Ascensori: stop al check up straordinario

Annullato il decreto del Ministero dello Sviluppo Economico 23 luglio 2009 recante "Miglioramento della sicurezza degli impianti ascensoristici anteriori all...

09/04/2010
Annullato il decreto del Ministero dello Sviluppo Economico 23 luglio 2009 recante "Miglioramento della sicurezza degli impianti ascensoristici anteriori alla direttiva 95/16/CE", secondo il quale agli ascensori doveva essere effettuato un check up straordinario al fine di renderli più sicuri, ed entrato in vigore lo scorso 1 settembre 2009.

Come in effetti anticipato (leggi news) dalla Confederazione Italiana della Proprietà edilizia (Confedilizia), che al momento dell'entrata in vigore del DM aveva manifestato una posizione fortemente critica nei confronti del provvedimento, la Sezione Terza Ter del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio ha accolto il ricorso presentato da Confedilizia, annullando il decreto ascensori che avuto come unico effetto quello di portare un onere a carico delle famiglie italiane di circa 6 miliardi di euro.

Ricordiamo, infatti, che secondo il DM 23 luglio 2009 agli ascensori avrebbero dovuto essere effettuati dei check up straordinario al fine di renderli più sicuri entro:
  • due anni dalla data di entrata in vigore del decreto per gli ascensori installati prima del 15 novembre 1964;
  • tre anni dalla data di entrata in vigore del decreto per gli ascensori installati prima del 24 ottobre 1979;
  • quattro anni dalla data di entrata in vigore del decreto per gli ascensori installati prima del 9 aprile 1991;
  • cinque anni dalla data di entrata in vigore del decreto per gli ascensori installati prima del 24 giugno 1999.

Come prevedeva il DM, l'ente autorizzato ad effettuare le verifiche periodiche e/o straordinarie, previste all'art. 13 del DPR 162/1999, che ha effettuato o approvato l'analisi dei rischi, avrebbe dovuto prescrivere i conseguenti interventi di adeguamento sull'impianto, che avrebbero dovuto essere tassativamente attuati entro i termini seguenti:
  • entro cinque anni dalla data di esecuzione dell'analisi dei rischi per le situazioni di rischio riportate nella tabella A del decreto 23 luglio 2009;
  • entro dieci anni dalla data di esecuzione dell'analisi dei rischi per le situazioni di rischio riportate nella tabella B del decreto 23 luglio 2009.

Subito critica la posizione di Confedilizia che ha presentato ricorso al TAR del Lazio deducendo in particolare le seguenti violazioni:
  1. Non essendo "norme autorizzate", le norme UNI EN 81-80 avrebbero solo potuto essere pubblicate con "regolamento" adottato con decreto ministeriale. Ma nel caso in esame, il decreto non è individuato come "regolamento" e non è stato preceduto dall'acquisizione del parere del Consiglio di Stato.
  2. Il decreto non ha pubblicizzato e reso conoscibile alla generalità degli utenti la normativa tecnica, la quale risulta essere di proprietà dell'UNI, che ne può concedere a pagamento la licenza, peraltro circoscritta all'uso di una sola copia e con divieto di riproduzione, anche non integrale, che non sia ad esclusivo uso del cliente.
  3. Non essendo una normativa "armonizzata", il decreto dovrebbe al più valere come "norma tecnica nazionale" di carattere prudenziale, in quanto serva al rispetto dei requisiti essenziali di sicurezza. Il DM impone, invece, l'adeguamento degli ascensori alla normativa UNI EN 81-80 in maniera assoluta e incondizionata, comminando in via sanzionatoria il fermo dell'impianto e senza circoscrivere l'applicazione della stessa normativa né distinguere le previsioni a seconda che siano collegate o meno con i requisiti essenziali di sicurezza previsti. Inoltre, la verifica straordinaria è imposta per impianti invariati e funzionanti e dunque in palese violazione della legge sulla prevalenza dei regolamenti governativi su quelli ministeriali (art. 17 Legge. n. 400/1988), solo per giustificare un eventuale successivo fermo dell'impianto e mettere le spese per la stessa "verifica straordinaria" totalmente a carico del proprietario, in spregio dell'art. 23 della Costituzione.
  4. L'utilizzo nel tempo della normativa UNI EN 81-80 non può discostarsi dal disposto dell'art. 19 D.P.R. n. 162 del 1999, il quale prescrive che fino alla data del 30 giugno 1999 è consentito commercializzare e mettere in servizio, oltre ai componenti di sicurezza, gli ascensori conformi alle norme vigenti fino alla data di entrata in vigore del regolamento. L'illegittimità del decreto impugnato è tanto più grave in quanto il principio di irretroattività delle specifiche tecniche sulla sicurezza degli ascensori è stato sancito dal D.P.R. n. 162 del 1999, in pedissequa esecuzione degli obblighi comunitari nascenti dall'art. 15 della direttiva 95/16/CE, secondo cui "gli Stati membri ammettono, sino al 30 giugno 1999, la commercializzazione e la messa in servizio di ascensori …. conformi alle normative vigenti nel loro territorio alla data di adozione della presente direttiva".

