Città metropolitane e province: Approvata definitivamente la legge

Istituzione delle città metropolitane, ridefinizione del sistema delle province e nuova disciplina in materia di unioni e fusioni di comuni. E’ questo il con...

07/04/2014
Istituzione delle città metropolitane, ridefinizione del sistema delle province e nuova disciplina in materia di unioni e fusioni di comuni. E’ questo il contenuto del disegno di legge approvato definitivamente dalla Camera dei Deputati e che, nei prossimi giorni, dopo la firma del Capo dello Stato sarà pubblicato sulla Gazzetta ufficiale.

Città metropolitane - Il provvedimento individua 9 città metropolitane: Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria, cui si aggiunge la città metropolitana di Roma capitale. Il territorio della città metropolitana coincide con quello della provincia omonima. E' previsto un procedimento ordinario per il passaggio di singoli comuni da una provincia limitrofa alla città metropolitana (o viceversa).
Gli organi della città metropolitana sono il sindaco metropolitano, il consiglio metropolitano e la conferenza metropolitana. L’incarico di sindaco metropolitano, di consigliere metropolitano e di componente della conferenza metropolitana è svolto a titolo gratuito.

L'intervento sulle province - La disciplina delle province, definite enti di area vasta, è espressamente qualificata come transitoria, nelle more della riforma costituzionale del Titolo V e delle relative norme di attuazione. Gli organi della provincia: il presidente della provincia, il consiglio provinciale e l’assemblea dei sindaci. Anche in questo caso, tutti gli incarichi sono a titolo gratuito.

Unioni e fusioni di comuni e disciplina generale dei comuni - Il provvedimento detta infine alcune disposizioni sulle unioni e fusioni di comuni.
La disciplina delle unioni di comuni viene semplificata con l’abolizione dell’unione di comuni per l’esercizio facoltativo di tutte le funzioni e servizi comunali. Restano ferme le altre due tipologie di unione, quella per l’esercizio associato facoltativo di specifiche funzioni e quello per l’esercizio obbligatorio delle funzioni fondamentali. Per quest’ultima viene confermato il limite demografico ordinario pari ad almeno 10.000 abitanti, ma viene abbassato per i soli comuni montani a 3.000, e viene spostato il termine per l'adeguamento dei comuni all'obbligo di esercizio associato delle funzioni fondamentali dal 1° gennaio al 31 dicembre 2014.

Con la definitiva approvazione della legge sulle Città metropolitane e sulle nuove province e con lo specifico comma 145 dell’articolo 1 che recita testualmente “Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni a statuto speciale Friuli Venezia Giulia e Sardegna e la Regione siciliana adeguano i propri ordinamenti interni ai princìpi della medesima legge” anche le regioni a statuto speciale e la Regione siciliana dovranno adeguarsi alla nuova legge.
Sul problema è recentemente intervenuto l’Avvocato Gaetano Armao che ha aggiunto: “Renzi, peraltro in coerenza con gli annunci, intende sopprimere le autonomie speciali. Con un proditorio intervento il ddl di riforma costituzionale presentato al Consiglio dei ministri il 31 marzo scorso prevede la piena omologazione tra regioni ordinarie e speciali e senza neanche avere il coraggio di affermarlo (non vi è infatti traccia alcuna nella conferenza stampa di Renzi).
L'art. 33 al 13' comma - tra le disposizioni finali - con una normetta apparentemente innocua, ma certamente iniqua, prevede che le disposizioni della legge costituzionale "si applicano anche alle Regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e Bolzano sino all'adeguamento dei rispettivi Statuti".
L'autonomia differenziata della Sicilia regredisce al livello della più debole delle regioni ordinarie. Si cancellano così non solo le speciali prerogative conquistate dai siciliani con lo Statuto e troppo spesso ostacolate ed intralciate dallo Stato e dalla sua Corte costituzionale sbilanciata, ma anche la possibilità di rinegoziarle in sede di revisione dello Statuto (ovviamente lo Stato non avrebbe alcuna ragione di concederle nuovamente)
”.


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