Formazione universitaria: la Corte dei Conti boccia il 3+2

A più di dieci anni dal primo regolamento sull’autonomia didattica (decreto ministeriale n. 509/1999), che ha introdotto per l’istruzione superiore il sistem...

21/04/2010
A più di dieci anni dal primo regolamento sull’autonomia didattica (decreto ministeriale n. 509/1999), che ha introdotto per l’istruzione superiore il sistema a doppio ciclo (laurea triennale e laurea specialistica), è possibile verificare che la riforma non ha prodotto i risultati attesi né in termini di aumento dei laureati né in termini di miglioramento della qualità dell’offerta formativa, avendo anzi generato un sistema incrementale di offerta, certamente sino all’anno accademico 2007-2008, con un’eccessiva frammentazione delle attività formative ed una moltiplicazione spesso non motivata dei corsi di studio.

Questo il responso della Corte dei Conti che con la Delibera n. 7 del 19 aprile 2010 ha fornito il "Referto sul sistema universitario" che certamente sta facendo riflettere sull'utilità della riforma universitaria targata Berlinguer-Zecchino che, tra i suoi principali obiettivi, aveva quello di collegare il mondo accademico con quello lavorativo, in linea con quanto già applicato nei principali paesi europei e nell’ottica della costruzione dello spazio europeo dell’istruzione superiore.

La riforma universitaria sviluppa un percorso formativo formato su due cicli principali di studi, il primo dei quali deve portare ad un titolo spendibile nell’intero mercato del lavoro europeo (laurea, per conseguire la quale occorrono almeno 180 crediti formativi) ed un secondo livello (laurea specialistica, per conseguire la quale occorrono almeno 300 crediti formativi comprensivi di quelli acquisiti in una laurea di primo livello). Contemporaneamente, viene data maggiore flessibilità (entro determinati limiti fissati a livello nazionale) alle università che cominciano ad avere la possibilità di istituire e disciplinare i propri corsi di studio.

Ma ad oltre 10 anni dalla riforma, la domanda nasce spontanea: perché cambiare un sistema che era il fiore all'occhiello dell'Italia all'estero?
In effetti, se i risultati sono quelli evidenziati dalla Corte dei Conti, la risposta è di difficile comprensione. Come evidenziato, infatti, con la delibera n. 7/2010, la riforma non ha prodotto gli effetti attesi, soprattutto per una mancata visione d’insieme, avendo ogni facoltà e spesso ogni area scientifica affrontato i problemi separatamente rispetto alle altre, con una conseguente persistenza, se non di un’accentuazione, di un sistema centrato sul docente anziché sullo studente, e quello di una eccessiva frammentazione delle attività formative, alcune delle quali con pochi crediti formativi, nonché quello di una moltiplicazione non motivata dei corsi di studio.

La Corte ha evidenziato come il numero dei corsi passa da 2.444 nell’anno accademico 1999-2000 a 3.103 nell’anno accademico 2007-2008 con riferimento ai corsi aperti alle immatricolazioni pure (corsi di I livello e corsi a ciclo unico), con un incremento effettivo intorno al 27 per cento. Il numero complessivo dei corsi di studio è andato tuttavia progressivamente aumentando sino a tutto l’anno accademico 2007-2008, raggiungendo un numero di 5519 corsi attivi di I e II livello a fronte di 4.539 corsi attivi di I e II livello nell’anno accademico 2003-2004. L’effetto moltiplicativo è dato soprattutto dalla crescita esponenziale dei corsi di laurea specialistica passati da 1204 nell’anno accademico 2003-2004 a 2416 nell’anno accademico 2007-2008.

Rilevante è poi il numero dei corsi di primo livello al quale risultano iscritti non più di 10 immatricolati, come anche significativo è il numero totale degli insegnamenti attivi e il numero di quelli ai quali è attribuito un numero di crediti inferiore o uguale a 4. Il numero dei corsi di studio con un massimo di 10 immatricolati è di 340 su 3.373 complessivi nell’anno accademico 2006-2007, pari al 10,1 per cento del totale. Il numero degli insegnamenti è passato da 116.182 nell’anno accademico 2001-2002 a 180.001 nell’anno accademico 2006-2007 (con un incremento di circa il 60 per cento) e di questi ben 71.038 (pari a 39,5 per cento del totale) hanno massimo 4 crediti.

Il principale risultato della riforma è stato, dunque, quello di favorire l’attuazione di corsi di studio rispondenti spesso ad una modesta domanda e di duplicare gli insegnamenti tra le due lauree (di I e II livello). Oltre a questo, si assiste ad un progressivo aumento delle sedi decentrate, le quali oltre a far lievitare i costi dell’intero sistema di finanza pubblica, rispondono spesso in modo inefficace alla domanda di formazione attesa.

La speranza è che il referto della Corte dei Conti produca delle riflessioni positive e propositive per un miglioramento del sistema e per un ritorno ai fasti di un tempo.

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