Cambio di destinazione d'uso: il Consiglio di Stato sull'ampliamento volumetrico

La destinazione d’uso o la sua modifica non possono determinare da sole l’inclusione o no di un vano al computo della volumetria complessiva

di Redazione tecnica - 19/04/2024

La creazione di una nuova volumetria dipende dalla realizzazione permanente di nuovi vani chiusi, mentre non incide in alcun modo il fatto che tali spazi possano essere stati originariamente adibiti a spazio di transito per accedere ad altri locali e successivamente destinati a un’altra finalità.

La destinazione d’uso infatti, o la modifica della stessa, è un elemento che da solo non può determinare l’inclusione o meno di un determinato vano al computo della volumetria complessiva.

Destinazione d'uso: la modifica non incide se la volumetria è già esistente

Lo ha spiegato il Consiglio di Stato con la sentenza del 22 marzo 2024n. 2798, con la quale ha accolto un ricorso presentato contro un’ordinanza di demolizione disposta dal Comune, in virtù del fatto che, appunto, l’incremento di volumetria non poteva essere attribuito al mutamento dell’uso di un corridoio di accesso ad un immobile che, in realtà, era già esistente.

Oggetto della vicenda è in particolare l’ingiunzione alla demolizione di un portone in legno e di un cancello, posti a chiusura di un corridoio coperto a servizio dell’immobile principale, un ristorante. Questo spazio, impiegato prima come corridoio d’accesso alla struttura, sarebbe stato chiuso con portone e cancello e adibito a deposito/magazzino a servizio dell’attività.

L’Amministrazione comunale, nonostante abbia riconosciuto che il vano in questione risultava già esistente, ha ritenuto che la chiusura per modificarne l’utilizzo - che sostiene sarebbe avvenuta in un tempo successivo alla realizzazione - avesse creato nuova volumetria, con conseguente emissione dell’ordine di demolizione basato sul fatto che il privato non avrebbe richiesto la licenza edilizia obbligatoria per chiudere il manufatto.

La destinazione d'uso non rileva sul volume complessivo dell'edificio

I giudici di Palazzo Spada osservano innanzitutto che il volume di un edificio si determina sommando la superficie delimitata dal perimetro esterno dei vari piani con le relative altezze effettive del solaio sovrastante, misurate da pavimento a pavimento. Il mutamento della destinazione d’uso non può determinare la creazione di nuovo volume, qualora tale volume risulti invece preesistente alla modifica. 

Il fatto poi che la chiusura del vano sia avvenuta in un periodo successivo rispetto alla realizzazione del fabbricato è una tesi sostenuta unicamente dall’Amministrazione, senza avere comunque riscontro in prove concrete.

Al contrario, il ricorrente ha dimostrato come si trattasse di un immobile ante ’67 e, sebbene non fosse possibile stabilire l’anno esatto di realizzazione - il corridoio coperto e chiuso risultavano presenti in catasto approssimativamente già dal 1953.

Ante '67 e licenza edilizia

Prima del 1967, l’obbligo di rilascio del titolo per costruire era disciplinato dalla Legge n. 1150/1942 (Legge Urbanistica), che lo imponeva solo per determinate zone territoriali, come ad esempio i centri abitati.

In virtù di ciò, essendo la zona interessata qualificata come “borgo antico”, il Comune riteneva che fosse obbligatorio comunque il rilascio dell’autorizzazione allora nota come “licenza del podestà”.

Il Consiglio spiega invece che il concetto di “centro abitato” - oggi disciplinato dal D.lgs. n. 285/1992 (Nuovo Codice della Strada) e definito come un aggregato di abitazioni continue e vicine, intervallato da strade, piazze, giardini o simili, e suscettibile di espansione - al tempo veniva utilizzato unicamente per disciplinare l’edificazione e limitare la densità edilizia nei comuni sprovvisti di piano regolatore o di programma di fabbricazione.

Una condizione che comunque non può essere applicata al caso in esame, in quanto la qualifica di “borgo antico” dell’area non è in alcun modo assimilabile a quella di centro abitato ai fini urbanistici, nonostante nel lessico comune possa essere inteso come tale.

In conclusione, non c’è nessuna prova a dimostrazione del fatto che nell’area in questione fosse necessaria la licenza edilizia al momento della realizzazione del manufatto, né si può provare l’incremento di volumetria avvenuto in un periodo successivo come contestato dall’Amministrazione. Il ricorso pertanto è stato accolto, con conseguente annullamento dell’ordine di demolizione.

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