Il TAR del Lazio ha accolto il ricorso annullando il decreto impugnato e ammettendo che l'impugnato decreto non è stato affatto adottato al fine di garantire una più efficace tutela contro i rischi connessi all'uso dell'ascensore. La riprova della fondatezza del rilievo è nello stesso provvedimento, nel quale è detto chiaramente che l'obiettivo perseguito dal Governo è quello di "rilanciare l'edilizia" e quindi di fronteggiare la crisi, che essa attualmente attraversa, "anche" con la messa in sicurezza degli impianti tecnologici all'interno degli edifici, e "fra questi l'ascensore in quanto indispensabile mezzo di trasporto".

I giudici del TAR hanno confermato come il DM avrebbe dovuto preventivamente acquisire il parere obbligatorio del Consiglio di Stato. Inoltre, non è stato accolto l'assunto che l'impugnato D.M. non sarebbe un regolamento, ma un atto amministrativo generale, in quanto per atto amministrativo generale deve intendersi quello che si limita a dare attuazione al dettato di norme giuridiche preesistenti ed indirizzate ad una pluralità indeterminata di soggetti. Tale qualificazione non può essere ragionevolmente riconosciuta al decreto impugnato atteso che lo stesso crea norme nuove, con esse imponendo ai suoi destinatari obblighi patrimoniali pesantissimi e permanenti, gravemente sanzionati in caso di inadempimento, ma del tutto privi del necessario supporto normativo.

Viva soddisfazione per i contenuti della sentenza viene espressa negli ambienti della Confedilizia, nei quali si fa notare che il decreto è stato annullato non solo e non tanto per vizi formali, quanto nel suo impianto generale, che è stato ritenuto, oltre che privo di ogni supporto normativo, anche inutilmente ripetitivo dei controlli già in essere (una visita di manutenzione ogni sei mesi e una verifica ogni due anni). Tant'è che il Tar ha rilevato che per effetto del decreto impugnato, al sistema previsto se ne sarebbe sovrapposto un altro (motivato con riferimento alla migliore qualità che garantirebbero le tecniche Uni). In sostanza, si sarebbe, secondo i giudici, mantenuto in piedi un sistema che avrebbe obbligato i suoi operatori a segnalare immediatamente eventuali difetti dell'ascensore ai relativi proprietari perché provvedessero ad eliminarli, e ad esso se ne sarebbe sovrapposto un altro, con l'introduzione di un'ulteriore verifica. Il primo controllore sarebbe stato controllato dal secondo, senza che fosse neppure stabilito, in caso di esiti diversi, a quale dei due i privati proprietari dovessero conformarsi.

Il Presidente della Confedilizia, Corrado Sforza Fogliani, ha dichiarato: "A pochi giorni dall'accoglimento del nostro ricorso contro l'attribuzione ai Comuni della possibilità di determinare la base imponibile delle imposte anche comunali come l'Ici, il Tar del Lazio ha accolto un altro nostro ricorso, annullando un provvedimento che avrebbe causato forti spese a condòmini e proprietari di casa, calcolate da una società del settore ascensori in sei miliardi di euro. La Confedilizia si conferma come un preciso punto di riferimento per la difesa delle ragioni proprietarie".

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