Durc: Circolare INAIL ed inchiesta di Confimprenditori

Successivamente alla circolare n. 33 del 2 novembre 2016 con cui la Direzione generale per l’Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro ha fornito le prime ...

16/12/2016

Successivamente alla circolare n. 33 del 2 novembre 2016 con cui la Direzione generale per l’Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro ha fornito le prime indicazioni operative sulla disciplina del Durc online a seguito delle modifiche introdotte dal D.M. 23 febbraio 2016 e dal D.M. 23 febbraio 2016 (vedi news), anche l’INAIL è intervenuta sull’argomento con la recentissima circolare 14 dicembre 2016, n, 48 con cui ha diffuso le istruzioni sulle novità normative introdotte dal decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 23 febbraio 2016 che ha modificato due articoli del decreto ministeriale 30 gennaio 2015 che disciplina il DURC on line e precisamente l’articolo 2, che definisce l’ambito soggettivo della verifica, e l’articolo 5, che detta regole specifiche nel caso di soggetti sottoposti a procedure concorsuali.

Per quanto concerne le modifiche introdotte all’articolo 2, la nuova formulazione è diretta a evitare che il riscontro sulla regolarità contributiva venga omesso in relazione ai versamenti dovuti alle Casse edili da parte di quelle imprese che, benché classificate in settore diverso dall’edilizia, applicano il relativo contratto, considerato che l’obbligo di iscrizione alle Casse edili sussiste per le aziende che applicano il contratto collettivo nazionale del settore edile nonché nel caso di esplicita o implicita adesione allo stesso a opera delle parti individuali del rapporto di lavoro. Pertanto, il sistema dell’Inps effettuerà, con le modalità operative concordate tra gli Enti, l’interrogazione negli archivi delle Casse edili anche se per il codice fiscale non è presente il codice statistico contributivo (c.s.c.) edile.

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Relativamente, poi, alle modifiche introdotte all’articolo 5 in merito alla verifica della regolarità contributiva per le imprese soggette a procedure concorsuali, è stata ora inclusa anche l’ipotesi della liquidazione coatta amministrativa con esercizio provvisorio di cui all’articolo 206 della legge fallimentare e, soprattutto, ai fini della regolarità è stata eliminata la condizione dell’avvenuta insinuazione al passivo da parte degli Enti previdenziali per gli obblighi contributivi scaduti prima dell’autorizzazione all’esercizio provvisorio o del decreto di apertura della procedura. Resta fermo che l’impresa deve comunque essere regolare con riferimento agli obblighi contributivi riferiti ai periodi successivi, decorrenti dalla data di autorizzazione all’esercizio provvisorio o dalla data di apertura della procedura di amministrazione straordinaria.

Sul problema legato al rilascio del Durc registriamo un interessante articolo di Confimprenditori dal titolo “L’ultimo calvario della burocrazia si chiama durc” qui di seguito riportato:

Se non lavorate in una delle 56mila medie e piccole imprese che in Italia sono attive sul mercato dei contratti pubblici in Italia il nome “Durc” potrebbe non dirvi molto. Se invece rientrate nella categoria, probabilmente al solo sentire il nome sentirete un brivido correre lungo la schiena.

Stiamo parlando del “Documento unico di regolarità contributiva”: è un’attestazione dell’assolvimento, da parte di un’impresa, degli obblighi legislativi e contrattuali nei confronti di Inps, Inail e Cassa edile. In altre parole: se non pagate o pagate in ritardo i contributi ai lavoratori, non potete avere il Durc. Senza Durc non potete partecipare agli appalti e ai subappalti di lavori pubblici, ai lavori privati soggetti al rilascio della concessione edilizia o alla Dia, alle attestazioni Soa (le certificazioni necessarie per partecipare alle gare). Non sono prescrizioni limitate all’edilizia ma a tutti i contratti con la Pubblica amministrazione. Fin qui è tutto sacrosanto, un mezzo per tutelare i lavoratori e penalizzare i furbi. C’è però un problema, evidenziato da un’indagine a campione fatta dal Centro studi Confimprenditori: i tempi e le inadempienze, che in alcune aree del Paese sono abnormi e finiscono per penalizzare pesantemente le aziende coinvolte. Nel campione interessato (200 associati) il 15% delle imprese ha denunciato ritardi che hanno prodotto danni a ciascuna per 10mila euro. Proiettando la cifra a livello nazionale si parla di un appesantimento alle imprese per centinaia di milioni.

