Ingegneria: aumentano i laureati, diminuiscono le immatricolazioni e la triennale non funziona

”Segnali in chiaroscuro provengono dal sistema formativo universitario afferente l’area dell’ingegneria: aumentano i laureati, si è abbassato ulteriormente i...

14/08/2015
”Segnali in chiaroscuro provengono dal sistema formativo universitario afferente l’area dell’ingegneria: aumentano i laureati, si è abbassato ulteriormente il numero di immatricolati, i corsi di ingegneria risultano comunque in assoluto i più ambiti, ma circa la metà degli immatricolati abbandona il percorso formativo scelto prima del conseguimento del titolo di primo livello”.

Questo è quanto riportato nell’ultima ricerca condotta dal Centro Studi del Consiglio Nazionale degli Ingegneri dal titolo La formazione degli ingegneri - Anno 2014 che ha analizzato i dati relativi ai laureati italiani, focalizzando la riflessione sugli studenti in ingegneria.

In particolare, la ricerca del Centro Studi ha evidenziato alcuni dati fondamentali, trai quali:
  • Il calo delle immatricolazioni in ingegneria che, nonostante nell’ultimo anno si sia registrato una frenata nelle iscrizioni alle università, ha continuato seppur lievemente anche nell’anno 2014 soprattutto per i corsi di laurea specificatamente ingegneristici (L-7 Ingegneria civile ed ambientale, L-8 Ingegneria dell’informazione, L-9 Ingegneria industriale e LM-4 CU Architettura e Ingegneria edile ed architettura).
  • L’aumento del numero di laureati in ingegneria a cui corrisponde anche una crescita del numero di immatricolati che abbandonano il percorso formativo prescelto. Prendendo come riferimento l’anno accademico 2007-2008 ai corsi di laurea della classe 8-Ingegneria civile ed ambientale, 9-Ingegneria dell’informazione e 10-Ingegneria industriale (secondo la classificazione del DM 509/99), risulta che a 6 anni dall’immatricolazione solo il 41% ha conseguito il titolo di laurea (triennale), il 9,8% non ha ancora completato il proprio iter formativo di primo livello, mentre quasi la metà (49,2%) ha cambiato corso di laurea o addirittura abbandonato del tutto gli studi universitari.
  • Il fallimento del percorso 3+2 - Non farà piacere ai laureati di primo livello sapere che secondo i dati del Centro Studi del CNI, prendendo come riferimento il 2013, solo 1/3 di coloro che hanno conseguito il titolo hanno concluso il ciclo di primo livello non prima di 4-5 anni di studi. ”Dal momento che la riforma universitaria che ha istituito il titolo di laurea di primo livello (tre anni di corso) aveva l’intento di abbreviare i tempi di conseguimento del titolo di studio e ridurre gli abbandoni, alla luce di quanto evidenziato e considerando che la stragrande maggioranza dei laureati triennali ingegneristici si iscrive ai corsi di laurea magistrale (nel 2013 era l’82%), appare abbastanza evidente come, almeno per ciò che riguarda i corsi in ingegneria, la riforma non abbia prodotto gli effetti sperati ed anzi abbia snaturato un percorso formativo da sempre valorizzato ed apprezzato in tutto il mondo”.

“Il vero dato significativo che emerge dalla nostra ricerca - ha commentato Luigi Ronsivalle, Presidente del Centro Studi CNI - è l'enorme numero di abbandoni. Mi viene da pensare che ad influire sia soprattutto il fatto che nella scelta della facoltà, negli ultimi anni, si sia pensato più agli sbocchi professionali che non alle proprie inclinazioni personali e alle competenze di base. In questo senso, andrebbe verificata l'adeguatezza della formazione pre-universitaria, rispetto alle nuove competenze richieste dai corsi di studio più innovativi e porre una maggiore attenzione all'orientamento allo studio dei giovani, fin dalle scuole superiori”.

“Inoltre - ha proseguito Ronsivalle - il mancato conseguimento della laurea di primo livello nei tempi previsti attesta il sostanziale fallimento della riforma universitaria che avrebbe dovuto sfornare ordinariamente laureati di 22-23 anni, in grado di cimentarsi subito con il mondo del lavoro. Oggi ci troviamo con laureati prevalentemente magistrali, più vicini ai trenta che ai vent'anni, con titoli di studio che non consentono gli sbocchi lavorativi sperati, a causa delle mutate condizioni economiche”.

A cura di Gabriele Bivona
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