anche consentire il trasferimento in capo ai privati, quantomeno in parte, dei rischi relativi al buon esito del progetto».

Analizza ancora la Corte:

«La seconda fattispecie all'analisi di questo Collegio è costituita dal leasing in costruendo.
La figura in analisi rappresenta un valido strumento per la realizzazione di opere pubbliche, in quanto evita l'esborso del capitale in un'unica soluzione. L'oggetto è costituito dalle c.d. "opere fredde", destinate ad essere utilizzate direttamente dalla pubblica amministrazione, ciò a differenza di quanto avviene per il project financing.
Le pubbliche amministrazioni devono operare una valutazione di convenienza, prima di procedere all'utilizzazione di un leasing in costruendo. A tal fine, è necessario considerare alternativamente il ricorso al contratto di mutuo o al finanziamento ad opera della Cassa Depositi e prestiti, valutando anche l'impatto di sostenibilità per il bilancio dell'ente di tali diverse forme di finanziamento, anche con riferimento ai vincoli di bilancio.
Occorre altresì verificare se, dall'operazione in esame, possa derivare indebitamento per la pubblica amministrazione. L'accertamento deve essere effettuato sulla base dei criteri contenuti nelle decisioni Eurostat, in particolare tenendo conto del principio per cui la spesa inerente alla costruzione di opere pubbliche non grava sul bilancio dell'ente, a condizione che il rischio ricada sul soggetto realizzatore, in tal modo permettendo la riconducibilità della fattispecie al partenariato pubblico-privato. Qualora, invece, i rischi inerenti all'esecuzione e la gestione dell'opera siano a carico dell'amministrazione, la destinazione in via continuativa di una parte delle risorse dell'ente, per pagare i canoni di locazione di un leasing in costruendo, finalizzati all'ottenimento della disponibilità di un'opera pubblica, ha sostanzialmente la natura di indebitamento. Essa, infatti, è assimilabile ad un' "assunzione di mutui", ottenuta mediante un'operazione finanziaria, posta in essere con un contratto atipico. Pertanto, un'operazione con tali caratteristiche non può essere utilizzata per eludere vincoli o limiti che le regole di finanza pubblica pongono all'operato dell'ente locale, tali essendo il divieto di indebitamento per spesa corrente, il limite della capacità di indebitamento e il rispetto del patto di stabilità».

Sicuramente c'è una stretta vicinanza di fattispecie fra concessione fredda e leasing in costruendo, nel senso che c'è sempre un canone da pagare che è sempre a carico dell'Amministrazione.
Tuttavia, ciò che differenzia la prima dal secondo è proprio e soltanto la «condizione che resti a carico del concessionario l'alea economico-finanziaria della gestione dell'opera» (cit. D.Lgs. 163/2006, art. 143, comma 9), nel senso ormai chiaro della circolare citata. Nella prima l'«alea» c'è sempre, nel secondo non c'è mai, altrimenti le due ipotesi - pur riconducibli al partenariato pubblico-privato - verrebbero a coincidere.
D'altra parte, il servizio gestionale a favore dell'Amministrazione è sempre sussistente nella concessione fredda (è lì che si appuntano i rischi di disponibilità o di domanda), mentre può non esserci nel leasing in costruendo, il quale, in tal caso, si limita soltanto a mettere l'opera a disposizione dell'Amministrazione-utilizzatrice.
E qui viene fuori la contraddizione di fondo nella giurisprudenza della Corte dei Conti, ivi compresa la ben nota pronuncia delle sezioni riunite, 16 settembre 2011, n. 49: il non dare atto che il leasing in costruendo è sempre e comunque un appalto, magari misto in quanto con fornitura di servizio gestionale (global service), ma pur sempre un appalto, in cui il rischio sarà sempre e solo dell'Amministrazione. Chiedetelo alla banca finanziatrice, se qualcuno ha dei dubbi in proposito. Pertanto, al sistema-appalto sono del tutto estranei i «criteri contenuti nelle decisioni Eurostat».
La giurisprudenza della Corte dei Conti ha di fatto annullato la possibilità di porre in essere appalti di leasing in costruendo i quali, in quanto intrinsecamente appalti, creano sempre e comunque indebitamento. Per converso, se si devono richiamare i «criteri contenuti nelle decisioni Eurostat» di cui alla citata ed inappuntabile circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri, allora si è in ambito di concessione di lavori pubblici, fredda. Ma quest'ultima è sempre ammessa, nella sussistenza dei presupposti che la legittimano.
Se si può dare un consiglio agli enti pubblici, per il settore in crescita del fotovoltaico, questo può essere quello di pensare alla concessione, magari promuovendola con un avviso indicativo al fine di assegnare il diritto di prelazione, senza quindi dover predisporre neppure uno studio di fattibilità avanzato.
Il paradosso finale, tuttavia, sul quale la giurisprudenza della Corte dei Conti dovrebbe proprio riflettere, è che, per evitare di ricadere in indebitamento con il leasing, si finisce col diminuire gli introiti per il Comune, che, con la concessione pur a canone attivo, deve passare attraverso l'intermediazione gestionale di un operatore economico terzo, senza poter essere esso stesso gestore diretto dell'impianto.
Forse, riprendendo il principio interpretativo delle sezioni riunite sul leasing, secondo cui «il suo impiego dovrebbe essere riservato ai casi nei quali ricorrano particolari condizioni di convenienza», secondo cui «è anche possibile trarre elementi per porre in essere i test di convenienza tecnico-economica e scongiurare eventuali elusioni dei vincoli di finanza pubblica» e quindi, «prima di ricorrere al leasing immobiliare in costruendo l'ente deve effettuare approfondite valutazioni in termini di analisi costi-benefici» (cit. pronuncia 16 settembre 2011, n. 49), si potrebbe  provare a dimostrare oggettivamente, conti alla mano, che garantisce più vantaggiosità economica al Comune proprio il ricorso al leasing-appalto anziché alla concessione.

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