Occupazione e remunerazione degli ingegneri in Italia: il Rapporto del Centro Studi del CNI

Nonostante la crisi che sta investendo tutti i Paesi dell'UE, la laurea in Ingegneria in Italia continua a garantire una discreta possibilità di inserimento ...

13/06/2012
Nonostante la crisi che sta investendo tutti i Paesi dell'UE, la laurea in Ingegneria in Italia continua a garantire una discreta possibilità di inserimento occupazionale. Lo ha affermato il Centro Studi del Consiglio Nazionale degli Ingegneri che, in una nota a margine della presentazione del Rapporto "Occupazione e remunerazione degli ingegneri in Italia - Anno 2011", ha evidenziato come il tasso di occupazione degli ingegneri, sia pure in calo rispetto al 2008 quando aveva raggiunto il 78,4%, si è mantenuto nel 2010 attorno al 75%, confermando un ampio vantaggio rispetto all'intera popolazione attiva il cui tasso di occupazione arriva ad appena il 57%.

Interessante è l'aumento di laureati in ingegneria che dalle 393.000 unità del 2004 è passato a 572.000 unità del 2010, evidenziando come soprattutto in questo momento di incertezza economica si mostri maggiore attenzione verso i corsi di studio di ingegneria. La dimostrazione sta nei dati occupazionali che mostrano come nonostante il numero di occupati "under 35" sia diminuito al 63,2% nel 2010 (8% in meno rispetto al 2009, 71,5%) e la disoccupazione dell'intera categoria sia aumentata al 4,5% (rispetto al 4% del 2009), i laureati in ingegneria continuano ad avere più chances di lavoro rispetto alle altre lauree. Ricordiamo, inoltre, il tasso di disoccupazione in Italia che nell'ultimo anno si è attestato all'8,4%

Cresce anche il numero di liberi professionisti che nel 2010 raggiunge il 27,8% del totale contro il 26,8% dell'anno precedente. La crisi invece non ha alterato rispetto al 2009, la distribuzione dei laureati in ingegneria tra settore industriale e terziario: quasi il 64% degli occupati svolge la propria attività lavorativa in un'impresa del settore dei servizi, mentre la quasi totalità della quota restante opera nel settore industriale. Il quadro varia ovviamente tra le diverse aree del paese con gli ingegneri del settore industriale che raggiungono il picco nelle regioni settentrionali (43,2%), mentre all'opposto, nelle regioni meridionali solo il 23% degli ingegneri svolge la propria attività lavorativa in un'impresa del settore industriale) contro il 76% impiegato nel comparto Servizi.
La prospettive occupazionali anche per gli ingegneri dipendono dai fattori di differenziazione nello sviluppo territoriale che segnano tutte le dinamiche socio occupazionali del paese. Anche per questo segmento più specializzato dell'offerta di lavoro qualificata, si ripresentano quindi al Sud i tradizionali gap di opportunità. Nel Meridione il tasso di occupazione degli ingegneri (65,7%) risulta così nettamente inferiore ai livelli del Nord , anche se il confronto con il tasso di occupazione calcolato su tutta la popolazione del Sud, che arriva appena al 44 %, evidenzia chiaramente una relativa condizione di vantaggio degli ingegneri. Le opportunità di inserimento occupazionale decisamente migliori al Nord spiegano i consistenti spostamenti di ingegneri dal meridione verso il Nord ma anche verso il Centro, con un quarto dei laureati che decide di partire subito dopo il conseguimento del titolo, aggiungendosi ad una quota ulteriore, pari a circa il 13%, che "anticipa" il trasferimento al Centro-Nord durante gli studi universitari.

Anche l'inserimento nel mercato del lavoro dei laureati in ingegneria risente del momento congiunturale negativo, pur continuando a godere di una posizione di privilegio rispetto alle altre categorie professionali. E la "forza" del titolo ingegneristico si conferma anche dall'analisi dei dati di lungo periodo sulla condizione occupazionale dei laureati di primo livello a cinque anni dalla laurea: anche il titolo triennale si rivela nel lungo periodo un ottimo investimento per il lavoro con alti tassi occupazionali e retribuzioni sostanzialmente in linea con i valori medi registrati per altre tipologie di titolo.
Sono queste le principali conclusioni che emergono dall'annuale analisi dei dati relativi alla condizione occupazionale dei laureati della facoltà di ingegneria svolta dal Centro studi del Consiglio nazionale degli ingegneri sui dati Almalaurea.

Interessante è l'analisi del Centro Studi in merito al titolo di laurea triennale.
"Nonostante siano trascorsi ormai più di 10 anni dall'introduzione della laurea di primo livello, gli studenti universitari, ed in particolar modo quelli della facoltà di ingegneria, continuano ad attribuirle uno scarso valore in termini di spendibilità sul mercato del lavoro: su 100 laureati triennali in ingegneria ben 81 proseguono senza sorta di continuità gli studi universitari iscrivendosi ad un corso di laurea specialistica/magistrale (nel 14,2% dei casi si tratta di studenti/lavoratori che pur svolgendo un'attività lavorativa continuano il loro percorso formativo). Il motivo di questo scarso successo è sempre lo stesso e si può ricondurre alla "nebulosità" esistente per ciò che concerne competenze e confini dell'attività professionale. Laddove queste sono chiare e ben definite, come nel caso delle professioni sanitarie, oltre il 94% non ha proseguito gli studi e ad un anno dal conseguimento del titolo la quota di occupati è superiore all'81% dei laureati.

E a dimostrazione di ciò, è sufficiente scorrere le motivazioni che hanno spinto i neolaureati di primo livello a proseguire negli studi: il 18,3% è convinto che la laurea quinquennale sia necessaria per trovare lavoro, un ulteriore 40,8% ritiene che con il conseguimento del titolo di secondo livello aumentino le possibilità di trovare lavoro e solo uno su quattro dichiara di aver continuato gli studi per puro desiderio di conoscenza.

Ed anche tra coloro che al contrario non hanno proseguito gli studi, analizzando a fondo le motivazioni, emerge che ben oltre la metà ha rinunciato solo e puramente per le difficoltà di conciliare il lavoro (intrapreso nella maggioranza dei casi prima del conseguimento del titolo) con gli studi, mentre un altro 6,5% è stato bloccato da difficoltà economiche.


In allegato il Rapporto del Centro Studi del CNI.

A cura di Gabriele Bivona
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