Andiamo con ordine. Quando si parla di tempi di rilascio, bisogna distinguere tra i rilasci semplici e quelli con complicazioni. Se non ci sono irregolarità da sanare da parte dell’azienda, la Pa italiana si dimostra tempestiva: il tempo medio in Italia, cioè calcolando i tempi di rilascio su base provinciale, è di circa 48 ore. La media nasconde una certa disomogeneità, con pubbliche amministrazioni che effettuano il rilascio in giornata e altre che impiegano fino a quindici giorni (sopra i 5 giorni lavorativi si trovano Caserta, Agrigento, Palermo, Catania, Messina, Sassari e Cosenza).

Le cose cominciano a complicarsi nel momento in cui vi siano delle irregolarità contributive dell’impresa. In tutte le Province prese in esame, il Durc viene rilasciato in un tempo che va dai tre ai trentacinque giorni dal momento in cui la posizione irregolare viene sanata. In questo caso il tempo medio di rilascio è di circa 14 giorni, senza troppe differenze tra le province esaminate dal Centro studi di Confimprenditori.

C’è però un problema: i Durc possono rimanere negativi anche dopo aver sanato le posizioni debitorie per errori burocratici o irregolarità legali. Qui la burocrazia mostra il suo lato peggiore, perché non stiamo parlando di casi rari.

A Palermo c’è il caso più clamoroso, perché dall’indagine a campione risulta che ben il 90% dei Durc rimane negativo anche in caso di situazioni sanate.

Ma il problema non è solo di Palermo, né solo del Sud. A Vicenza la percentuale è del 30%, mentre a Cosenza e Cagliari del 20 per cento, mentre si scende al 15-20% tra Chieti, Pescara e Bari. Per trovare efficienza, con zero casi di ritardi dovuti all’inefficienza nel sanare le posizioni, bisogna andare a Treviso, Verona, Mantova, Milano, Savona, Genova, Fermo, Bologna, Ragusa e Sassari. Secondo gli intervistati tra i soggetti preposti al rilascio del Durc l’Inail risulta mediamente più celere ed efficiente dell’Inps.

Veniamo ai danni economici. Questi ritardi hanno un costo, perché chi non ha il Durc, oltre a perdere l’aggiudicazione dell’appalto, non può stipulare contratti di appalto o subappalto e non ha diritto al pagamento delle liquidazioni finali. Considerate le significative differenze territoriali, spiega Confimprenditori, la percentuale media delle aziende che si trovano a fronteggiare le inadempienze della Pa è pari al 15%. La perdita media stimata causata da questo rallentamento è quantificata intorno ai 10mila euro dal campione d’imprenditori e consulenti del lavoro intervistati.

È possibile proiettare queste perdite sull’economia nazionale per capire il danno complessivo? Confimprenditori lo ha fatto partendo dal dato di 56mila piccole e medie imprese attive in Italia sul mercato dei contratti pubblici (dati Anac-Istat). «Considerato che circa il 15% ha segnalato, secondo la nostra indagine, una perdita di circa 10mila euro a causa di un Durc “negativo” è possibile stimare una perdita totale minima intorno agli 84 milioni di euro ogni anno - si legge nell’indagine - . Mentre è pari a 140 milioni all’anno per i soli consulenti del lavoro che in Italia si attestano intorno alle 14mila unità».

I danni causati dalle inadempienze legate al Durc sono stimabili in 84 milioni di euro ogni anno per le 56mila Pmi attive in Italia sul mercato dei contratti pubblici, e in 140 milioni all’anno per i soli consulenti del lavoro. I danni potenziali, considerate le ricadute sul sistema, arriverebbero addirittura a due miliardi e mezzo

Il centro studi sottolinea però come la stima si riferisca solamente alle sole aziende partecipanti alle gare o agli appalti indetti dalle pubbliche amministrazioni. «In realtà secondo i dati Anac-Istat 2014 le imprese che hanno contratti e forniture di varia natura con le Pa sono circa il 40% del totale italiano delle Pmi» scrive il centro studi. «Prendendo in considerazioni i dati Cerved 2016 sul totale delle Pmi in Italia (136.114 unità) il danno massimo, sempre considerato il dato medio pari al 15% dei Durc rilasciati in ritardo dalle Pa italiane rispetto al numero totale, potrebbe avvicinarsi alla considerevole cifra di 2 miliardi e 500 milioni di euro».

La Convenzione del 15 aprile 2004 tra Inail, Inps e le associazioni costituenti le Casse Edili ha previsto un termine massimo per l’emissione del Durc di 30 giorni. Ma i tre enti, sottolinea Confimprenditori, si erano impegnati a ridurre fortemente i tempi di risposta”.

A cura di Redazione LavoriPubblici.it

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